Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-07-2012, n. 12701 Premio contributo assicurativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 16 febbraio 2009, la Corte d’appello di Bologna, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla Mengozzi s.p.a. nei confronti dell’INAIL e della Gerico s.p.a. avverso la sentenza non definitiva e quella definitiva emessa dal Tribunale di Forlì, accertava che nulla era dovuto dalla medesima società all’INAIL in relazione alla posizione di S.V. e alle prestazioni di lavoro straordinario degli autisti limitatamente all’accertamento effettuato sulla base dei dischi cronotachigrafi, mentre confermava nel resto la decisione impugnata.

La Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, giungeva a tali conclusioni, rilevando: a) che la nullità o illegittimità della cartella opposta, sia perchè priva di indicazioni concernenti i motivi fondanti la pretesa contributiva sia per l’evidente indeterminatezza dell’oggetto, doveva essere fatta valere nel rispetto dei termini di cui all’art. 617 c.p.c, ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, ART. 29; b) che nessuna rilevanza ai fini della decisione sulla pretesa dell’INAIL potevano assumere le sentenze emesse dal Tribunale di Forlì in relazione alla richiesta contributiva avanzata dall’INPS; c) che, alla stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in forza del principio del "doppio binario" sancito dal D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1 legittimamente l’Istituto aveva fatto applicazione del CCNL della Nettezza Urbana (che prevedeva un orario settimanale dapprima fissato in 38 ore, poi ridotto a 37,5 ore) e non del CCNL del Settore Pulizie concretamente applicato (che prevedeva un orario settimanale di 40 ore), dal momento che la società appellante, dopo avere iniziato nell’agosto 1987 a svolgere attività di smaltimento di rifiuti di ogni tipo, nelle varie fasi del conferimento, raccolta, trasporto per conto proprio e per conto terzi, trattamento anche per riutilizzo, rigenerazione nonchè deposito e discarica presso il proprio inceneritore, a far tempo dal 31 marzo 1991, aveva sospeso la vera e propria attività di pulizia; d) che il sistema legislativo, destinato a fondare su basi obiettive la determinazione della retribuzione imponibile a fini contributivi, si sottraeva ai prospettati dubbi di legittimità costituzionale; e) che la doglianza subordinata, secondo cui gli autisti avrebbero dovuto essere inquadrati nel 3^ e non nel 4^ livello del CCNL Nettezza Urbana, era generica, dal momento che non erano affatto indicate le ragioni che sorreggevano tale conclusione.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la Mengozzi s.p.a., affidandosi a sette motivi.

Resiste con controricorso l’INAIL La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 29 nonchè della L. n. 241 del 1990, art. 3 riproponendo la censura di totale ed insanabile nullità della cartella di pagamento, sia per l’assenza di indicazioni concernenti i motivi fondanti la pretesa contributiva sia per l’indeterminatezza dell’oggetto. La ricorrente sostiene che si tratta di censure non solamente formali, ma anche sostanziali, come confermato da fatto che non era dato conoscere il calcolo effettuato per la determinazione quantitativa della pretesa. Ad ulteriore sostegno della doglianza, la ricorrente invoca la L. n. 241 del 1990, art. 3 e la L. n. 212 del 2000, art. 7.

In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

"Ai sensi della norma di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 di cui al successivo D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29 di cui alla L. 07 agosto 1990, n. 241, art. 3 è conforme a legge e correttamente motivata la cartella esattoriale che irroga sanzioni nei confronti del contribuente senza specificare quale sia l’atto presupposto della cartella in questione, a quale titolo vengano richiesti i premi in ipotesi "evasi", in relazione a quali lavoratori essi premi vengano richiesti, e per quali rischi e per quali periodi, nonchè quali siano i criteri di calcolo adottati e le aliquote applicate?".

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; omessa valutazione di molteplici elementi istruttori certificativi dell’infondatezza della cartella impugnata, lamentando che sia stata ritenuta fondata la pretesa dell’INAIL, basata su un verbale di accertamento che era stato in parte annullato dal Tribunale di Forlì con sentenza n. 339/2000, con riferimento ai profili contributivi di spettanza dell’INAIL. In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

"Può ritenersi legittima e non annullarsi la cartella esattoriale relativa a crediti in parte pacificamente non dovuti? Può ritenersi correttamente motivata la sentenza che statuisca la validità della cartella di pagamento impugnata, ancorchè relativa a crediti parzialmente inesistenti, in ragione della sua parziale sgravabilità in sede amministrativa?" 3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto; errata e non conferente applicazione della norma di cui all’art. 2070 c.c.; errata e non conferente applicazione della norma di cui alla L. n. 389 del 1989, art. 1 anche in relazione all’art. 2070 c.c.; violazione e/o falsa applicazione della norma di cui all’art. 2697 c.c., in tema di riparto dell’onere della prova; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: omessa valutazione dell’inesistenza di qualsivoglia prova del fatto che l’attività in concreto spiegata dalla società Mengozzi fosse, per le sue caratteristiche, assimilabile maggiormente a quelle inquadragli nell’ambito della disciplina dell’Igiene Pubblica che non delle Pulizie.

