Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 21-02-2013, n. 8547

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Svolgimento del processo
Con ordinanza del 16.3.2012 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta del difensore di C.F. di dichiarare non esecutiva la sentenza emessa il 24.3.2010 dal Giudice monocratico del medesimo Tribunale, irrevocabile il 8.6.2010, di condanna alla pena di anni 6 di reclusione; secondo il richiedente la sentenza doveva ritenersi inesistente perchè nel processo di cognizione il condannato era assistito da soggetto successivamente risultato non iscritto all’albo degli avvocati; subordinatamente richiedeva la remissione nel termine per l’impugnazione.
Il giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta ritenendo l’insussistenza della fattispecie giuridica della sentenza inesistente e la tardività dell’istanza subordinata di restituzione nel termine per l’impugnazione.
Avverso l’ordinanza il difensore ricorre per i seguenti motivi: 1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale poichè il giudice ha equiparato la situazione di un soggetto assistito da un difensore radiato dall’albo a quella del ricorrente assistito da un difensore mai iscritto all’albo degli avvocati;2) arbitraria interpretazione dell’intervenuta decadenza dalla facoltà di richiedere la restituzione nel termine: il ricorrente ha presentato denuncia per esercizio arbitrario della professione forense contro la persona che lo aveva illegittimamente assistito in ragione dei sospetti che gli erano stati manifestati dal nuovo difensore, confermati solo a seguito delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
1. La condizione dell’imputato che nel dibattimento è stato assistito da soggetto successivamente risultato privo dell’abilitazione dello Stato per l’esercizio della professione forense è equiparabile alla condizione dell’imputato che nel dibattimento non è stato assistito da alcun difensore, espressamente prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. quale ipotesi di nullità assoluta ed insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, ma non più rilevabile dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Il richiamo alla categoria dell’atto inesistente è privo di fondamento, sia perchè l’ipotesi della mancanza del difensore tecnico nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza è espressamente collocata dal codice di rito tra le ipotesi di nullità (assoluta ed insanabile), sia perchè la categoria della inesistenza, di matrice giurisprudenziale, è riferita a vizi talmente gravi dell’atto che ne impediscono l’identificazione quale atto processuale riconoscibile all’esterno come tale, e perciò inidoneo a produrre un qualsiasi effetto (Sez. 6, n. 3683 del 04/01/2000, P.g. in proc. Ri. G e altro, Rv. 215844). A titolo esemplificativo, si è ritenuta l’inesistenza in caso di sentenza emessa da un soggetto estraneo all’ordinamento giuridico (Sez. 6, n. 11386 del 27/09/1994, C., Rv. 199375), di sentenza emessa nei confronti di persona deceduta, (Sez. 6, n. 10199 del 09/03/2010, P.G. in proc. I., Rv. 246541), di sentenza pronunciata contro un minore non imputabile perchè infraquattordicenne (Sez. 1, n. 5998 del 04/02/2009, B., Rv. 243363), ipotesi tutte assolutamente eterogenee rispetto alla fattispecie della sentenza pronunciata nei confronti di imputato privo di difesa tecnica.
L’accertata presenza dell’imputato, nella condizione di detenuto agli arresti domiciliari, in tutto il corso del processo e del dibattimento, risultante dal verbale di udienza del 10.2.2012 e dalla sentenza emessa a suo carico dal Tribunale di Napoli, attesta che egli ha comunque usufruito della possibilità di difendersi personalmente, in conformità al disposto dell’art. 6 CEDU il quale prevede che alla persona accusata sia assicurato, alternativamente, il diritto di difendersi personalmente ovvero a mezzo di un proprio difensore di fiducia.
2. La tardività dell’istanza di restituzione nel termine è stata ritenuta con argomentazione priva di vizi logici, attesa la correttezza del riferimento alla data del 17.6.2011 di presentazione della denuncia per abusivo esercizio della professione contro V. P., sedicente avvocato, con allegazione dell’ attestazione di inesistenza dell’iscrizione all’albo degli avvocati, a dimostrazione che il ricorrente sin dalla data di presentazione della denuncia era consapevole di essere stato difeso da soggetto privo del titolo di abilitazione all’esercizio della professione forense.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen. il ricorrente C. F. deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2013

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