Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 21-02-2013, n. 8546 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 6 aprile 2012 il Tribunale di Palermo, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava istanza proposta da S.R. per il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva tra i reati indicati nell’istanza stessa, ritenendo ostativa la già avvenuta unificazione per continuazione tra loro di parte di detti reati, disposta con ordinanza del Tribunale di Palermo del 3 giugno 2011, cosa che comporterebbe la necessità di sciogliere il cumulo giuridico disposto e di rideterminare la violazione più grave sulla quale applicare i vari aumenti per i reati satellite con conseguenze sfavorevoli per il condannato, ottenendo questi una pena superiore a quella risultante dal cumulo materiale delle sanzioni detentive inflittegli con l’ordinanza precedente e di quella comminatagli con la sentenza di applicazione pena a richiesta delle parti, emessa dal Tribunale di Termini Imerese del 30 aprile 2010, irrevocabile il 28 giugno 2010.

2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione lo S. a mezzo del suo difensore, il quale si duole di violazione di legge in relazione alle disposizioni di cui all’art. 81 cpv. cod. pen. ed all’art. 671 cod. proc. pen. e relativo vizio di motivazione in quanto:

a) nessuna norma giuridica impedisce di effettuare in caso di applicazione della continuazione in sede esecutiva la rideterminazione di una pena stabilita da ordinanza precedente e da sentenza, nè impone lo scioglimento del cumulo richiamato con l’ordinanza richiamata;

b) anche volendo operare lo scioglimento del cumulo giuridico in precedenza operato, una volta individuata la violazione più grave, non sarebbe comprensibile per quale ragione il risultato ottenibile dall’unificazione per continuazione di tutti i reati per i quali era intervenuta condanna dovesse necessariamente comportare un esito sfavorevole per il condannato, dal momento che la determinazione dei singoli aumenti di pena era oggetto di valutazioni discrezionali del giudicante;

c) l’ordinanza impugnata, limitatasi a respingere l’istanza con argomentazioni generiche ed illogiche, aveva del tutto omesso di considerare gli indici fattuali rivelatori della riconducibilità di tutti i reati all’esecuzione del medesimo disegno criminoso, costituiti dalla prossimità temporale di commissione, esauritasi nell’arco di tre mesi, dall’identità di fattispecie criminose e dall’identità delle modalità esecutive dei singoli episodi commessi in danno di giovani donne, all’interno dei vani ascensore degli edifici cui esse si erano trovate, con minaccia a mano armata e sottrazione di denaro e telefono cellulare e compimento di atti sessuali in loro danno.

3. Con requisitoria scritta del 13 luglio 2012 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Francesco Mauro Iacoviello, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, condividendo i motivi di ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e va dunque accolto.

1. Il provvedimento impugnato risolve negativamente l’istanza dello S. sulla scorta di un principio di diritto erroneo e contrario alla "ratio" dell’istituto della continuazione ed in assenza di un adeguato apparato giustificativo.

1.1 Va premesso che lo S. con ordinanza resa dal Tribunale di Palermo in data 3 maggio 2011 ha già ottenuto il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva tra i reati giudicati con sei distinte sentenze tra quelle e la rideterminazione della pena complessiva in anni nove, mesi sei di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa; egli ha quindi reiterato la proposizione di analogo incidente di esecuzione per unificare a detti reati anche quello giudicato con la sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 30 aprile 2010, irrevocabile il 28 giugno 2010, per il quale ha ottenuto l’applicazione della pena di anno uno, mesi sei di reclusione. Resta dunque inteso che il cumulo materiale delle sanzioni detentive, derivanti dai predetti titoli giudiziali, ammonta ad anni undici di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa.

1.2 Ciò posto, il Tribunale, premesso che grava sull’istante l’onere di allegare specifici elementi dimostrativi dei presupposti pretesi dall’ordinamento per l’applicazione della continuazione, onere assolto secondo quanto è dato comprendere dalla sua ordinanza, ha da un lato rilevato come le condanne riportate riguardassero "una nutrita serie di rapine a mano armata, consumate ai danni di vittime sempre di sesso femminile, colte nell’atto di fare rientro a casa, rapine quasi sempre accompagnate da palpeggiamenti e toccamenti qualificati come violenza sessuale ex art. 609 c.p.", dall’altro ha negato la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio, incorrendo nel vizio di mancanza o apparenza di motivazione, inteso non già in senso grafico ed assoluto quale totale carenza di giustificazione del provvedimento dotato di solo dispositivo, quanto quale assente esposizione delle ragioni della decisione, nonostante la deduzione da parte del condannato di precisi elementi fattuali connotanti le singole fattispecie criminose. Pur avendo rilevato alcuni elementi comuni tra le singole violazioni ripetutesi nel tempo e pur consapevole che la richiesta dell’interessato aveva già trovato parziale accoglimento per la maggior parte degli episodi, il Tribunale ha poi omesso di spiegare perchè le emergenze dei casi giudiziari non fossero significative dell’esistenza a monte di un medesimo disegno criminoso e perchè quello ulteriore giudicato con la sentenza del Tribunale di Termini Imerese fosse svincolato dagli altri, statuizione in astratto lecita e possibile nell’ambito dei margini di valutazione appartenenti alla cognizione del giudice dell’esecuzione, ma richiedente un adeguato intervento illustrativo e giustificativo (Cass. sez. 1 n. 6587 del 10.12.1996, rv. 206403, Pancione; sez. 1, n. 19987 del 29.04.2010, rv. 247593, Oussaifi).

2. Anche in punto di diritto il provvedimento impugnato non resiste alle censure che le sono state mosse. Il diniego di applicazione della continuazione non può trovare adeguato fondamento nella ritenuta necessità di sciogliere il cumulo giuridico, derivante da precedente ordinanza emessa in sede esecutiva con unificazione per continuazione di alcuni dei reati giudicati, e di applicare per ciascuna violazione una pena superiore a quella determinata con tale decisione e comunque eccedente il risultato del cumulo materiale di tutte le sanzioni inflitte. Al contrario, la soluzione del caso non può prescindere dal preliminare apprezzamento dei presupposti per l’applicazione della continuazione, che, se riconosciuta, deve comportare degli effetti favorevoli per il richiedente in conformità alla finalità perseguite dall’istituto, diretto a mitigare il rigore delle conseguenze sanzionatone delle condotte illecite in ossequio al principio del "favor rei", secondo il quale l’ordinamento considera meritevole di un trattamento meno severo colui che commetta una pluralità di reati con la stessa o con più azioni, frutto di una deliberazione iniziale di unico programma criminoso, quindi di un diverso atteggiamento psicologico del soggetto agente rispetto a chi abbia agito con deliberazioni autonome, maturate in tempi successivi per effetto di impulsi estemporanei ed indifferenti a precedenti condanne.

Inoltre, le norme di riferimento, quando all’imputato non sia contestata la recidiva a norma dell’art. 99 c.p., comma 4, verifica che avrebbe dovuto essere condotta dal Tribunale, non limitano la libertà discrezionale del giudice anche in sede esecutiva di stabilire la misura dell’aumento di pena da applicare su quella inflitta per la violazione ritenuta più grave, potendo spaziare da un giorno solo di reclusione o arresto sino al limite massimo della materiale sommatoria di tutte le singole pene riportate.

Per le considerazioni svolte l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo, che dovrà attenersi ai principi generali sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunal Palermo.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2013

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