Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-01-2013) 26-03-2013, n. 14259 Determinazione

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Svolgimento del processo

1. L.L. ricorre avverso la sentenza 18-2-2011 con la quale la Corte d’Appello di Milano, riformando parzialmente quella del Gip Tribunale di Como in data 22-4-2004, lo aveva riconosciuto responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (capi A e D) in relazione all’ammissione al concordato preventivo della cooperativa Larice, rideterminando la pena in mesi sei di reclusione in continuazione con fatti già giudicati.

2. Il ricorrente deduce violazione del divieto di reformatio in peius in ordine alla pena, in quanto, avendo la corte territoriale ritenuto fondato l’appello sia sotto il profilo del capo B, per il quale aveva pronunciato l’assoluzione, sia sotto il profilo della determinazione della pena, affermando che la riconosciuta equivalenza delle generiche all’aggravante dei più fatti di bancarotta, doveva comportare la determinazione di un unico aumento, da diminuirsi di un terzo per il rito, aveva poi determinato tale aumento in mesi nove (meno un terzo per il rito = mesi sei), mentre il tribunale aveva quantificato per ogni reato un aumento di mesi sette, che non avrebbe potuto essere superato, da ridursi a mesi quattro e giorni venti per la scelta dell’abbreviato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

La corte, dopo aver dato atto che i reati sub A) e D), in virtù del riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti all’aggravante dei più fatti di bancarotta, costituivano, quoad poenam, un unico reato, non avrebbe potuto determinare l’aumento per la continuazione con i fatti già giudicati in mesi nove di reclusione, poi ridotti a mesi sei per effetto dell’ammissione al giudizio abbreviato.

2. Infatti, come rettamente osservato dal ricorrente, ciò si risolve in una violazione del divieto di reformatio in peius dal momento che il primo giudice – il quale aveva trascurato che l’aumento di pena doveva essere unico per le ragioni già indicate – aveva stabilito un aumento di sette mesi di reclusione per ciascuno dei reati di cui sopra, limite non superabile dal giudice di secondo grado laddove aveva riconosciuto che l’aumento doveva essere unico.

3. Trattandosi di ipotesi prevista dall’art. 620 c.p.p., lett. l), questa corte può procedere alla determinazione della pena, indicando quindi la misura dell’aumento di pena nei confronti del L. per effetto della continuazione con i fatti di cui a sentenza 5-6-2003 della Corte di Appello di Milano, in mesi sette di reclusione, da ridursi di un terzo per la scelta del rito abbreviato e quindi a mesi quattro e giorni venti di reclusione.

4. Segue l’annullamento senza rinvio del relativo capo della sentenza impugnata con conseguente rideterminazione della pena nei termini di cui sopra.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla pena inflitta, pena che ridetermina in mesi 4 e giorni 20 di reclusione.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2013

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