Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-07-2012, n. 12694 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso ai sensi dell’art. 414 c.p.c., D.S. conveniva in giudizio innanzi alla Pretura di Roma la RAI s.p.a., in persona del suo legale rappresentante p.t. per sentire dichiarare l’illegittimità della clausola del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati dalla RAI in violazione della L. n. 230 del 1992, artt. 1 e 2, e per l’effetto dichiarare costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; condannare la società alla sua riammissione e reintegrazione nel posto di lavoro; condannare la società al pagamento di tutte le retribuzioni medio tempore maturate sino alla effettiva ripresa del servizio.

Si costituiva in giudizio la RAI sostenendo la legittimità dell’apposizione del termine e formulando domanda riconvenzionale volta ad ottenere la ripetizione di somme percepite dalla signora D. a titolo di trattamento di fine rapporto.

Esperito il tentativo di conciliazione, interrogate liberamente le parti, ridotta la domanda introduttiva come da verbale dell’udienza del 16.09.1999 ai contratti a termine a partire da quello de 26 ottobre 1995, la causa veniva decisa, previo deposito di note difensive, all’udienza dell’8.06.2000, con sentenza n. 13974/00 depositata in data 27.07.2000.

Con detta sentenza il giudice di 1^ grado accertava l’illegittimità del termine apposto ai contratti 26/10/95, 25/09/96, 26/09/97 e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla data del primo contratto ed il diritto della ricorrente a riprendere l’attività lavorativa, attesa l’attuale sussistenza del rapporto. Condannava la resistente al pagamento delle retribuzioni maturate dal 27/11/1997 alla data della sentenza, calcolate secondo le disposizioni del CCNL applicato per la qualifica rivestita dalla ricorrente, oltre ad interessi legali dalle scadenze al saldo. Rigettava la domanda riconvenzionale spiegata dalla resistente. Condannava la resistente alla refusione delle spese di lite liquidate in L. 3.000.000 di cui L. 1.800.000 per onorari oltre IVA e CPA. 2. Proponendo gravame avverso la sentenza di 1^ grado, la RAI ne chiedeva la riforma.

La signora D. si costituiva in giudizio, contestando ogni avversa affermazione e deduzione e chiedendo la conferma della sentenza impugnata ed il rigetto.

La corte d’appello di Roma con sentenza del 30 novembre 1996 – 6 giugno 2008 dichiarava la nullità della domanda riconvenzionale sì come proposta in 1^ grado dalla Rai; rigettava nel resto l’appello;

condannava la società appellante alla rifusione, in favore di controparte, delle spese di lite del grado.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la RAI con quattro motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata che propone anche ricorso incidentale con un solo motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e), nonchè vizio di motivazione. Sostiene che la dipendente era stata assunta per la realizzazione e diffusione di uno specifico programma radiofonico per gli utenti delle autostrade. Sussiste il requisito della specificità, nonchè della temporaneità del programma (da valutarsi ex ante) e ricorreva il presupposto di legittimità per l’apposizione del termine. La corte d’appello non avrebbe tenuto conto della specificità del programma alla cui realizzazione era stata assegnata la dipendente come programmista regista. La circostanza che lo stesso programma fosse stato ripetuto nella successiva stagione televisiva non escludeva la specificità dello stesso. La temporaneità dell’occasione di lavoro era perfettamente compatibile con la ripetizione del programma nel tempo e con il suo frazionamento in diverse puntate.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1344 c.c., e vizio di motivazione. La mera successione dei contratti a termine non integra nè la frode nè l’elusione di norme imperative.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione falsa applicazione degli artt. 414, 164 e 156 c.p.c., nonchè vizio di motivazione. Evidenzia che il giudice di primo grado avrebbe potuto acquisire d’ufficio il contratto collettivo posto a fondamento della domanda riconvenzionale.

Con il quarto motivo la ricorrente chiede l’applicazione della legge n. 133 del 2008 come disciplina sopravvenuta della fattispecie. In particolare invoca l’art. 4 bis che prevede il pagamento di un’indennità nel caso di accertamento dell’illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro.

2. La resistente ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., Deduce la violazione della tariffa professionale nella liquidazione delle spese di lite.

3. Vanno riuniti, per connessione oggettiva L. soggettiva, i giudizi promossi rispettivamente con ricorso principale con ricorso incidentale.

4. Il ricorso principale – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato.

5. La corte d’appello con valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità, ha escluso che nella specie l’assunzione della D. fosse giustificata dalla realizzazione di uno specifico programma.

La corte d’appello ha posto in evidenza che la D. ha lavorato per la RAI con contratti di lavoro a tempo determinato rinnovati più volte dal 1983 al 1995, ma a seguito dell’intervenuta rinuncia alla domanda per i periodi precedenti, il Tribunale si era pronunciato, in senso positivo alla lavoratrice, esclusivamente per i contratti del 26 ottobre 1995, del 25 settembre 1996 e del 26 settembre 1997 in cui l’appellata era stata impiegata come programmista regista per la struttura radiofonica (OMISSIS).