La ricorrente, dopo avere criticato l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale, quanto all’esistenza di una nozione di retribuzione utilizzabile ai soli fini del calcolo della contribuzione, ha aggiunto che l’accertamento ispettivo muoveva dall’indimostrato presupposto che l’attività della società dovesse essere inquadrata nell’ambito della Nettezza Urbana, laddove essa aveva anche articolato richieste istruttorie dirette a dimostrare il contrario.

In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

"La nozione di retribuzione imponibile è unica sia dal lato attivo, per la determinazione dei contributi, sia dal lato passivo, per il calcolo delle prestazioni? E’ legittima l’applicazione di un trattamento contributivo connesso ad una retribuzione non dovuta e non corrisposta dal datore di lavoro, in relazione all’interpretazione offerta dalla giurisprudenza della L. n. 389 del 1989, art. 1 e dell’art. 2070 cod. civ.? Ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., spetta a chi invoca la sussistenza di un credito contributivo fornire la prova del fatto costitutivo della pretesa contributiva? In ipotesi di risposta affermativa, può tale onere ritenersi assolto in assenza di qualsivoglia mezzo istruttorio dedotto in tal senso, ed in presenza di risultanze probatorie di segno contrario? Il contenuto di un verbale ispettivo può ritenersi assolvere l’onere di provare la fondatezza di una pretesa contributiva? E’ legittima la sentenza impugnata nella parte in cui impone alla S.p.A. Mengozzi l’onere probatorio concernente l’inquadramento ai fini contributivi della sua attività?" 4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia erronea applicazione dell’art. 2070 c.c. ed erronea riclassificazione a fini previdenziali dell’attività, anche in relazione alla parte normativa (e, in particolare alla regolamentazione del lavoro straordinario) del contratto collettivo ritenuto applicabile.

In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

E’ legittimo ritenere che la contrattazione collettiva richiamata al fine dell’applicazione della contribuzione su minimi retributivi sia assunta a riferimento anche in relazione ad istituti che concernono la parte normativa del contratto di lavoro prescelto dalle parti come quella concernente l’orario di lavoro? Anche accedendo alla teoria del ed. doppio binario con riferimento alla determinazione dei minimi contributivi, è legittimo ritenere che in virtù de medesimo principio del c.d. doppio binario, il regime dell’orario di lavoro a fini contributivi sia desunto dal contratto collettivo astrattamente ritenuto applicabile a prescindere dall’orario di lavoro risultante dal contratto di lavoro prescelto ed applicato dalle parti?".

5. Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente ed incoerente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; omessa, insufficiente ed incoerente motivazione in ordine all’inquadramento autisti; violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto: errata e non conferente applicazione della norma di cui all’art. 2697 c.c..

In particolare, la ricorrente, dopo avere riproposto le censure relative all’indebita ingerenza nella regolamentazione del negozio privatistico realizzata attraverso l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale, critica la decisione della Corte territoriale per non avere spiegato per quale motivo gli autisti avrebbero dovuto essere inquadrati nel 4^ e non nel livello del CCNL della Nettezza Urbana.

In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

"Ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., spetta a chi invoca la sussistenza di un credito contributivo fornire la prova del fatto costitutivo della pretesa contributiva? In ipotesi di risposta affermativa, può tale onere ritenersi assolto in assenza di qualsivoglia mezzo istruttorio dedotto in tal senso ed in presenza di risultanze probatorie di segno contrario? E’ legittimo ritenere che la contrattazione collettiva richiamata al fine dell’applicazione della contribuzione su minimi retributivi sia assunta a riferimento anche in relazione ad istituti che concernono la parte normativa del contratto di lavoro prescelto dalle parti come quella concernente l’inquadramento dei lavoratori? Anche accedendo alla teoria del c.d.

doppio binario con riferimento alla determinazione dei minimi contributivi, è legittimo ritenere che, in virtù del medesimo principio del c.d. doppio binario, l’inquadramento dei lavoratori a fini contributivi sia desunto dal contratto collettivo astrattamente ritenuto applicabile a prescindere dal contratto di lavoro prescelto ed applicato dalle parti? E’ legittimo che inquadramento dei lavoratori impiegati in un’impresa sia imposto e determinato in base al contratto collettivo astrattamente applicabile al rapporto di lavoro?" 6. Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; omessa valutazione dell’inesistenza di elementi istruttori certificativi della fondatezza della tesi di parte INAIL e dell’inadempimento da parte di quest’ultima dell’onere probatorio a suo carico; violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto;

errata e non conferente applicazione della norma di cui all’art. 2697 c.c. in tema di riparto dell’onere della prova. Essa ribadisce che non erano stati acquisiti elementi idonei a dimostrare la riconducibilità dell’attività svolta al settore della Nettezza Urbana.

