Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 20-02-2013, n. 8069

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – All’odierno ricorrente è stata applicata la misura degli arresti domiciliari per violazione dell’art. 609 bis c.p..

Le condotte incriminate sarebbero consistite in toccamenti della persona offesa, una ragazzina di 16 anni che si era recata presso una villetta (dove era stata indirizzata da un conoscente, Se.

E.) per la realizzazione di foto asseritamente destinate al reclutamento di vallette e veline (l’indagato, presentatosi sotto il diverso nome di N., sosteneva di essere "responsabile del settore casting di Mediaset"). Nelle varie circostanze, la ragazza era stata ritratta in pose discinte, anche nude con invito a compiere gesti ammiccanti ed, in una occasione, l’indagato l’aveva accarezzata provocando la reazione della vittima. In altra circostanza, ella era stata accompagnata dal conoscente, Se.Em., ed era stata ritratta con lui in pose anche nude, al fine di effettuare le quali l’indagato aveva invitato la ragazza ad avvicinarsi al membro del Se..

Il provvedimento coercitivo applicato dal G.i.p. è stato impugnato davanti al Tribunale per il Riesame che, però, ha confermato.

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, l’indagato ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo vizio di motivazione (art. 606 c.p.p., lett. e)) con riferimento alle esigenze.

Si contesta, in primo luogo, che – come sostiene il Tribunale – siano state necessarie "laboriose indagini" per identificare la vera persona che si era presentata come N.. Si osserva, poi, che i fatti sono del (OMISSIS) e, quindi, abbastanza risalenti nel tempo mentre il Tribunale ha semplicemente asserito che "non sono remoti" ma ha ignorato che, successivamente l’indagato ha condotto una vita regolare tanto che svolge l’attività di autotrasportatore e che rischia di perdere il lavoro per il perdurare della presente misura cautelare.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

3. Motivi della decisione – Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

Innanzitutto, si deve rimarcare che le questioni fatte dal ricorrente non evidenziano alcuno dei vizi in base ai quali la motivazione del giudice di merito può essere censurabile in cassazione. In particolare, non si ravvisa nè mancanza di motivazione nè sua manifesta illogicità.

Ciò è tanto vero che gli argomenti qui svolti si risolvono solo nella espressione di un implicito dissenso sostanziale alla opzione interpretativa del bagaglio indiziario, adottata di Tribunale, ovvero addirittura nella prospettazione di considerazioni di fatto che dovrebbero, nelle aspettative del ricorrente, indurre questi giudici a conclusioni diverse.

Tale impostazione è, però, errata perchè, una volta che il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile del proprio punto di vista, al giudice di legittimità non è consentito andare oltre il controllo della chiave interpretativa essendo preclusa "la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova" (ex multis Sez. 1, 27.9.07, Formis, Rv. 237863; Sez. 2 11.1.07, Messina, Rv. 235716).

Più nello specifico, si osserva che l’ordinanza impugnata risulta congruamente motivata anche in punto di esigenze cautelari ed è scevra da vizi logici.

L’apprezzamento circa la non "vetustà" dei fatti, in quanto risalenti al (OMISSIS), non è, infatti, censurabile perchè, obiettivamente, il lasso di tempo trascorso dall’epoca della loro commissione non è particolarmente lungo sì da potersi dire che si tratti di "fatti vecchi" (come vorrebbe il ricorrente).

Peraltro, non è certo questo nè l’unico nè il più significativo dei motivi per i quali i giudici di merito hanno disatteso il gravame loro proposto.

Il Tribunale ha, infatti, sottolineato come le modalità del fatto (caratterizzate dall’uso di una falsa identità) siano indicative di una callidità che connota peculiarmente la gravita della condotta e, di conseguenza, anche la pericolosità del soggetto che, peraltro, è "gravato da un fatto analogo".

Il Tribunale per il Riesame ha,infine, anche replicato puntualmente all’indagato che la questione (analoga alla presente) di avere egli, successivamente, intrapreso un’attività di autotrasportatore non incide in alcun modo sulla permanenza del pericolo che egli reiteri condotte analoghe a quelle oggetto del presente procedimento.

Alla presente – inevitabile – declaratoria di inammissibilità, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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