Cass. civ. Sez. V, Sent., 20-07-2012, n. 12689 Imposta di pubblicità e affissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
La commissione tributaria regionale del Lazio ha confermato, con sentenza depositata il 12.9.2007, la decisione con la quale la commissione tributaria provinciale di Roma aveva accolto un ricorso della D.pubblicità s.n.c. contro una cartella di pagamento emessa per il recupero coattivo dell’imposta sulla pubblicità riferita all’anno 2000.
Ha motivato la decisione affermando di condividere quanto ritenuto dal giudice di primo grado circa il fatto di non avere, il comune di Roma, fornito la prova della legittimità della propria pretesa per non essere la cartella sufficiente a dimostrare la legittimità e l’entità degli importi di cui era stato reclamato il pagamento.
Il comune di Roma ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.
L’intimata si è costituita con controricorso.
Motivi della decisione
L’unico motivo di ricorso denuncia, con idoneo quesito, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 161 c.p.c., comma 2, la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 4) perchè caratterizzata da affermazioni astratte, tali da costituire una motivazione solo apparente.
Il motivo è manifestamente fondato, in quanto la decisione risulta infine composta da un unico periodo motivante così testualmente formulato: "il comune (..) non ha fornito nè in primo grado nè in appello alcuna prova della legittimità della propria pretesa e la cartella impugnata non è neppure sufficiente a dimostrare la legittimità e l’entità degli importi di cui è reclamato il pagamento".
Tale periodo, sorretto da un mero preliminare inciso circa la condivisione delle argomentazioni dal giudice di primo grado, non soddisfa l’onere della motivazione che presidia il contenuto legale dell’atto-sentenza, risolvendosi in un ordito parvente inidoneo a esprimere una qualsivoglia ratio decidendi.
Il limite della motivazione per relationem della sentenza pronunziata in sede di gravame è che il giudice di appello, ancorchè facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima in ogni caso, sia pure sinteticamente, le ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo, desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze, risulti appagante e corretto (ex plurimis, Cass. n. 10490/2010; n. 15483/2008). Il che evidentemente non è nel caso di specie, in quanto la laconicità della motivazione adottata dalla commissione regionale, formulata in termini di mera adesione a un percorso argomentativo neppure minimamente accennato a proposito della sentenza di primo grado, non consente in alcun modo di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio anteriore il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Conseguentemente la sentenza va cassata in accoglimento del motivo suddetto, con rinvio alla medesima commissione regionale del Lazio, diversa sezione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Le questioni poste col controricorso, attenendo al giudizio di merito, non vanno esaminate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, il nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 31 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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