Cass. civ. Sez. V, Ord., 20-07-2012, n. 12633 Detrazioni Rimborso Soggetti passivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che è stata depositata la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

"1. – L’agenzia delle entrate ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio che ha confermato la decisione di primo grado con la quale era stato accolto un ricorso della Regional Compagnie A. E. S.A. avverso un provvedimento di diniego di rimborso dell’Iva, assolta sugli acquisti effettuati nel territorio dello Stato nel secondo semestre dell’anno 2000.

Il rimborso era stato negato perchè la richiedente, in quanto titolare di partita Iva, era da ritenere munita di stabile organizzazione in Italia.

Tale assunto era stato contestato dalla società sul rilievo che l’attribuzione di partita Iva era stata conseguente alla nomina di un rappresentante minore o "leggero" ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 44, comma 3, conv. in L. n. 427 del 1993.

Ciò stante, la commissione regionale ha motivato sostenendo che l’ufficio non aveva provato i fatti costitutivi della pretesa, e cioè che la società avesse in Italia una stabile organizzazione, non essendo al riguardo sufficiente la titolarità di partita Iva e la presenza di un rappresentante fiscale leggero.

2. – Contro tale statuizione, l’agenzia articola un motivo di ricorso, col quale denunzia – formulando il prescritto quesito di diritto – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17, 35 e 38 ter, nonchè del D.L. n. 331 del 1993, art. 44, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’intimata resiste con controricorso.

3. – il motivo, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, enuncia chiaramente la contrapposta tesi rispetto all’assunto dell’impugnata sentenza, così evidenziandone l’errore di diritto.

Esso appare manifestamente fondato.

4. – Il punto centrale della controversia attiene all’onere della prova della esistenza delle condizioni per fruire del rimborso, essendo la ratio dell’impugnata sentenza incentrata sull’affermazione che "l’ufficio non ha provato che la società abbia in Italia una stabile organizzazione, non essendo la partita Iva e la presenza di un rappresentante fiscale leggero sufficienti a determinare la stabile organizzazione di un’impresa".

Simile lapidaria affermazione è errata in diritto, in rapporto al principio, pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, che dall’attribuzione della partita Iva a un soggetto che ne abbia fatto richiesta deriva, per ragioni di ordine logico-giuridico, la presunzione della esistenza di stabile organizzazione.

Ancorchè non trattandosi di presunzione di ordine assoluto – sicchè non è precluso, a colui che agisca per il rimborso a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 ter, (che prevede il diritto dei soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Comunità Europea al rimborso dell’imposta nel caso in cui essi siano privi di stabile organizzazione in Italia e di rappresentante nominato ai sensi del precedente art. 17, comma 2), di offrire la dimostrazione della mancanza in concreto di quegli elementi di ordine personale e materiale, che contrassegnano la nozione di stabile organizzazione (cfr. per tutte Cass. n. 7703/2005) – è tuttavia di solare evidenza che, rispetto alla detta presunzione, nessun onere probatorio aggiuntivo incombe sull’amministrazione.

Nè può dirsi centrata l’avversa evocazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 44, comma 3. Giacchè il rappresentante fiscale ivi considerato, ove siano state eseguite operazioni imponìbili – come nelle specie pare pacifico in conseguenza della avvenuta presentazione di una richiesta di rimborso dell’Iva – non si differenzia dal rappresentante fiscale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17; la nomina del quale, peraltro, nulla toglie al fatto di doversi previamente stabilire, con superamento al riguardo della presunzione relativa contraria derivante dalla titolarità di partita Iva, la mancanza di stabile organizzazione del soggetto richiedente nel territorio nazionale. Due sono invero le condizioni dettate in tema di Iva dall’art. 38 ter ai fini del diritto dei soggetti domiciliati e residenti negli Stati membri della Ce al rimborso dell’imposta: che essi siano privi (i) di stabile organizzazione in Italia e (ii) di rappresentante nominato ai sensi del precedente art. 17, comma 2 (v. Cass. n. 6310/2008).

