Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-07-2012, n. 12696 Categoria, qualifica, mansioni Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Roma L.D.C.R. esponeva di essere stato assunto il 2-11-99 dalla International GLP srl con mansioni di montatore televisivo presso l’azienda di produzione cinetelevisiva, gestita dalla società resistente, e di essere stato licenziato, con lettera del 15-1-03, pervenutagli in data 18-1-03, "per motivi strettamente aziendali".

Aggiungeva che, in seguito ad impugnativa del provvedimento, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 4516 del 10-3-05/11-3-05, dichiarava l’inefficacia del licenziamento, perchè carente di forma (mancata indicazione dei motivi), condannando la convenuta società a corrispondere al lavoratore le retribuzioni maturate dal 15 gennaio 2003 sino alla riassunzione in servizio, sulla base dell’ultima retribuzione globale, pari ad Euro 1.211,05 mensili, ed oltre accessori di legge.

Avverso detta sentenza proponeva appello, con articolate argomentazioni, la International GLP srl, chiedendo che il licenziamento in data 15.1.2003 fosse dichiarato efficace e sorretto da giustificato motivo oggettivo. In subordine, chiedeva che la condanna di essa società fosse limitata all’importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità dell’ultima retribuzione, ovvero, in via ulteriormente subordinata, alla somma corrispondente alle retribuzioni maturate dal giorno del deposito del ricorso di 1^ grado o da altra data e, comunque, sino alla data di lettura del dispositivo di I grado, in ogni caso con detrazione dell’aliunde perceptum.

Il lavoratore si costituiva, chiedendo il rigetto dell’appello.

Frattanto – come emerge dalla sentenza impugnata – la Società, dopo averlo invitato con telegramma del 26.5.2005, dalla società, a presentarsi sul posto di lavoro, gli contestava il ritardo nella presentazione sul luogo di lavoro, l’allontanamento non autorizzato e ripetuto e l’assenza sul posto di lavoro dal 31.5 2005. Quindi, con lettera del 29.6.2005, a seguito del procedimento disciplinare, gli comunicava il licenziamento con espressioni del seguente tenore: "..

in via principale la licenziamo per giusta causa, essendo venuto a cessare il vincolo di fiducia tra le parti in ragione di quanto contestatole. Solo in via gradata ed alternativa, detto licenziamento deve qualificarsi per giustificato motivo soggettivo. Infine, in via alternativa e residuale, il licenziamento viene intimato per giustificato motivo oggettivo, per soppressione del posto al quale ella è stato addetto e non essendoci più alcuna possibilità concreta di reimpiegarla nell’ambito della struttura produttiva".

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al Tribunale di Roma, che, con sentenza n. 14713 in data 12.6.2007, dichiarava illegittimo il licenziamento opposto, condannando la convenuta a riassumere parte ricorrente entro tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno cagionatole, versando a suo favore un’indennità di ammontare pari a 5 mensilità della retribuzione globale di fatto, con rivalutazione ed interessi dalla data del licenziamento alla data del saldo effettivo.

Avverso detta sentenza proponeva appello, con atto depositato il 30.5.2008 ed iscritto con il numero RG 5296/08, L.D.C. R., chiedendo che il licenziamento in data 29.6.05 fosse dichiarato nullo, che il rapporto di lavoro fosse dichiarato operante ovvero che ne fosse ordinata la ricostituzione con effetto ex tunc, e chiedendo ancora la condanna della società al pagamento delle mensilità di retribuzione dal 29.6.05 al di della riammissione in servizio; in via subordinata, chiedeva che si dichiarasse comunque la inefficacia, illegittimità, nullità del licenziamento ex L. n. 604 del 1966 e L. n. 300 del 1970 e si condannasse la società al pagamento della indennità di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 8, nella misura massima, sulla base di Euro 1211,05 mensili, oltre i ratei di 13", ferie, TFR, scatti di contingenza ed aumenti successivi dovuti per legge e/o per contratto. La International GLP srl si costituiva, chiedendo il rigetto dell’appello.