In conclusione, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

"Ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., spetta a chi invoca la sussistenza di un credito contributivo fornire la prova dell’atto costitutivo della pretesa contributiva? In ipotesi di risposta affermativa, può tale onere ritenersi assolto in assenza di qualsivoglia mezzo istruttorio dedotto in tal senso, ed in presenza di risultanze probatorie di segno contrario? E’ legittimo e non contraddittorio ritenere che, da una parte, l’INAIL sia tenuto a provare il fondamento delle proprie pretese contributive relative ad ore di lavoro straordinario contestate con riferimento ai ero nota chi grafi e, dall’altra, affermare che l’onere di provare la prevalenza della attività relativa al settore della nettezza urbana incombe sulla S.p.A. Mengozzi?".

7. Con il settimo motivo, la ricorrente ripropone la censura di legittimità costituzionale della normativa applicata dalla Corte territoriale e formula il seguente quesito di diritto: "Ai sensi degli artt. 39, 41, 3 e 53 Cost., è conforme a Costituzione la L. n. 389 del 1989, art. 1 se interpretato nel senso sostenuto dall’INPS, ovvero nel senso che è obbligo dell’imprenditore non iscritto ad associazione sindacale datoriale quello di dover necessariamente far riferimento a fini contributivi al contratto collettivo "oggettivamente" corrispondente all’attività esercitata ex art. 2070 cod. civ.?" 8. Prima di esaminare partitamente i singoli motivi di ricorso, deve precisarsi che la sentenza impugnata è stata depositata in data 16 febbraio 2009; pertanto, è applicabile ratione temporis l’art. 366 bis c.p.c. nel testo vigente prima dell’abrogazione operata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d).

Come chiarito da questa Corte (v., ad es., Cass. 24 marzo 2010, n. 7119), alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1 secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5 in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’ari 366-bis c.p.c. è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che, per quelli proposti antecedentemente (dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006), tale norma è da ritenersi ancora applicabile.

8.1. Ciò posto, le Sezioni Unite, con la sentenza 5 luglio 2011, n. 14661, hanno ribadito che "il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis c.p.c., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C., il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, e non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura cosi come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata".

8.2. In particolare, "il quesito di diritto non può essere desunto dal contenuto del motivo, poichè in un sistema processuale, che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità" (Cass., ord. n. 20409 del 2008).

8.3. Il quesito di diritto, quindi, "deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare a caso di specie.

E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge" (Cass., ord. n. 19769 del 2008; Cass., S.U., n. 6530 del 2008; v. anche Cass., n. 28280 del 2008).

8.4 Le Sezioni Unite hanno, altresì, ribadito che il ricorso per cassazione ne quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, è bensì ammissibile, ma esso deve concludersi "con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto". (Cass., S.U., n. 7770 del 2009).

Nella norma dell’art. 366 bis c.p.c., infatti, "nonostante la mancanza di riferimento alla conclusivttà (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la "chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione" – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione.

9. Ciò posto, il primo quesito di diritto è inammissibile, in quanto difetta di decisività, dal momento che la Corte territoriale non ha sviluppato le proprie argomentazioni in relazione ai contenuto e alla motivazione richiesti per la validità della cartella di pagamento, ma, dopo avere qualificato i vizi dedotti come formali, ha ritenuto tardiva l’opposizione proposta per tali ragioni.

10. Anche il secondo quesito è inammissibile, dal momento che non affronta la ratio decidendi della sentenza impugnata che valorizza la inconferenza degli esiti di un processo concernente la pretesa contributiva dell’INPS rispetto al processo avente ad oggetto l’opposizione a cartella esattoriale emessa su istanza dell’INAIL. 11. Il terzo quesito destinato a riassumere tanto la denunciata violazione o falsa applicazione di legge, tanto il vizio di motivazione, è privo di un momento di sintesi concernente il fatto controverso e decisivo, nè indica le ragioni per le quali la motivazione sul punto della qualificazione dell’attività della ricorrente – motivazione presente nella sentenza impugnata – sarebbe insufficiente.

12. Il quarto quesito è del pari inammissibile, per le ragioni indicate nel par. 8.3 che precede, in quanto fa difetto la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito.

13. Con riferimento al quinto e al sesto quesito, valgono le considerazioni svolte supra nel par. 11 della presente decisione, dal momento che non è ravvisabile il momento di sintesi concernente il fatto decisivo e controverso del quale si discute in concreto.

14. L’inammissibilità dei quesiti di diritto articolati rende irrilevante la questione di legittimità costituzionale delle norme applicate dalla Corte territoriale.

15. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per onorari, otre rimborso spese generali, iva e cpa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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