Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-01-2013) 10-04-2013, n. 16299

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Svolgimento del processo

Con il provvedimento impugnato, in riforma del decreto del Tribunale di Messina del 30/01/2008 e in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, veniva fra l’altro disposta nei confronti di R. M., quale indiziata di appartenenza alla famiglia di Mistretta dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, la confisca di terreni e fabbricati rurali acquistati il 30/04/1987 da R.P., fratello della proposta, in quanto di valore sproporzionato alla capacità reddituale di R.P. e R.M..

La proposta ricorrente deduce violazione di legge nel superamento del giudicato costituitosi a seguito della revoca, disposta con decreto della Corte d’Appello di Catania del 27/04/2001, di una precedente misura disposta dalla stessa Corte il 25/10/1999, a suo tempo motivata con il risultare l’acquisto del fondo pagato per compensazione con crediti vantati da R.P. nei confronti dei precedenti proprietari eredi G., lamentando l’irrilevanza degli elementi indicati dalla Corte territoriale come sopravvenuti.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Il superamento del precedente giudicato veniva infatti adeguatamente motivato dalla Corte territoriale nel richiamo alle sopravvenute dichiarazioni del teste G., il quale, nel confermare l’incasso da parte dei venditori del fondo di una somma superiore al valore dei crediti portati in compensazione, integrava un dato già emergente nelle valutazioni del perito sulla rilevabilità di tale differenza, e consentiva di concludere per l’impiego, nell’acquisto del bene da parte dei R., di disponibilità non giustificate dai redditi leciti degli stessi. Le censure del ricorrente sono pertanto generiche in ordine alla preesistenza del dato peritale, ammessa ma oggetto di rivalutazione nel provvedimento impugnato alla luce del sopravvenuto elemento testimoniale; e nel contestare la rilevanza di quest’ultimo si riducono alla non consentita deduzione di un vizio motivazionale (Sez. 5^, n. 19598 dell’08/04/2010, Palermo, Rv.

247514; Sez. 6^, n.35044 dell’08/03/2007, Bruno, Rv.237277).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2013

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