Avverso la medesima sentenza (n. 14713 in data 12.6.2007) la International GLP srl proponeva appello depositato l’11.7.08 ed iscritto con il numero RG. 6840/08, chiedendo che, in sua riforma, il licenziamento del 29.6.05 fosse dichiarato legittimo per sussistenza di giusta causa, giustificato motivo soggettivo, giustificato motivo oggettivo.

Il D.C. si costituiva, chiedendo il rigetto del gravame.

Riunite le impugnazione, con sentenza del 23 settembre 2008-6 luglio 2009, l’adita Corte d’appello di Roma, pronunziando sull’appello n. 159/06 avverso la sentenza n. 4516/2005, in parziale riforma della stessa, condannava la International GLP srl a corrispondere a L. D.C.R. il risarcimento del danno nella misura corrispondente all’importo delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento al 1 marzo 2005 (rettificato in motivazione al 10 marzo 2005) oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali in misura e con decorrenza di legge; ferma nel resto la sentenza impugnata.

Pronunziando sugli appelli nn. 5296/08 e 6840/08, in riforma della sentenza resa dal giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma n. 14713 in data 12.6.2007 respingeva le domande tutte proposte da D.C.L.R. con il ricorso depositato il 31.5.2006 e compensava le spese del giudizio di primo grado, mentre compensava per l’intero le spese dei due gradi del giudizio relative ai processi riuniti in grado di appello.

A sostegno della decisione osservava, quanto alla impugnazione della sentenza n. 4516/2005, che correttamente il primo Giudice aveva ritenuto inefficace il licenziamento, stante la genericità della espressione "motivi strettamente aziendali" posta a base della giustificazione dello stesso, mentre, in ordine alle conseguenze, tenuto conto che doveva ritenersi pacifico e, comunque, documentalmente provato, l’assenza del requisito dimensionale aziendale, ai fini della tutela reale, la società datrice di lavoro andava condannata ai danni corrispondenti al numero di mensilità di retribuzione maturate dal giorno del licenziamento al 10 marzo 2005, risultando che successivamente a tale data -corrispondente alla pronuncia di primo grado- il lavoratore aveva trovato altra occupazione.

Quanto alla impugnazione della sentenza n. 14713/2007, la Corte di merito sosteneva l’inammissibilità dell’appello, considerato che il gravame era basato sull’erroneo presupposto della assenza del potere datoriale di intimare il secondo licenziamento; assenza non riscontrabile nella specie stante l’integrale ripristino del rapporto di lavoro e, prima ancora, il difetto di interesse del lavoratore a far valere l’assenza del potere datoriale, tenuto conto della pronuncia a sè favorevole concretantesi nella declaratoria di illegittimità del licenziamento e la condanna della datrice di lavoro alla riassunzione o, in mancanza, al risarcimento del danno quantificato in cinque mensilità di retribuzione.

Ma, indipendentemente da tali argomentazioni, la Corte d’appello, ritenendo fondate le censure mosse dalla società alla pronuncia di primo grado, giudicava legittimo il licenziamento, stante la grave insubordinazione del lavoratore, rigettando, quindi le domande proposte dallo stesso con il ricorso introduttivo.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il D.C. con un unico articolato motivo.

Resiste la società con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato a due motivi, di cui il secondo condizionato, e depositando anche memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Con un unico articolato motivo il D.C., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1460, 1218, 2119 c.c. e art. 429 c.p.c., in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamenta che il Giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame per difetto di interesse, avendo egli conseguito dal primo Giudice quanto richiesto, ossia la tutela di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 8; viceversa, tale richiesta era stata formulata solo in via subordinata, essendo la domanda principale volta al conseguimento della tutela reale, avendo la società datrice di lavoro, al momento del licenziamento, alle sue dipendenze più di quindici lavoratori.

