Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 21-02-2013, n. 8553

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Con sentenza del 3.10.2011, emessa negli atti preliminari al dibattimento, il Tribunale di Brescia assolveva l’imputato U.R. M. dal reato di reingresso illegale nel territorio nazionale previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1992, art. 13, comma 13 bis (capo A), sul rilievo che "l’accertato contrasto della normativa interna rispetto alla Direttiva Europea in materia, comporta la disapplicazione dell’atto amministrativo con conseguente insussistenza del fatto"; a norma dell’art. 444 cod. proc. pen. applicava su richiesta delle parti la pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione in relazione al reato di cui al capo B (false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale sulla propria identità).

Avverso la sentenza il Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia propone ricorso per violazione di legge, limitatamente alla pronunzia assolutoria intervenuta per il capo A, per il seguente motivo: la Direttiva Europea n. 115 del 2008 riguarda unicamente le disposizioni del D.Lgs. n. 286 del 1998 attinenti alla disciplina del rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio nazionale sia irregolare, e non incide sul D.Lgs. n. 286 del 1992, art. 13 che disciplina il caso diametralmente opposto del reingresso nel territorio dello Stato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

L’art. 11, par. 2, della Direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che ha acquisito diretta efficacia nell’ordinamento nazionale a partire dal 25 dicembre 2010 per mancato adeguamento dell’ordinamento interno alla Direttiva la quale prevede che il divieto di reingresso "non supera di norma di 5 anni", comporta che il reingresso illegale nel territorio dello Stato del soggetto già espulso che abbia a verificarsi oltre il termine di cinque anni dall’avvenuta espulsione non è più previsto come reato, mentre permane la rilevanza penale del reingresso illegale compiuto prima della decorrenza del termine di cinque anni (in tal senso Sez. 1, n. 14276 del 12/04/2012, P.G. in proc. Khemiri, Rv. 252235; Sez. 1, n. 12220 del 13/03/2012, Sanchez Sanchez, Rv. 252214).

Alle medesime conclusioni si perviene a seguito della modifica del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 14 introdotte con il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, art. 13, comma 14 convertito nella L. n. 129 del 201, che, conformandosi alla citata Direttiva, ha stabilito che il divieto di reingresso non può avere durata superiore ad anni cinque, in tal modo introducendo una modificazione del precetto penale in senso più favorevole all’imputato avente efficacia retroattiva a norma dell’art. 2 c.p., comma 3.

Poichè dalle date riportate nel capo di imputazione risulta che il reingresso illegale è avvenuto il (OMISSIS) ed i decreti di espulsione sono stati emessi in data 28.7.2004 e 2.8.2005, la sentenza deve essere annullata con rinvio al Tribunale perchè effettui l’accertamento di merito di propria competenza attenendosi alla regola interpretativa della permanente rilevanza penale della condotta di ingresso illegale compiuta entro e non oltre il termine di cinque anni data di esecuzione dell’espulsione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo A) e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Brescia per il giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2013

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