Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 20-03-2013, n. 12848 Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza qui impugnata, il ricorrente si è visto confermare dalla Corte d’appello la pronuncia di responsabilità per la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, comma 1, per avere, in qualità di rappresentante della società Ondulati del Vertano S.r.L: (a)) emesso, nell’anno 2004 – al fine di consentire alla Veneta Packaging S.r.L. – l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, una fattura per operazione inesistente pari a 2.016.000 Euro (avente ad oggetto la vendita dei macchinario industriale denominato Martin 1226) e, nell’anno 2003, la nota di accredito inerente la restituzione di detto macchinario. Egli è stato anche giudicato responsabile (b))della violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, per avere indicato elementi passivi fittizi (per un ammontare superiore a 154.937,07 Euro) nelle dichiarazioni annuali relative agli anni di imposta 2004 e 2005 nonchè, (c)) della violazione dell’art. 4, citato D.Lgs. per avere, nella predetta veste di rappresentante della Ondulati Verbano, indicato una minore IVA dovuta per gli anni di imposta 2002 e 2003.

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo, come motivo unico, erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione per impossibilità di messa in pericolo del bene tutelato dalla normativa fiscale, nonchè vizio di motivazione con riferimento al dolo specifico di evasione fiscale.

In particolare, il ricorrente ripassa in rassegna le contestazioni, una per una facendo notare (detto in estrema sintesi) che, quanto al capo a), il bene cui si riferisce la fattura in contestazione era oggetto di ammortamento perciò il suo costo di acquisto non transitò mai dal conto economico della Veneta Packaging nè venne indicato tra le componenti negative di reddito. La Veneta non poteva ottenere risparmi neppure sotto il profilo Iva. Premesso che l’acquisto del bene strumentale Martin e la cessione di quello Simon (capi a) e b)) sono tra loro inscindibilmente collegati, il risultato è che, in assenza di entrambe le predette operazioni, la società non avrebbe dovuto versare alcuna somma a titolo di Iva ma avrebbe semplicemente evidenziato un minor credito. In ordine alla nota di accredito, poi, si fa notare che essa costituisce l’effetto contabile della restituzione del bene, vale a dire, di una operazione di segno opposto ad un acquisto, con evidente conseguente inattitudine all’abbattimento dei redditi dichiarati. Le considerazioni che precedono (sia pure più ampiamente sviluppate nell’atto di ricorso) valgono in parte anche per il capo b) perchè, come anticipato, concernono il macchinario denominato Simon che è collegato a quello denominato Martin. Infine, il ricorrente denuncia assenza di offensività nella condotta ascritta all’imputato e di dolo specifico di evasione fiscale. Si contesta che le operazioni in contestazione mirassero a far figurare componenti negative del reddito essendo, invece, stato dimostrato come il costo di acquisto dei beni non sia mai transitato dal conto economico della Veneta e, quindi, mai indicato tra le componenti negative di reddito. Infine, si fa notare che la sentenza impugnata ha trascurato i versamenti Iva ed Irap effettuati dalla Ondulati a dicembre 2004 che non sarebbero stati effettuati in mancanza delle operazioni in contestazione e si ricorda, da ultimo, che anche la Corte costituzionale ha asserito che la valutazione della offensività del reato deve essere fatta anche in presenza di reati di pericolo.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

3. Motivi della decisione – Il ricorso è inammissibile per più ragioni.

La prima risiede nella constatazione del fatto che – come è dato comprendere dalla semplice lettura della sentenza impugnata – i presenti motivi sono essenzialmente i medesimi già portati all’attenzione della Corte d’appello. Dal momento che essi sono stati puntualmente e congruamente esaminati dai giudici di merito, ricevendone congrua risposta, essi devono essere considerati "apparenti" (sez. v, 27.1.05, Giagnono, Rv. 231708).

La doglianza, infatti, avrebbe dovuto consistere in una critica alla motivazione dei giudici di appello, e non, risolversi in una ripetizione pura e semplice degli stessi motivi. Tanto più che, essendo essi in fatto, il ricorso è inammissibile per l’ulteriore considerazione che questa sede di legittimità non è deputata ad un nuovo esame degli elementi emersi dal processo (per dame, eventualmente, una diversa lettura) ma solo ad una verifica della correttezza della motivazione sotto il duplice profilo della esaustività degli argomenti considerati (rispetto a quelli emersi) e della logicità della loro chiave di interpretazione.

Sotto tale angolazione, può affermarsi che la motivazione qui in esame non presta il fianco ad alcuna critica dal momento che ha attentamente vagliato tutti gli argomenti qui svolti evidenziando, in particolare, il rilievo assunto – ai fini della valutazione della esistenza o meno delle operazaoni di cessione/restituzione dei due macchinaci – la deposizione di B.G. (coimputato – in qualità di legale rappresentante della Veneta Packaging – che ha definito la propria posizione ex art. 444 c.p.p.). Si è appreso cosi che il macchinario Simon 350 "fermo" presso la Ondulati Maranello S.p.a. venne portato li verso l’aprile 2005 e vi rimase sino ad ottobre dello stesso anno quando il B. lascio la società.

Prima, però, V. gli aveva detto di sottoscrivere una lettera di contestazione avente ad oggetto un altro macchinario (Martin 1228), che asseritamele sarebbe dovuto arrivare, nonchè un’altra lettera per il macchinario Simon 350.

In tali occasioni, gli sarebbe stato detto: "fammi la cortesia, firma questi documenti – perche dobbiamo far vedere che le macchine girano di qua e girano di là". In effetti ha soggiunto B., le macchine non erano "andate proprio da nessuna parte" e comunque egli non aveva mai visto il macchinario Martin 1228 di cui alla fattura di vendita in atti.

Sulla scorta di tali obiettive emergenze processuali, non è, quindi censurabile sul piano logico la decisione del giudice di secondo grado di confermare quella del primo giudice secondo cui le fatture oggetto di imputazione afferenti le cessioni dei macchinari Simon 350 e Martin 1228 riguardavano operazioni oggettivamente inesistenti "rilevando in particolare la mancanza di prova dei relativi pagamenti, elemento circostanziale in alcun modo considerato nei motivi di appello".

Anche il tema della asserita inoffensività, per l’Erario, della condotta, è stato affrontato dalla corte e risolto in modo corretto e convincente con il rilievo che "vertendosi in ipotesi di reati di pura condotta con evento di pericolo astratto, è del tutto irrilevante l’idoneità della condotta stessa a determinare tale danno. La consumazione del reato coincide con l’emissione della fattura falsa e con la presentazione della dichiarazione, nel caso che qui interessa, ai fini IVA, a prescindere dal conseguimento o meno di una effettiva evasione d’imposta".

Del resto, giova qui soggiungere, al fine di consentire a terzi la evasione, è irrilevante una effettiva successiva evasione da parte del terzo perchè, per integrare la prova è sufficiente l’inserimento nella dichiarazione di un dato relativo ad operazione inesistente senza che rilevi che la detta dichiarazione sarebbe risultata comunque passiva. Nella specie affermata la inesistenza delle operazioni di cessione dei macchinari Martin 1228 e Simon 35ò la Corte sottolinea che "le fatture che le documentano risultano regolarmente annotate nei registri contabili della società Ondulati del Verbano S.r.l.".

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.
P.Q.M.

Visto l’art. 615 c.p.p. e ss., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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