Si duole, poi, della "scarna motivazione" della Corte d’Appello in merito al ritenuto inadempimento del D.C. ed alla esistenza di una giusta causa, motivazione che secondo il ricorrente non sarebbe esauriente rispetto alla complessità della fattispecie e che sarebbe anche in contrasto con le risultanze documentali.

Il ricorso è infondato.

Giova evidenziare che la Corte d’appello, dopo avere osservato che all’epoca del secondo licenziamento (29 giugno 2005) era ormai intervenuto il ripristino del rapporto di lavoro per effetto – è il caso di precisare – della sentenza n. 4516 del 10 marzo 2005, che aveva dichiarato l’inefficacia di quello intimato con nota dei 15 gennaio 2003, pur preoccupandosi di esaminare il gravame del lavoratore giudicando nei termini sopra esposti, ha ritenuto fondate le censure formulate dalla società, escludendo l’illegittimità del provvedimento di recesso.

Ha in proposito osservato come fosse pacifico, per quanto risultante dallo stesso ricorso introduttivo del giudizio di 1^ grado proposto dal lavoratore, che il medesimo fu invitato con telegramma del 26.5.2005 a presentarsi sul posto di lavoro; che con note inviate pressochè quotidianamente dal 26 maggio 2005 e sino 21.6.2005, la società contestò il ritardo nella presentazione sul luogo di lavoro e l’allontanamento non autorizzato e ripetuto (nei giorni 27.5.2005 e 30.5.2005), l’assenza sul posto di lavoro, a far tempo dai 31.5 2005;

che il D.C. si limitò a rivendicare il diritto di essere assegnato a mansioni di montatore analogico, a non lavorare in una stanza dove non c’erano altri lavoratori, a non essere tenuto inattivo, ad essere rispettato nella sua dignità, a ricevere le retribuzioni maturate nel tempo precedente la sua concreta, effettiva riammissione in servizio; che il lavoratore non aveva mai negato nè in sede disciplinare nè nel corso del giudizio di 1^ grado nè in sede di appello di avere realizzato le condotte oggetto di contestazione disciplinare e poste a base del licenziamento, limitandosi ad opporre a siffatti inadempimenti l’inadempimento della datrice di lavoro.

Orbene -ad avviso della Corte di merito- l’eventuale adibizione a mansioni non rispondenti alla qualifica rivestita può consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non autorizza lo stesso a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario, che, peraltro, può essergli urgentemente accordato in via cautelare, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartito dall’imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 cod. civ., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall’art. 41 Cost. e può legittimamente invocare l’art. 1460 cod. civ., rendendosi inadempiente, solo in caso di totale inadempimento dell’altra parte, a meno che l’inadempimento del datore di lavoro sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali dei lavoratore.

Così argomentando il Giudice a quo si è uniformato al consolidato e condivisibile indirizzo di questa Corte e, pertanto, il decisum sul punto non è suscettibile di fondata censura (ex plurimis, Cass. n. 25313/07).

E’ evidente che una volta ritenuto legittimo il licenziamento ogni questione, sollevata in questa sede, concernente il requisito dimensionale della società, viene ad essere assorbita.

Inammissibile è, invece, il primo motivo di ricorso incidentale – qualificato dalla ricorrente come ricorso incidentale "autonomo"- con cui la società lamenta la mancata ammissione di un mezzo di prova ritualmente richiesto e decisivo per la controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), non essendo allegato agli atti la memoria ex art. 416 c.p.c., di costituzione nel giudizio di primo grado innanzi al Tribunale di Roma, definito con sentenza 4516/2005, ove si assume essere stata richiesta e ritualmente articolata la prova relativa all’aliunde perceptum; nè è rinvenibile l’atto di appello con le ulteriori richieste.

Va dichiarato, invece, assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale in quanto condizionato all’accoglimento – non verificatosi – del secondo motivo del ricorso principale.

L’esito del presente giudizio, induce a compensare interamente le spese tra le parti.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale autonomo ed assorbito quello condizionato. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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