Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 21-02-2013, n. 8544

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Con ordinanza del 11.1.2012 il Tribunale di sorveglianza di Torino rigettava l’opposizione proposta da E.S.O. contro il decreto di espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, adottato dal Magistrato di sorveglianza a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 5.

Avverso l’ordinanza il difensore ricorre per vizio della motivazione:

1) il Tribunale di Sorveglianza ha erroneamente ritenuto che il ricorrente non avesse dimostrato la cittadinanza italiana della sorella E.S.S., risultante dalla documentazione allegata al presente ricorso (dichiarazione sostitutiva del certificato di cittadinanza italiana e fotocopia della carta d’identità della sorella del ricorrente); 2) con riguardo al rapporto di convivenza con la sorella, afferma che il certificato di stato di famiglia non comprende il ricorrente in quanto cittadino extracomunitario presente irregolarmente nel territorio dello Stato.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

La documentazione allegata al ricorso (dichiarazione sostitutiva del certificato di cittadinanza e fotocopia della carta di identità di E.S.S.), non prodotta nel giudizio di merito, non può essere esaminata dal giudice di legittimità.

Come ritenuto dal Tribunale di sorveglianza ed ammesso dallo stesso ricorrente, non è stata documentata la sussistenza del rapporto di convivenza con la sorella di nazionalità italiana, quale ipotizzata causa ostativa alla esecuzione dell’espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, u.c. e art. 19, comma 2, lett. c).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. il ricorrente E.S. O. deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, sussistendo il presupposto soggettivo, al versamento della somma di Euro mille a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2013

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