Cass. civ. Sez. V, Sent., 20-07-2012, n. 12680 Tassa occupazione suolo pubblico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 12/36/08, depositata il 19.3.08, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dalla APD s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti dell’avviso di accertamento con il quale l’ente territoriale aveva richiesto alla medesima il pagamento della tassa per l’occupazione di suolo pubblico, con seguente ad affissioni dirette su impianti fissi, effettuate nell’anno 1998.

2. La CTR riteneva totalmente infondata la pretesa fiscale azionata con il predetto atto impositivo, sotto un duplice profilo: a) per essere gli impianti pubblicitari in questione già gravati dall’imposta sulla pubblicità, avente carattere di specialità rispetto alla TOSAP; b) dovendo considerarsi il tributo in contestazione non dovuto, in forza dell’esenzione stabilita dal Comune di Roma con la Delib. n. 86 del 1999, adottata in conformità del disposto di cui alla L. n. 127 del 2007, art. 17, comma 63 e L. n. 448 del 1998, art. 31, comma 27.

3. Per la cassazione della sentenza della n. 12/36/08 ha proposto ricorso il Comune di Roma, affidato a due motivi. La società resistente ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione

1. Con i due motivi di ricorso, il Comune di Roma deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 63 e della L. n. 448 deld 1998, art. 31, comma 27, nonchè della normativa di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. L’Ufficio si duole, invero, del fatto che la CTR abbia erroneamente ritenuto di applicare alla fattispecie concreta l’agevolazione di cui alla L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 63, ancorchè si vertesse in ipotesi di impianti collocati sine titulo su suolo comunale, nonchè di ritenere assorbita la TOSAP dall’imposta sulla pubblicità, pagata per gli impianti in contestazione, senza tenere conto di quanto dispone, in contrario, il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 7.

2. Premesso quanto precede, osserva tuttavia la Corte, in via pregiudiziale, che il ricorso proposto dall’amministrazione comunale è inammissibile, poichè tardivo.

2.1. Dall’esame della sentenza impugnata si desume, invero, che tale decisione è stata depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in data 19.3.08, e che la stessa – come, del resto, ha dichiarato lo stesso Comune ricorrente – non è stata notificata.

Ne deriva che deve applicarsi nel caso di specie, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il termine di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo previgente, temporalmente applicabile alla fattispecie).

Al suddetto termine, che va calcolato "ex nominatione dierum", prescindendo, cioè, dal numero dei giorni dai quali è composto ogni singolo mese o anno, devono, tuttavia, aggiungersi 46 giorni, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1 e della L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni tra il primo agosto ed il quindici settembre di ogni anno, per effetto della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale (cfr., tra le tante, Cass. 8850/03, 15530/04, 6748/05, S.U. 21197/09).

Va, inoltre, rilevato che, a seguito della sentenza n. 427/02 della Corte Costituzionale – secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestività del ricorso per cassazione postula che la consegna della copia del ricorso, per la spedizione a mezzo posta, venga effettuata nel suindicato termine perentorio, e che l’eventuale tardività della notifica possa essere imputata esclusivamente ad errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante (Cass. S.U. 7607/10, Cass. 10693/07, 6547/08).

2.2. Tutto ciò premesso, rileva la Corte che – nel caso di specie – l’impugnata sentenza è stata depositata in data 19.3.08, laddove il ricorso risulta consegnato all’ufficiale giudiziario, per la spedizione a mezzo posta, in data 5.5.09, ossia un giorno oltre la scadenza del termine perentorio suindicato, che nella specie si è verificata il 4.5.09 (giorno feriale).

Il ricorso in esame deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, per violazione del termine perentorio previsto dall’art. 327 c.p.c., 3. Le spese del presente grado del giudizio vanno poste a carico del ricorrente soccombente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.300,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 30 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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