Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-07-2012, n. 12706 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Bologna, Q.V. esponeva: di essere dipendente della società A. p.a.; di avere prestato servizio presso il Compartimento della Viabilità di Bologna dal 1 dicembre 1974, con la qualifica di Geometra Capo Nucleo, addetto alla manutenzione ordinaria e straordinaria di diversi nuclei operativi;
di possedere la qualifica di Quadro A1;
di essere stato nominato, in data 30 settembre 2002, Direttore dei Lavori e Pavimentazione Stradale della SGC Orte-Ravenna, funzione che aveva svolto fino al termine dei lavori in data 15 maggio 2003; di essersi inoltre visto assegnare il Nucleo relativo alla S.S. Porrettana, nonchè il ruolo di Direttore dei Lavori per il raccordo autostradale Ferrara -Porto Garibaldi, funzioni che svolgeva al momento del deposito dei ricorso; che la funzione di Direttore dei Lavori faceva parte dell’Area Quadri Posizione Organizzativa ed Economica A di cui al c.c.n.l. Ente Nazionale per le Strade A. del 1998/2001 ed al c.c.n.l. A. del 2002/2005 (ex nona qualifica funzionale) con qualifica e profilo professionale di responsabile manutenzione; di avere, pertanto, diritto alla posizione economica ed organizzativa di Quadro A dal 30 settembre 2002.
Chiedeva pertanto il riconoscimento di tale qualifica, con condanna dell’A. al pagamento delle relative differenze retributive.
Si costituiva quest’ultima contestando la fondatezza delle avverse pretese.
Il Tribunale di Bologna accoglieva integralmente il ricorso, ritenendo che le prove acquisite avevano confermato che le mansioni svolte dal ricorrente erano effettivamente quelle di direttore dei lavori in senso proprio, e cioè munite di notevole grado di autonomia e di responsabilità, e che queste erano riconducibili, in base alla contrattazione collettiva applicata, alla posizione economica ed organizzativa A, ed in particolare nel profilo di "responsabile manutenzione".
Avverso tale sentenza proponeva appello l’A.N.A.S.;
resisteva il Q..
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata il 27 gennaio 2010, accoglieva il gravame e respingeva le originarie domande del Q..
Quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste l’A. con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 64 e 67 del c.c.n.l. del personale A. del 17 maggio 1999 e degli artt. 72 e 75 del c.c.n.l. del 18 dicembre 2002; violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. c.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Lamenta che le mansioni svolte, ed analiticamente riportate in ricorso, quanto meno dal 30 settembre 1992, rivestivano tutte le caratteristiche professionali dell’area quadri posizione economica ed organizzativa A, e profilo di Responsabile Manutenzione, come risultava dalla documentazione prodotta e dall’istruttoria orale.
Evidenzia che, a differenza del profilo professionale di tecnico Al, i cui compiti di direzione dei lavori riguardavano solo la manutenzione ordinaria, quella svolta dal ricorrente riguardava anche la manutenzione straordinaria, come era emerso dall’istruttoria espletata. Da quest’ultima era a suo avviso peraltro emerso che i Direttori dei lavori A. erano sempre stati inquadrati nel nono livello, corrispondente alla qualifica di quadro A, rivendicata dal ricorrente.
Il motivo è inammissibile, coinvolgendo apprezzamenti di fatto e richiedendo in sostanza alla Corte un riesame delle risultanze istruttorie (ex plurimis: Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
Il ricorrente, poi, si limita a riprodurre il complesso contenuto delle declaratorie contrattuali dei due contratti collettivi invocati, senza chiarire ove la Corte di merito abbia errato nell’interpretazione e nella loro applicazione (ex multis, Cass. 22 novembre 2010 n. 23635).
Deve peraltro rimarcarsi che il vizio di violazione di legge qui denunciato, consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di diritto e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa (come nel caso in esame) è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 16 luglio 2010 n. 16698; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Lamenta che la Corte di merito, nel riformare la sentenza di primo grado, attribuì valore decisivo al mancato svolgimento di alcune soltanto delle mansioni menzionate nella declaratoria dei quadri di livello A, trascurando invece la più significativa funzione di direttore dei lavori, esattamente valorizzata dal Tribunale.
Il motivo è inammissibile. In primo luogo per la ragione sopra detta (denunciandosi come violazione di legge un vizio motivazionale). In secondo luogo perchè sottopone alla Corte un riesame di fatto e delle emergenze istruttorie, valutazione rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito (tra le molte, Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445), nella specie congruamente valutate dalla Corte distrettuale, che ha evidenziato che non era emerso dall’istruttoria che il Q. avesse gestito complesse unità operative, nè svolto attività gestionali aventi rilevanza esterna, o prestazioni di carattere consulenziale, oppure di sostituzione, con assunzione delle relative e piene responsabilità, del dirigente in caso di sua assenza o impedimento. Ha anche escluso, alla luce delle risultanze istruttorie, che il Q. abbia mai effettivamente svolto i compiti di Direttore dei lavori di cui al D.P.R. n. 554 del 1999, interloquendo in via esclusiva con l’appaltatore in merito agli aspetti tecnici ed economici del contratto, verificando periodicamente il possesso, da parte di quest’ultimo, della regolare documentazione prevista dalle leggi vigenti in materia di obblighi nei confronti dei dipendenti (pagg. 9- 10 sentenza impugnata).
Trattasi di apprezzamenti di fatto, congruamente motivati e sottratti pertanto al controllo di legittimità.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Lamenta che la Corte torinese avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’eccezione, in tesi svolta solo in appello dalla società, circa il carattere residuale e non prevalente delle mansioni di Direttore dei lavori affidate al Q. dopo il 30 settembre 2002.
Il motivo è infondato.
Ed invero risulta che l’A. s.p.a. abbia sin dal primo grado contestato lo svolgimento da parte del Q. di mansioni riconducibili alla superiore qualifica rivendicata, evidenziando quali fossero i suoi compiti prevalenti dal punto di vista qualitativo (tra i quali non menzionava quelli di direttore dei lavori). Ne consegue che l’aver specificato in appello che tali ultime mansioni erano svolte in modo residuale, non configura un’eccezione in senso stretto, caratterizzata essenzialmente dalla circostanza di introdurre in giudizio un nuovo e diverso accertamento di fatto ed un nuovo thema decidendum (ex plurimis: Cass. sez.un. 27 luglio 2005, n. 15661).
4. Col quarto motivo il Q. denuncia una omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Lamenta in particolare il ricorrente che la Corte di merito omise di considerare l’attività di gestione degli appalti; la complessa attività di progettazione svolta sia in qualità di direttore dei lavori, sia al di fuori di tale funzione. Sostiene in sostanza che i giudici di appello, da una pare ritennero che il Q. svolse (sia pur parzialmente) mansioni di direttore dei lavori, d’altro canto che ciò sarebbe irrilevante ai fini del riconoscimento della superiore qualifica richiesta. A conforto della censura allega in copia 31 documenti che il giudice d’appello aveva in tesi omesso di considerare, nonchè un proprio estratto delle deposizioni testimoniali escusse.
Il motivo è inammissibile. Per un verso richiedendo alla Corte dirette valutazioni dei fatti e delle emergenze istruttorie. D’altro canto per violazione del principio di autosufficienza che non può ritenersi soddisfatto nel caso in cui il ricorrente inserisca nel proprio atto di impugnazione la riproduzione fotografica di uno o più documenti, affidando alla Corte la selezione delle parti rilevanti e così una individuazione e valutazione dei fatti, preclusa al giudice di legittimità (Cass. 7 febbraio 2012 n. 1716), selezione che non può ritenersi assolta mediante il generico richiamo della documentazione stessa nell’esposizione della ricostruzione dei fatti propugnata dal ricorrente.
5. Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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