Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-01-2013) 26-03-2013, n. 14264

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione I.G., avverso la sentenza del Tribunale di Roma in data 14 luglio 2011 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato di ingiurie, commesso il (OMISSIS), in danno di S.V. e sua madre C.D..

Il reato risulterebbe allo stato prescritto, come fondatamente evidenziato dal difensore, per la rilevazione di cause di sospensione del termine di prescrizione, pari ad anni 1, mesi 1 e gg 26, tali da determinare la procrastinazione della scadenza, fino al 26 dicembre 2012.

La sentenza evidenziava come le prove della condotta delittuosa – posta in essere dall’imputato che, in qualità di portiere di uno stabile, aveva visto le persone offese contravvenire alla disposizione di non passare ove egli aveva appena lavato il pavimento – fosse provata dalle concordi dichiarazioni accusatorie delle vittime delle ingiurie.

Deduce:

1) la violazione di legge (del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 50, comma 1, lett. B), per essere stata, l’azione penale, esercitata da un viceprocuratore onorario non debitamente delegato dal Procuratore della Repubblica.

La norma sopra citata consente, invero, la delega del potere di esercizio dell’azione penale ma questa deve essere formalizzata con atto scritto, annotato in apposito registro e nominativo.

In più, secondo l’art. 50, comma 2 la delega deve essere conferita per una singola udienza o per un singolo procedimento.

Nel caso di specie invece, risulta che l’atto di delega sia soltanto quello con il quale i Procuratori aggiunti presso il Tribunale di Roma hanno assegnato, in via generale, ad alcuni vice-procuratori onorari tra i quali quello che ha sottoscritto il decreto di citazione a giudizio nel caso di specie – all’Ufficio di Procura presso il Giudice di pace.

Si era trattato, in conclusione di un atto meramente organizzativo dell’Ufficio, per giunta precedente all’instaurazione del procedimento de quo e quindi privo di riferimento specifico ad esso.

La situazione descritta comporta la nullità di ordine generale del decreto di citazione a giudizio il quale, oltre tutto, contiene una imputazione formulata non legittimamente dal titolare dell’azione penale;

2) il vizio di motivazione correlato alla nullità sopradescritta;

3) il vizio della motivazione con riferimento alla affermata responsabilità.

Era stata segnalata, nei motivi d’appello, la inattendibilità complessiva del teste S., una volta che talune delle sue accuse erano state ritenute infondate, con conseguente assoluzione dell’imputato dei reati ascrittigli ai capi A e B. Inoltre era stata travisata dal iudice dell’appello la doglianza con cui la difesa aveva lamentato l’insufficienza della deposizione della C., non già perchè falsa ma in quanto vittima di un ricordo frutto di suggestione.

Durante la discussione camerale il difensore ha sollecitato il riconoscimento della intervenuta prescrizione, essendo, il calcolo delle sospensioni del termine, quello indicato in premessa e non quello appuntato sulla copertina del fascicolo processuale.

Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.

Invero, i primi due motivi sono fondati.

Dispone il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 50, comma 1, lett. b) sulla istituzione del Giudice di pace, che è delegabile al vice procuratore onorario, per delega del Procuratore della repubblica competente, l’attività inerente l’esercizio della azione penale.

Il comma 2 della stessa norma stabilisce però, anche, che la delega va conferita per una determinata udienza o in relazione al singolo procedimento.

Invero, tale precetto appare evidentemente mutuato dall’art. 72, comma 2 dell’Ordinamento giudiziario del 1941, in tema di delega delle funzioni del pubblico ministero: una disposizione che conteneva precetti riguardanti tanto il limite oggettivo della delega (per procedimento o per udienza) quanto il limite della sua revocabilità (quando era consentita dal codice di rito la sostituzione del PM).

Tale norma è stata peraltro esplicitamente abrogata per effetto del Decreto Delegato n. 106 del 2006, art. 7, in tema di riorganizzazione dell’Ufficio del pubblico ministero: e non già in un’ottica meramente caducatoria, ma per incompatibilità con altri precetti introdotti dallo stesso decreto, essendosi previsto ad esempio all’art. 2 che "La delega può riguardare la trattazione di uno o più procedimenti … etc.".

Tuttavia, oltre a non potersi sostenere che siffatta disposizione abrogatrice abbia prodotto effetti anche sulla norma speciale dell’art. 50, comma 2 – non menzionata – vi è da rilevare che la nuova previsione normativa che regola la delega delle funzioni del Pubblico ministero non potrebbe legittimare il provvedimento che nella specie viene descritto in sentenza: un provvedimento che non indica neppure per serie o per gruppi i procedimenti delegati per l’eventuale esercizio della azione penale ma che si sostanzia in una nota organizzativa dell’Ufficio.

Orbene, in tale situazione dovrebbe rilevarsi, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, che la carenza di valida delega è idonea a determinare una nullità. Questa è stata ritenuta di ordine generale ex art. 178 c.p.p., lett. b) da rv 236928 (v. anche Rv.

246143; N. 9206 del 2007 Rv. 236220, N. 4290 del 2009 Rv. 242908).

Si legge nella condivisibile motivazione della sentenza 236928, in particolare, che "a differenza del magistrato ordinario, pienamente abilitato – sul piano processuale e di tutti rapporti con gli altri organi e uffici – a esercitare la funzione del Pubblico Ministero per effetto esclusivo del suo inserimento organico nell’ufficio di Procura, senza che sul piano processuale assuma alcuna rilevanza l’atto interno della designazione (in termini: Cass., Sez. 6, 8 novembre 1996, n. 10851, Malossini, massima n. 206228), il magistrato onorario ripete la propria legittimazione esclusivamente dal provvedimento di delega, deliberato con le forme prescritte dall’art. 162 disp. att. c.p.p., comma 1, e ha l’obbligo di esibire l’atto di delega in dibattimento (art. 162 disp. att. c.p.p., comma 2)." Analogamente, le SSUU di questa Corte, nella sentenza del 24 febbraio 2011, hanno posto in evidenza come la Corte cost., con la sentenza n. 333 del 1990, abbia avuto modo di chiarire che le persone chiamate, di volta in volta, a rappresentare il pubblico ministero in udienza non sono inquadrate nella organizzazione giurisdizionale nè annoverate nell’ordine giudiziario. Da quanto riferito, discende che è proprio la delega ad instaurare quel nesso di immedesimazione organica che, per i magistrati ordinari, si rinviene nell’inserimento nell’ordinamento giudiziario; detta delega è l’atto con il quale il Procuratore della Repubblica affida a soggetti esterni l’esercizio di determinate attività e la rappresentanza del pubblico ministero in udienza conservando la piena titolarità delle funzioni delegate.

Per tale ragione non può condividersi la tesi del Procuratore generale di udienza che ha chiesto il rigetto del ricorso sollecitando la applicazione della giurisprudenza – diversa da quella utile per il caso di specie – in tema di effetti della delega invalida al pubblico ministero togato (così rv. 228579).

Tanto premesso, va poi considerato che la configurazione della assenza di valida delega al vice procuratore onorario, come ragione, nel caso di specie, di una nullità assoluta perchè attinente all’esercizio della azione penale, non può superare, agli effetti penali, il fatto che è maturata la prescrizione del reato.

Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la prescrizione prevale anche sulle nullità assolute verificatesi nel corso del processo (SSUU rv 221403).

Invece la nullità rileva agli effetti civili, determinati dalla costituzione di parte civile, e in tale prospettiva va dichiarata, con annullamento della sentenza impugnata e rinvio degli atti al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione; annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2013

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