Correttamente la corte d’appello ha rilevato che anche nelle ipotesi contemplate dalla nuova normativa (L. n. 266 del 1977) occorre che il rapporto si riferisca ad attività specifiche e delimitate nel tempo – come è per le altre ipotesi previste dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, – ed il rapporto deve corrispondere ad una esigenza di carattere temporaneo, destinata ad esaurirsi in un certo tempo, sicchè l’assunzione a tempo determinato deve riguardare soggetti il cui apporto si inserisca come necessario in determinati spettacoli o programmi. Il requisito della specificità richiede che lo spettacolo o il programma radiotelevisivo, oltre ad essere destinato a sopperire ad una temporanea necessità, sia caratterizzato dall’appartenenza ad una species di un determinato genus e sia inoltre individuato, determinato e nominato. Inoltre il programma o spettacolo deve anche essere temporaneo e cioè a durata predeterminata; ciò che già esclude il ricorso a contratti a termine per programmi o spettacoli permanenti (ad esempio, il telegiornale) o a durata indeterminata.

Deve sussistere, infine, un "vincolo di necessità diretta" dell’apporto del lavoratore assunto, deve esserci cioè "connessione reciproca tra la specificità dell’apporto e la specificità del programma o spettacolo.

Con riferimento proprio a contratti a termine stipulati con la RAI questa corte (Cass., sez. 6^, 2 marzo 2012, n. 3308) ha più volte affermato che, con riguardo alle assunzioni a termine dei lavoratori dello spettacolo, ai fini della legittimità dell’apposizione del termine, è necessario che ricorrano la temporaneità della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo (che non devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi destinati ad esaurirsi), la specificità del programma (che deve essere quantomeno unico, ancorchè articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e la connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (per cui il primo concorre a formare la specificità del secondo o è reso necessario da quest’ultima specificità), di modo che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa. Cfr.

al riguardo anche Cass., sez. lav., 18 novembre 2009, n. 24330, che ha parimenti ritenuto che il contratto di lavoro a tempo determinato costituisce un’ipotesi residuale rispetto alla regola del contratto di lavoro a tempo indeterminato, senza che le modifiche apportate dalla L. n. 266 del 1977, alla L. n. 230 del 1962, introducendo una mera estensione dei casi, abbiano determinato una modificazione dello schema originario dell’istituto, dovendosi ritenere che tale soluzione risponda ad un ragionevole equilibrio tra le esigenze di garanzia di stabilità del rapporto di lavoro e le esigenze, anche culturali, della produzione di spettacoli e programmi radiotelevisivi, perseguito dal legislatore dell’epoca alla luce delle condizioni economiche e sociali esistenti, che trova conferma anche nella successiva disciplina di cui alla L. n. 247 del 2007, art. unico, comma 39, che, nel dettare nuove norme in materia di contratto a termine, ha ribadito il principio per cui il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la regola (conf.

Cass., sez. lav., 25 settembre 2008, n. 24049).

Va quindi ulteriormente ribadito che, ai fini della legittimità dell’apposizione del termine, è necessario che ricorrano la temporaneità della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo, la specificità del programma e la connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo, di modo che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato nell’impresa.

Nel caso in esame, la corte d’appello, apprezzando le risultanze di causa con tipica valutazione di merito ad essa riservata, ha motivatamente ritenuto che difettava quantomeno il requisito della "temporaneità", trattandosi di un programma presente stabilmente nel palinsesto della Rai essendo stato ripetuto per anni e non ricorreva quindi la "temporanea necessità", trattandosi invece di un’esigenza ordinaria e continuativa della programmazione.

Può solo aggiungersi, in riferimento in particolare al secondo motivo di ricorso, che la considerazione sulla frode, fatta dalla corte d’appello, è meramente aggiuntiva rispetto alla ragione del decidere costituita dalla mancanza di un programma specifico.

6. Il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili: il terzo motivo perchè la censura non è decisiva in quanto la corte d’appello ha rilevato che la RAI neppure aveva provato di aver corrisposto l’emolumento la cui ripetizione domandava; il quarto motivo in quanto privo del quesito di diritto ex art. 360 bis c.p.c..

Tale inammissibilità peraltro comporta che la questione del risarcimento del danno non è ritualmente oggetto del ricorso per cassazione, Conseguentemente non è neppure deducibile la L. n. 183 del 2010, art. 32, come sostenuto nella memoria.

7. Il ricorso incidentale, in disparte la assoluta genericità della censura, è infondato avendo la corte d’appello puntualmente fatto applicazione, nel regolare le spese di lite, del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c.. Mentre generica – e pertanto inammissibile – è la censura di violazione delle tariffe professionali.

8. Entrambi i ricorsi vanno quindi rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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