5. – In conclusione, dovendosi ritenere non precluso, al richiedente che agisca per il rimborso ai sensi dell’art. 38 ter cit., di offrire la dimostrazione avendone interesse e quindi sussistendo a suo carico il relativo onere processuale – della mancanza in concreto di quegli elementi di ordine personale e materiale che contrassegnano la nozione di stabile organizzazione, come già chiarito da questa Corte (ex plurimis Cass. n. 17373/2002, n. 10925/2002 e n. 7689/2002;

nonchè Cass. n. 3570/2003 e n. 6799/2004), sembra doversi proporre l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza, con relativa decisione di merito.

Difatti in nessun modo risulta – alla stregua delle risultanze di causa così come evincibili dalla motivazione della sentenza d’appello – che siano stati allegati dalla società ulteriori elementi a dimostrazione della insussistenza del profilo considerato ostativo dalla norma; l’accertamento dei quali – invero contraddetto dall’assodata nomina di un rappresentante fiscale associata all’effettuazione di operazioni imponibili identifica l’elemento costitutivo del diritto al rimborso vantato dalla società.

6. – in ultimo appare doversi osservare che del tutto errata si palesa l’eccezione di inammissibilità consegnata, dall’intimata, alla considerazione che sarebbe stata in tal guisa alterata la ragione di diniego del rimborso. Dalla sentenza risulta che tale ragione venne giustappunto correlata alla mancanza di stabile organizzazione, che è il profilo in relazione al quale è stata giustamente evidenziata, dalla ricorrente, la carenza della statuizione di merito";

che l’intimata ha depositato una memoria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3, a mezzo della quale ha dedotto che il regolamento del consiglio della UE, n. 282/2011, esclude, nell’art. 11, comma 3, che il numero identificativo ai fini dell’Iva sia "di per sè sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione";

– che l’affermazione non rileva ai fini specifici, nel senso che, al pari delle residue considerazioni svolte in memoria, non incide su quanto nella relazione evidenziato;

che difatti il regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, recante diposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE sul sistema comune dell’Iva, contiene, nel citato art. 11, previsioni intese a fissare il concetto di stabile organizzazione ai fini dell’applicazione dell’art. 44 della direttiva (e degli articoli seguenti del regolamento stesso),- vale a dire ai fini della determinazione del luogo di stabilimento quanto alle operazioni imponibili nel quadro del generale principio di territorialità; ma nulla aggiunge con riguardo al profilo della ripartizione dell’onere della prova nei giudizi attinenti al rimborso d’imposta; nulla toglie, in particolare, al fatto di doversi comunque ritenere onerata, la società domiciliata e residente negli Stati membri della Ce che insta ai fini del rimborso dell’Iva secondo il regime nazionale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 ter, (nel testo in vigore pro tempore) per acquisti effettuati nel territorio dello Stato, di fornire la prova – nei termini dalla relazione evidenziati – della esistenza delle condizioni per l’insorgenza del diritto al rimborso;

– che, al riguardo, il collegio condivide le conclusioni di cui alla relazione suddetta, in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte sul tema (cfr., ancora da ultimo, Cass. n. 9166/2011);

– che la causa può essere decisa nel merito, stante la non necessità di ulteriori accertamenti in punto di fatto;

risulta invero implicito, nell’insistito rilievo in ordine alla difforme ripartizione dell’onere della prova inter partes, che la società – fermi i suesposti elementi indiziar di segno contrario – non ha in alcun modo supportato l’affermazione di inesistenza di una stabile organizzazione in Italia;

– che dunque, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, va rigettato il ricorso introduttivo avvero il diniego di rimborso;

– che le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione avverso il diniego di rimborso;

condanna l’intimata alle spese processuali, che liquida in Euro 1.000,00, di cui Euro 600,00 per onorari, quanto a ciascuno dei gradi merito, e in Euro 1.200,00, oltre le spese prenotate a debito, quanto al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, su relazione del Cons. Dott. Terrusi (est.), il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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