Cass. civ. Sez. V, Sent., 20-07-2012, n. 12672

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza pronunciata in da 26.7.2006 n. 77 la Commissione tributaria della regione Lazio ha riformato integralmente la decisione di prime cure dichiarando illegittima la cartella di pagamento notificata dal Concessionario del servizio per la riscossione tributi a MEDIA 2000 s.r.l. ed avente ad oggetto il pagamento dell’importo di L. 50.981,000 dovuto per l’anno 1996 dalla società a titolo di imposta pubblicità in base ad avvisi di accertamento in rettifica emessi dal Comune di Roma e divenuti definitivi per mancata impugnazione e per intervenuta sentenza definitiva del Giudice tributario che ne aveva accertato la legittimità.

I Giudici di appello rilevato che la cartella si limitava a riportare un elenco dei numerosi avvisi di accertamento, ma che nè tale atto, nè il Concessionario costituitosi in giudizio, nè il Comune di Roma, rimasto contumace, avevano fornito prova della avvenuta notifica e della definitività degli avvisi di rettifica, annullava la cartella per difetto di motivazione della stessa e per mancata notifica degli atti impositivi presupposti.

Avverso la sentenza di appello con atti notificati spediti per la notifica in data 22.10.2007 alla società contribuente e ad Equitalia Gerit s.p.a., n.q. di concessionario del servizio per la riscossione, ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Roma affidando la impugnazione a due mezzi.

Ha resistito con controricorso la società contribuente.

Non si è costituita Equitalia Gerit s.p.a.
Motivi della decisione

1. La motivazione della sentenza impugnata.

Due sono le "rationes decidendi", anche se fra loro strettamente connesse, tanto che l’una viene a costituire la ragione dell’altra:

a) la cartella è invalida in quanto non reca una sufficiente motivazione, "tale da consentire il controllo della correttezza della imposizione" (la carenza motivazione viene quindi ricollegata alla mancata indicazione delle date di notifica degli avvisi elencati nella cartella);

b) la cartella è invalida per omessa notifica degli atti di accertamento presupposti, in ordine alla notifica e definitività dei quali, il Concessionario costituito ed il Comune, rimasto contumace in appello, non hanno fornito prova.

2. I motivi del ricorso.

Il Comune ha censurato la sentenza in relazione ai seguenti vizi di legittimità:

– contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Sostiene il Comune che la CTR laziale non aveva ragione di dubitare della notifica degli atti presupposti in quanto tale accertamento risultava indirettamente eseguito dal primo giudice avendo questi affermato in sentenza che "dall’esame della documentazione …si evince che la cartella di cui è procedimento consegue alcuni avvisi notificati alla società ricorrente", e ove fosse stato ritenuto necessario bene avrebbe dovuto allora utilizzare i poteri officiosi di acquisizione probatoria D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7;

– violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e L. n. 212 del 2000, art6. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) 1 in quanto la CTR laziale non avrebbe tenuto in considerazione e la cartella era stata predisposta secondo il modello approvato con D.M. 28 giugno 1999 e che la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 che prevede l’obbligo di motivazione degli atti impositivi menziona solo l’Amministrazione finanziaria e non anche il Concessionario de servizio di riscossione che deve pertanto intendersi esente da tale obbligo per gli atti di sua competenza.

3. Il controricorso.

La società resistente aderendo integralmente alla motivazione della sentenza impugnata chiede la declaratoria di rigetto del ricorso per infondatezza dei motivi.

4. Esame e valutazione dei motivi di ricorso.

4.1. Il primo motivo e inammissibile non essendo corredato della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione di assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per la quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione" (art. 366 bis c.p.c., seconda parte e cfr. Corte cass. SU 1.10.2007 n. 20603, id. 3 sez. 7.4.2008 n. 8897 secondo cui tale indicazione deve concretare un "momento di sintesi" che costituisce un "quid pluris" distinto dalla esposizione del motivo).

E’ inammissibile altresì per manifesto errore nella individuazione del parametro di legittimità indicato rispetto alla censura svolta nella esposizione: ed infatti se la critica della omessa, errata od inesatta valutazione degli elementi probatori acquisiti al giudizio (nella specie rilevanti ai fini dell’accertamento della notifica degli atti impositivi presupposti), rileva sotto il profilo del vizio motivazionale, risolvendosi in un errore di fatto (essendo appena il caso di osservare come non possa assolvere al requisito di autosufficienza del ricorso – che impone di indicare specificamente le prove non correttamente valutate e la decisività delle stesse- il mero richiamo alla sentenza di primo grado gravata di appello proprio sul punto dell’omesso accertamento della mancata notifica degli atti presupposti), diversamente la violazione delle norme che regolano la ammissione e l’acquisizione (anche ex officio) dei mezzi probatori, nella quale si incentra il motivo, dolendosi il Comune del mancato esercizio del potere istruttorio previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3 (norma che, deve rilevarsi incidentalmente, è stata abrogata dal D.L. n. 203 del 2005, art. 3 bis conv. in L. n. 248 del 2005 e dunque non poteva "ratione temporis" trovare comunque applicazione nel processo avanti alla CTR), va ricondotta nella categoria dell’errore di diritto, sindacabile sotto il diverso profilo del vizio descritto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) (anche in questo caso, peraltro, difetterebbe il requisito di autosufficienza, non essendo stato indicato l’impedimento obiettivo dell’ente impositore alla produzione in giudizio della prova documentale – avvisi di ricevimento delle notifiche – che soltanto potrebbe legittimerebbe l’esercizio dei poteri officiosi della CTR – altrimenti risolventesi in una inammissibile relevatio ab onere probandi – nè essendo stato indicato se l’esercizio di tale potere sia stato espressamente richiesto dalla parte ed immotivatamente rifiutato dal Giudice di appello).

4.2 L’esame del secondo motivo deve ritenersi superfluo in quanto anche se la censura (con la quale si impugna la statuizione che accerta il difetto di motivazione della cartella) dovesse essere accolta, ciò non priverebbe comunque la sentenza di annullamento della cartella del supporto fornito dall’altra ratio decidendi fondata sulla omessa prova della notifica degli atti impositivi presupposti e sulla applicazione del principio secondo cui gli effetti della mancata notifica degli atti che si collocano, nella sequenza procedimentale, come antecedenti necessari condizionanti la validità ed efficacia degli atti successivi consequenziali, rimangono definiti dal nesso di derivazione necessaria che lega questi ultimi all’atto presupposto – tale che la inesistenza originaria o la successiva eliminazione di questo dalla realtà giuridica determina la automatica caducazione dell’atto conseguente – sicchè ove l’atto presupposto sia stato emesso ma non abbia prodotto i suoi effetti nella sfera giuridica del destinatario (a causa della omessa notifica), l’atto conseguente che in quello trovi la sua esclusiva condizione di esistenza deve essere considerato "tamquam non esset", salvo che – ove non siano decorsi termini decadenza od altre condizioni estintive – non recuperi "ex se" lo stesso contenuto dell’atto presupposto realizzando "ex post. con la notifica, quella stessa esigenza di conoscibilità delle ragioni in fatto e diritto della pretesa tributaria che avrebbe dovuto essere attuata con la notifica dell’atto presupposto.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso e condanna l’ente locale ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.500,00 per onorari, oltre rimborso forfetario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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