Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 05-03-2013, n. 10218

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L’aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Teramo in data 13/04/2011 limitatamente alla affermazione di colpevolezza di C.E. in ordine al reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., nn. 5) e 11), art. 609 bis c.p., e art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2), a lui ascritto per avere reiteratamente e con frequenza di circa una volta la settimana toccato nelle parti intime D.L.C. mentre era a letto o in altre circostanze, contemporaneamente masturbandosi; fatti commessi con abuso di relazioni di coabitazione e di affidamento, nonchè approfittando dell’ora notturna tra il (OMISSIS) a tutto l’anno (OMISSIS) (capo 2) dell’imputazione). La Corte territoriale ha, invece, dichiarato estinti per prescrizione altri analoghi abusi sessuali commessi tra l’ (OMISSIS) di cui al capo 1) dell’imputazione, mentre la prescrizione parziale di quelli di cui al capi 1) e 2) era già stata dichiarata dai giudici di primo grado. La sentenza ha anche riqualificato episodi di contestato abuso sessuale, concretatisi nel fatto che l’imputato si sarebbe masturbato mentre parlava telefonicamente con la persona offesa, riqualificando tali fatti come violazione di cui all’art. 660 c.p. egualmente dichiarata prescritta.

Per l’effetto la sentenza ha rideterminato la pena inflitta all’imputato nella misura ritenuta di giustizia, nonchè la quantificazione del danno in favore della costituita parte civile.

La sentenza ha evidenziato che il contesto in cui si inquadra la vicenda e ne costituisce chiave di lettura è costituito dalla comunità religiosa evangelica dei cosiddetti Zaccardiani, fondata da tale Z.D.; comunità di cui erano partecipi sia la famiglia del C. che quella della persona offesa. Nell’ambito di tali rapporti di comunanza religiosa la famiglia D.L. era stata frequentemente ospite della famiglia del C.E. i genitori avevano affidato per lunghi periodi i figli ai C..

Durante tali periodi di coabitazione si erano verificati gli abusi sessuali di cui alla contestazione, che, secondo l’ipotesi accusatoria, avevano avuto inizio quando la persona offesa, nata nell'(OMISSIS), aveva meno di quattordici anni e si erano protratti fino al compimento del sedicesimo anno da parte della medesima.

Il contesto religioso, unitamente a minacce dell’imputato e a pressioni morali avevano indotto la persona offesa a tenere nascosti per lunghi anni gli abusi subiti, che sono stati denunciati nel (OMISSIS), allorchè la D.L.C., ormai sposatasi e madre di un figlio, aveva preso piena coscienza dell’accaduto e allentato i legami con la predetta comunità evangelica.

In sintesi, per quanto interessa in sede di legittimità, la Corte territoriale ha confermato il giudizio di piena attendibilità della persona offesa, su cui erano stati sollevati dubbi dalla difesa dell’appellante in considerazione delle condizioni psicofisiche in cui versava all’epoca dei fatti, essendo reduce da un intervento chirurgico ed avendo subito un ricovero per sindrome ansioso- depressiva. Sul punto la sentenza ha anche evidenziato l’esistenza di riscontri alle accuse della D.L., costituiti principalmente dalle dichiarazioni della sorella, che dormiva nel letto accanto allorchè si erano verificati gli abusi sessuali avvenuti di notte, e dalla registrazione di un colloquio tra la medesima persona offesa e l’imputato, cui la prima lo aveva indotto contenente parziali o implicite ammissioni dei fatti. La sentenza ha altresì affermato la sussistenza delle citate aggravanti contestate in imputazione, nonchè l’affidamento della persona offesa all’imputato per ragioni di educazione religiosa, vigilanza ed istruzione, rilevante ai fini della perseguibilità di ufficio del reato.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, tramite il difensore, l’imputato che la denuncia con quattro mezzi di annullamento.

2.1 Mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.

La difesa del ricorrente ricorda le peculiarità della vicenda ed, in particolare, che la denuncia è stata presentata otto anni dopo la cessazione dei fatti e dopo dieci dal loro inizio, la distanza temporale della denuncia dalle prime rivelazioni da parte della persona offesa ed il contesto religioso in cui sì è svolta la vicenda, per inferirne che tali peculiarità avrebbero imposto una disamina particolarmente scrupolosa dell’attendibilità della D. L.. Avverso la sentenza del Tribunale erano stati formulati rilievi su tali punti, ma la sentenza di appello si è limitata a riproporre argomentazioni già contenute in quella di primo grado. Si contesta, sul piano metodologico, la disamina frazionata dei rilievi dell’appellante, al fine di confutarli, mentre gli stessi andavano valutati unitariamente. Si censura la valutazione dell’attendibilità della persona offesa alla luce delle risultanze afferenti alle condizioni di salute in cui la medesima versava all’epoca dei fatti, che vengono analiticamente descritte; si deduce la Incompatibilità degli episodi di abuso sessuale, che sarebbero stati commessi dall’imputato in occasione delle uscite notturne per recarsi al lavoro, mentre era stato provato che quest’ultimo, a causa delle sue condizioni di salute, solo in rare occasioni aveva svolto turni di notte. Analogamente, con riferimento agli episodi che si sarebbero verificati nell'(OMISSIS) se ne deduce la incompatibilità con la ricostruzione temporale della vicenda emersa da altre risultanze processuali. Nell'(OMISSIS) l’immobile in cui sì sarebbero verificati gli abusi era ancora abitato da una persona anziana, deceduta qualche mese dopo, mentre solo successivamente l’imputato si sarebbe recato a vivere in detto immobile dopo aver eseguito lavori di ristrutturazione. Si deduce la scarsa attendibilità delle dichiarazioni della D.L.D. in ordine alla circostanza che la stessa, toccata con il braccio, si sarebbe accorta della presenza dell’Imputato accanto al letto della sorella e che questi ansimava, ma solo a distanza di tempo avrebbe compreso che l’uomo si stava masturbando; la incompatibilità dell’episodio di abuso sessuale, che si sarebbe verificato nello spogliatoio delle donne, con la sua collocazione temporale da parte della persona offesa. Su tutti tali punti vengono riportati diffusamente in nota i motivi di appello.

Viene censurata Infine la svalutazione delle deposizioni dei testi addotti dalla difesa, in quanto fondata su una pregiudiziale negativa del contesto religioso da cui sarebbero condizionati.

2.2 Errata applicazione di legge con riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5).

Si contesta la configurabilità dell’aggravante in relazione alle circostanze in cui sarebbero avvenuti gli abusi sessuali in orario notturno, stante la presenza della sorella della persona offesa nel letto accanto. Si osserva inoltre che le condizioni di minorata difesa derivanti dall’età della vittima sono già elemento costitutivo del reato di cui all’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2).

2.3 Errata applicazione di legge con riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11).

Anche con riferimento a detta aggravante si deduce che il reato di cui all’art. 609 quater c.p. necessariamente implica l’esistenza di rapporti di coabitazione o ospitalità tra l’autore del reato e la vittima.

2.4 Errata applicazione degli art. 124 c.p., art. 609 septies c.p. e vizi di motivazione della sentenza.

L’art. 609 septies c.p., comma 4, n. 1), nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prevedeva la procedibilità di ufficio del reato di cui all’art. 609 bis c.p. se commesso in danno di minore degli anni quattordici. Si contesta, quindi, sulla base della ricostruzione dei fatti afferenti ai due episodi di abuso sessuale che si sarebbero verificati in un appartamento nell'(OMISSIS), per come risultante dalla sentenza di primo grado sulla base delle dichiarazioni della stessa persona offesa, che tali episodi si siano verificati nel periodo indicato, dovendo essere collocati temporalmente in epoca successiva, come precisato nel primo motivo di ricorso, allorchè i fratelli C. erano andati a vivere nel predetto appartamento, e, quindi, allorchè la D.L. aveva già compiuto i quattordici anni. Si contesta, poi, che la procedibilità di ufficio possa essere ancorata all’esistenza di un rapporto di affidamento della persona offesa all’imputato. Un affidamento era configurabile solo nei confronti del membro anziano della comunità, C.A., al quale occorreva chiedere l’autorizzazione per soggiornare presso la stessa. Si censura infine, ulteriormente sul piano della attendibilità della parte tesa, la scelta di denunciare i fatti a notevole distanza di tempo dal loro accadimento, risultando che l’emancipazione della stessa dalla comunità religiosa era avvenuta molto tempo prima della presentazione della denuncia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non è fondato.

2. E’ opportuno esaminare preliminarmente la pregiudiziale questione della procedibilità del reato di abusi sessuali, di cui all’ultimo motivo di ricorso, stante la evidente tardività della querela presentata dalla D.L..

Orbene, le sentenze di merito hanno correttamente ancorato la procedibilità di ufficio del reato, ai sensi dell’art. 609 septies c.p., comma 4, nn. 1) e 2), nella formulazione antecedente alla riforma di cui alla L. 6 febbraio 2006, n. 38, all’accertamento della commissione di due abusi sessuali ad opera del C. prima del compimento del quattordicesimo anno di età da parte della minore e, per il periodo successivo, del rapporto di affidamento intercorso tra l’imputato e la D.L..

E’ appena il caso di ricordare in ordine alla prima delle predette condizioni di procedibilità che la declaratoria di prescrizione del reato perseguibile di ufficio, successivamente alla instaurazione del procedimento penale, non esclude la perseguibilità del reato connesso, essendo venute meno le ragioni di tutela della riservatezza della persona offesa che giustificano la procedibilità a querela (sez. 3, 29/11/2011 n. 1190 del 2012, RV 251908; sez. 3, 19/03/2009 n. 17846, RV 243760).

L’accertamento delle predette condizioni di procedibilità, inoltre, ha formato oggetto di motivazione assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici in entrambe le sentenze di merito, le cui motivazioni ovviamente si integrano per l’uniformità della decisione.

In particolare, per quanto riguarda le deduzioni, peraltro, esclusivamente fattuali, con le quali il ricorrente contesta la collocazione temporale dei primi episodi di abuso sessuale, la sentenza di primo grado ha evidenziato che l’appartamento In cui abitava una persona anziana, cieca, successivamente deceduta, era ubicato al primo piano dello stesso stabile in cui viveva la famiglia C.. La D.L. inoltre non ha mai affermato che l’imputato vi abitasse o dormisse all’epoca dei fatti, ma che entrambi frequentavano il soggiorno di detto appartamento, fermandosi a parlare prevalentemente di temi religiosi.

Anche sul punto dell’affidamento della minore all’imputato per le ragioni puntualmente precisate in imputazione le sentenze di merito risultano adeguatamente motivate, ed, in particolare, hanno valorizzato la circostanza che il C. firmò la scheda ospedaliere in occasione del ricovero della minore quale congiunto della stessa, che ne aveva la responsabilità. La valutazione di merito inferita da tale elemento di fatto non può essere ovviamente contestata dinanzi a questa Corte sulla base di generiche deduzioni di segno diverso.

Anche in ordine all’affidamento della minore è appena il caso di osservare in punto di diritto che lo stesso prescinde da un atto formale di affidamento da parte dei genitori della vittima al reo (sez. 3, 13/10/2011 n. 2835 del 2012, RV 251890) e può avere anche natura temporanea o occasionale (sez. 3, 26/01/2010 n. 14661, RV 246755).

3. Il primo motivo di ricorso è al limite dell’ammissibilità, risolvendosi prevalentemente in deduzioni fattuali con le quali si contesta l’attendibilità della persona offesa.

Le sentenze di merito sono esaustivamente motivate in ordine alla credibilità della D.L. ed alla ininfluenza delle patologie sofferte da quest’ultima all’epoca dei fatti sulla capacità di intendere e di ricordare le vicende oggetto del processo mediante il puntuale riferimento alle risultanze dei pareri espressi dai consulenti tecnici esaminati in dibattimento; risultanze che vengono contestate dal ricorrente mediante rilievi del tutto generici. E’ stato dato ampiamente conto del percorso evolutivo che ha indotto la D.L. a denunziare i fatti a distanza di molti anni dagli accadimenti, e, peraltro, la denunzia era stata preceduta da pregressi svelamenti nei confronti dei più stretti congiunti. Sono stati analiticamente ricostruiti gli episodi criminosi per rilevarne la piena compatibilità con il contesto ambientale in cui si sono verificati. Sono stati, infine, indicati puntuali elementi di riscontro alle accuse costituiti dalle dichiarazioni della sorella della persona offesa, dell’attuale marito e, soprattutto, dalle implicite ammissioni dei fatti da parte dell’imputato, nel corso del colloquio registrato dalla D.L., considerate dai giudici di merito come una vera e propria confessione.

Tale elemento di riscontro viene peraltro ignorato nei motivi di ricorso ed è appena il caso di ricordare, anche se non ha formato oggetto di contestazione, la sua piena utlllzzabilltà come mezzo di prova (sez. un. 28/05/2003 n. 36747, RV 255446; sez. 1, 10/12/2009 n. 6297 del 2010, RV 246106).

Quanto alla censura di ordine metodologico la stessa è infondata.

Le critiche a valutazioni di tipo cosiddetto atomistico devono riferirsi all’esame del materiale probatorio, che deve essere valutato nel suo complesso, mentre la disamina di rilievi difensivi di carattere valutativo in ordine alla attendibilità o rilevanza della singola fonte di prova correttamente va effettuata in modo analitico per confutarne la idoneità ad inficiare l’attendibilità o rilevanza delle risultanze oggetto di contestazione.

4. Sono, infine, infondate le censure in ordine alla sussistenza delle aggravanti di cui al terzo e quarto motivo di ricorso.

La sentenza è esaustivamente motivata in ordine all’esistenza degli elementi fattuali che le integrano e la motivazione sul punto non può essere contestata in sede di legittimità sulla base di una diversa prospettazione valutativa.

Con riferimento Inoltre alle aggravanti del rapporto di coabitazione, di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 11), e dell’approfittamento di circostanze tali da ostacolare la privata difesa, di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 5), il ricorrente non tiene conto della natura della contestazione, avente ad oggetto anche la fattispecie d cui all’art. 609 bis c.p., di cui è stata ritenuta la sussistenza dai giudici di merito, con la conseguente irrilevanza delle argomentazioni circa un preteso assorbimento dell’aggravante nell’ipotesi criminosa di cui all’art. 609 quater c.p., che peraltro deve essere escluso.

5. Rileva, però, la Corte che alla data odierna i fatti commessi fino al (OMISSIS) risultano prescritti ai sensi degli art. 157 e 160 c.p., nella formulazione attualmente vigente, più favorevole per l’imputato, tenendosi anche conto della sospensione del decorso del termine per effetto del rinvio del dibattimento disposto in appello all’udienza del 15/03/2012 per un periodo di 28 giorni.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio limitatamente all’affermazione di colpevolezza per tali fatti e va eliminata la pena inflitta a titolo di continuazione per gli stessi, che si determina in mesi tre di reclusione.

Il ricorso va rigettato nel resto, emergendo dalla sentenza di primo grado la commissione di ulteriori abusi sessuali nel periodo successivo a detta data.

Stante la soccombenza nei confronti della parte civile, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla stessa nel presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati commessi fino al (OMISSIS) perchè estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi tre di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del grado in favore della parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2013

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