Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 20-03-2013, n. 12845 Alimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza impugnata, il ricorrente è stato condannato alla pena di 2500 Euro di ammenda per avere detenuto 23,5 kg di vongole/lupino di misura inferiore a quella consentita ed è stato, invece, assolto, per insussistenza del fatto, dalla ulteriore accusa di avere venduto vongole veraci ad un ristorante. In tal modo, l’accusa è di aver violato l’art. 24, in relazione alla L. n. 963 del 1965, art. 15, comma 1, lett. c).

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo:

1) manifesta illogicità della motivazione e conseguente violazione di logge (art. 606 c.p.p., lett. b) ed e)). Il ricorrente prende le mosse dal rilievo che le pronunzie contestuali del Tribunale, di condanna e di assoluzione, muovono da presupposti solo apparentemente diversi. Si osserva, infatti che nulla questio sussiste per quel che attiene alla assoluzione visto che le vongole vendute al ristorante erano certamente prodotto di allevamento. Si censura però che anche le vongole-lupino (rinvenute nelle celle frigo della Friulpesca) non siano state considerate anch’esse di allevamento. Ed infatti, anche a detta dell’operatore di P.G. poi escusso, le vongole sono "prodotte" dalla Cooperativa di (OMISSIS) che, passava il prodotto alla ditta del F. ove si provvedeva al confezionamento dei sacchetti poi distribuiti presso vari punti vendita.

La contestazione, perciò, si fonda solo sul fatto che nel sacchetto era stata apposta una etichetta sulla quale era specificato che il prodotto era "pescato nel Mar Mediterraneo". Tuttavia, si fa notare che il dato riferito dalla P.G. non può essere superato dalla etichetta.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

3. Motivi della decisione. Il ricorso è inammissibile.

La manifesta illogicità non si identifica con la mera difformità della decisione assunta rispetto a quella che era nelle aspettative dei ricorrente. Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio ex art. 606 c.p.p., lett. e), è indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento impugnato è palesemente carente di motivazione e/o di logica mentre non è, invece, producente opporre, alla valutazione dei fatti contenuta nella decisione criticata, una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, dato che in quest’ultima ipotesi verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito.

Vi è da soggiungere che, nel caso di specie, la inaccettabilità dell’argomentare difensivo discende dall’ulteriore rilievo che esso si basa sul richiamo alle parole dell’operatore di P.G. (il teste C.) di cui non viene neppure allegato il testo. Come è stato, invece, più volte affermato, i motivi di ricorso devono contenere l’indicazione puntuale delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta "con l’effetto di porre a carico del ricorrente un peculiare onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, nelle forme di volta in volta più adeguate alla natura degli atti Stessi (integrale esposizione e riproduzione nel ricorso, allegazione in copia, precisa indicazione della collocazione dell’atto nei fascicolo del giudice ecc.)" e ciò in quanto l’accesso agli atti del processo, non è indiscriminato, dovendo essere veicolato in modo "specifico" dall’atto di impugnazione (sez. 6, 15.3.06, Casula, Rv. 233711; Sez. 6, 14.6.06, Pollcella, Rv. 234914).

A prescindere, comunque, dagli argomenti assorbenti appena svolti, vi è da soggiungere che il controllo sulla motivazione della decisione impugnata conduce all’affermazione della sua ineccepibilità.

Essa, infatti, è basata su dati di fatto obiettivi commentati in modo logico. In particolare, si ricorda che "Il teste ha precisato di avere accertato che tale prodotto ittico proveniva dalla Cooperativa Pescatori di (OMISSIS)" e che "diversamente, con riferimento alle "vongole lupini" rinvenute nelle celle frigorifero della società Friulpesca, si deve osservare che dal dibattimento è emerso che tale prodotto ittico era stato acquistato da una cooperativa di pescatori;

del resto sulle etichette applicate alle confezioni contenenti il prodotto in questione, prodotte in copia dal P.M., era specificato che si trattava di "prodotto pescato del Mar Mediterraneo". Di qui la inevitabile conclusione della sussistenza del reato ipotizzato.

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.
P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende e della somma di Euro 1.000,00.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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