Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-01-2013) 27-02-2013, n. 9284

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 03/08/2012, il Tribunale di Bari confermava l’ordinanza con la quale, in data 09/07/2012, il giudice per le indagini preliminari del tribunale della medesima città aveva applicato a C.G.A. la misura della custodia cautelare in carcere relativamente ai reati di cui ai capi A (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74) ed N (art. 73 D.P.R. cit. per avere detenuto quattro Kg di cocaina).

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:

2.1. violazione dell’art. 74 cit. D.P.R.: sostiene il ricorrente che l’accusa si fonda solo sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia A..

Infatti, dalla intercettazioni trascritte non emergeva alcun elemento rilevatore della consapevolezza dell’indagato circa l’attività criminosa svolta dall’ A.: invero, esso ricorrente non aveva autorizzato costui ad accedere alla masseria dove era stata rinvenuta la droga.

Il ricorrente, poi, sostiene che non erano emersi elementi dai quali evincere un contributo causale orientato al rafforzamento del vincolo sociale.;

2.2. violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. per avere il tribunale ritenuto l’attualità del pericolo di reiterazione dei reati, non tenendo, però, conto che i fatti risalgono al (OMISSIS), sicchè non vi era alcun pericolo nè di reiterazione, nè di inquinamento probatorio nè di fuga.

Motivi della decisione

1. violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74: il Tribunale, confermando l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, ha ritenuto che il ricorrente "assicurava stabilmente all’associazione la disponibilità della sua abitazione (la masseria di famiglia) per occultare i grossi carichi di stupefacente importati dall’estero in attesa dello smistamento sulle varie piazze di spaccio".

La suddetta conclusione è stata motivata con un amplissimo richiamo ad un compendio probatorio univoco, concludente ed individualizzante nei confronti del ricorrente (intercettazioni telefoniche;

rinvenimento nella masseria di famiglia del ricorrente di oltre Kg 5 di cocaina; dichiarazioni dell’ A..

Il tribunale si è fatto anche carico della doglianza secondo la quale il ricorrente non aveva la consapevolezza di far parte di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, ma, con amplissima motivazione, ha confutato la suddetta tesi difensiva (cfr pag. 9-10).

In questa sede, il ricorrente ha nuovamente contestato la sua partecipazione all’associazione.

Al che deve replicarsi che la censura è meramente reiterativa di quella già dedotta davanti al tribunale ma da questo confutata in modo del tutto logico, congruo ed aderente non solo agli elementi fattuali ma anche alla consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità: il che rende la doglianza manifestamente infondata e, quindi, inammissibile dovendosi ritenerla un modo surrettizio di introdurre in sede di legittimità una nuova ed alternativa questione di merito.

2. violazione dell’art. 274 cod. proc. pen.: il tribunale ha osservato che il tempo trascorso non era dirimente al fine di escludere il pericolo di recidiva, sia alla luce dell’estrema gravità dei fatti sia alla stregua della negativa personalità dell’indagato desumibile dalla sua condotta.

La motivazione è coerente e logica rispetto agli evidenziati elementi fattuali, sicchè – vertendosi nell’ambito di una valutazione prognostica di stretto merito ed essendo congruamente motivata – la doglianza dedotta dal ricorrente va rigettata con conseguente condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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