Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-07-2012, n. 12717

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Corte di appello di Venezia,con sentenza del 26 luglio 2006,ha respinto l’impugnazione della s.r.l. H. contro il lodo arbitrale reso il 15 novembre 2002 che decidendo sulla promessa di vendita a R.G. di un immobile in costruzione ubicato in (OMISSIS), lo aveva trasferito al promissario acquirente, ed aveva compensato le relative poste di dare ed avere, ponendo a carico di quest’ultimo il pagamento della somma residua di Euro 58.288,21: rilevando che non erano fondate nè le eccezioni procedurali formulate dalla H. contro il provvedimento che aveva osservato sia l’ambito delle competenze attribuite dalla clausola compromissoria agli arbitri,sia i limiti di natura tecnica delle questioni in essa previste; nè le censure rivolte contro le statuizioni sulle poste risarcitorie dovute dal promissario venditore, nonchè contro il regolamento delle spese relative al funzionamento del collegio arbitrale.
Per la cassazione della sentenza, la società venditrice ha proposto ricorso per 3 motivi; cui resiste il R. con controricorso.
Motivi della decisione
Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, tra l’altro, per la mancata formulazione dei quesiti di diritto in modo conforme al disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ..
L’eccezione è fondata.
Questa Corte, nella elaborazione dei canoni di redazione del quesito di diritto, del quale deve essere corredato ciascun motivo di ricorso per il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., ha ripetutamente affermato, anche a sezioni unite, che i quesiti di diritto rispondono alla esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie; sicchè gli stessi devono costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una "regula iuris" che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
Ciò a maggior ragione in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, nonchè di vizi di motivazione, in cui, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la "ratio" dell’art. 366-bis cod. proc. civ., tali motivi cumulativi debbono concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati (Cass. sez. un. 5 624/2009, 1906/2008).
Poichè, invece, la formulazione di un esplicito quesito di diritto o la chiara indicazione del fatto controverso sono del tutto assenti nell’illustrazione di ciascuno dei motivi del ricorso (cfr. Cass. Sez. un. 7258 e 14682/2007), l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso,e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del R. in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorario di difesa, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *