Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Lecce ha respinto il reclamo proposto dal sig. F.L.S., con ricorso depositato l’11 ottobre 2008, avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento pronunziata il (OMISSIS) dal Tribunale della stessa città su istanza della Banca Xx s.p.a..
La Corte, disattesa l’eccezione di tardività del reclamo sollevata dalla curatela, ha osservato nel merito, in risposta ai motivi di gravame:
– che la rag. B.V., autrice, in nome della banca, della procura ad litem per l’istanza di fallimento, era ritualmente investita del relativo potere essendo stata nominata direttore generale della banca stessa e aveva ricevuto dal consiglio di amministrazione delega a rappresentare in giudizio la società;
– che lo stato d’insolvenza del F. era dimostrato dai rilevanti debiti rimasti inadempiuti, dalla mancanza di fiducia presso il sistema bancario con conseguente situazione di illiquidità, dalla crisi del settore tessile in cui operava, dalla cessazione dell’attività, dall’incapienza patrimoniale.
Il sig. F. ha quindi proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura. La Banca Xx e il curatore del fallimento hanno resistito con distinti controricorsi, il secondo dei quali – quello del curatore – contiene altresì ricorso incidentale per un motivo. La banca ha presentato anche memoria.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando violazione degli artt. 75 e 77 c.p.c. e vizio di motivazione, viene ribadita la nullità dell’istanza di fallimento proposta dalla banca per difetto di legittimazione processuale. Si osserva che il potere di rappresentanza processuale può essere conferito soltanto a chi sia investito anche di poteri rappresentativi sostanziali in ordine al rapporto dedotto in giudizio, e si lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto che la contestazione del potere rappresentativo della rag. B., immediatamente proposta dal F. davanti al Tribunale, imponeva alla banca l’onere – rimasto inottemperato – di fornire la prova di quel potere non direttamente discendente dallo statuto societario.
1.1. – Il motivo non può essere accolto.
Come accertato anche dalla Corte d’appello, lo statuto della Banca Sella Sud Arditi Calati prevede che "il consiglio può conferire poteri di rappresentanza e di firma, congiuntamente o disgiuntamente, ad amministratori, dirigenti, quadri direttivi ed impiegati della società" (art. 26, comma 3), e con Delib. 3 giugno 2008 il consiglio di amministrazione aveva nominato la rag. B. direttore generale riconoscendole altresì il potere "di rappresentare in giudizio la Banca in tutte le liti attive e passive che coinvolgono la stessa innanzi a tutti gli organi di giurisdizione ordinaria". Va da sè che i poteri rappresentativi sostanziali sono insiti nella preposizione institoria tipica del direttore generale di un’impresa.
2. – Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando violazione della L. Fall., art. 5, si lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto sussistente lo stato d’insolvenza del F. sulla base del passivo accertato, senza considerare: a) il momento in cui i crediti erano sorti e in cui ne era stato richiesto il pagamento; b) l’esistenza di contestazioni dei crediti medesimi; c) le poste attive del patrimonio, sufficienti a far fronte ai pagamenti; d) i dati contabili da cui emergeva l’assenza di alienazioni di beni iscritti a patrimonio e l’assenza di debiti verso i fornitori e verso l’erario;
e) le opposizioni ai decreti ingiuntivi pendenti, e in particolare l’opposizione al decreto emesso su richiesta della Banca Xx per Euro 318.219,26.
2.1. – Il motivo è inammissibile attesa la genericità dei rilievi e la non decisività, in particolare, di quello sub (d).
3. – Il ricorso principale va dunque respinto.
Va conseguentemente dichiarato assorbito il ricorso incidentale, necessariamente condizionato, della curatela fallimentare totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, benchè abbia ad oggetto la questione pregiudiziale della inammissibilità del reclamo, espressamente decisa dal giudice a quo (cfr. Cass. Sez. Un. 5456/2009 e successive conformi).
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna il ricorrente principale alle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore di ognuna delle parti controricorrenti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012
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