T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 17-01-2011, n. 62

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
La vicenda per la quale è processo riguarda una società, denominata G. S.r.l., della quale l’odierno ricorrente è stato a suo tempo amministratore e legale rappresentante (v. doc. 7 ricorrente, copia visura CCIAA, p. 2). Tale società, in forza di autorizzazione gratuita rilasciata dal Comune di XXX con atto 23 giugno 1988 n°2325, aveva eseguito su un immobile di proprietà sito alla via Cairoli di quel Comune un intervento di modifiche interne e risanamento (doc. 2 ricorrente, copia autorizzazione); in corso d’opera, ravvisando un imprevisto pericolo statico, aveva ritenuto di dover procedere a lavori di maggior rilievo, consistenti nella demolizione e rifacimento dei solai, e per tale variante aveva chiesto il debito provvedimento di assenso, rilasciato nella forma di una concessione con atto 11 marzo 1991 n°3604 (doc. 3 ricorrente, copia missiva del Comune che prende atto del pericolo e invita a richiedere la variante; doc. 4 ricorrente, copia concessione citata), nella quale si afferma: " con le nuove opere, l’intervento assume caratteri totalmente innovativi, da configurarsi come intervento per il quale necessita la concessione onerosa" (doc. 4 ricorrente, cit.).
Nei confronti della G., la quale non aveva invece pagato l’importo dei contributi di concessione ritenendolo non dovuto, il Comune emetteva quindi il 25 agosto 1998 ingiunzione di pagamento per la somma di 158.466.834 complessive vecchie lire, resa esecutiva dal Pretore il successivo 16 settembre secondo le norme allora vigenti, e di tale ingiunzione tentava infruttuosamente la notifica dapprima il 25 settembre 1998 nell’asserita sede sociale di XXX, via XX settembre 22/a, con esito di "omessa notifica perché la sede si trova in via Orzinuovi 16/h, come da informazioni in loco"; poi il 28 ottobre 1998, nella citata sede di via Orzinuovi, con esito di "trovato chiuso"; infine, effettuava la notifica stessa con plico spedito il 19 febbraio 1999 "al sig. R.A. in qualità di amministratore unico" nella residenza di questi, alla via Panoramica 37/a in Botticino (doc. 1 ricorrente, copia ingiunzione con le varie relate di notifica).
Avverso l’ingiunzione in parola si è opposto in questa sede A.R., con ricorso notificato il 19 aprile 1999 e articolato in quattro censure, corrispondenti ai due motivi che seguono:
– con il primo di essi, corrispondente alla censura senza numero a p. 3 dell’atto, deduce la nullità dell’ingiunzione in quanto emessa e notificata nei confronti di un soggetto inesistente. Afferma in fatto che già nel 1997, con atto 17 dicembre 1997 rep. n°603 racc. n°261 Notaro Barca di XXX, la G. era stata fusa per incorporazione in altra società, certa Textile Service S.r.l. e in proposito precisa come da un lato il progetto di fusione fosse stato regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale senza ricevere opposizioni, dall’altro come in seguito all’atto di fusione stesso la G. fosse stata cancellata dal registro delle imprese (doc. 8 ricorrente, copia atto notarile; alle pp. 5 quinto rigo e 6 sesto rigo è menzione delle adempiute formalità pubblicitarie del progetto di fusione; doc. 7 ricorrente, cit. p. 3, ove si dà atto della cancellazione dal registro in data 24 dicembre 1997). Da ciò deduce in diritto che già alla data di emissione dell’ingiunzione, ovvero al 25 agosto 1998 di cui sopra, la G. più non esisteva, con effetto di nullità dell’ingiunzione stessa;
– con il secondo motivo, corrispondente alle residue tre censure, deduce comunque violazione di legge, perché a suo dire il Comune avrebbe determinato i contributi richiesti senza motivare il calcolo relativo, e trascurando di considerare attraverso un’opportuna istruttoria che le opere cui essi si riferiscono, ovvero la sostituzione dei solai pericolanti con altri in laterocemento, erano tali da non aumentare il carico urbanistico del bene.
Con memoria 19 ottobre 2010, il ricorrente ha ribadito le proprie tesi.
Ha resistito il Comune, con memoria 19 maggio 1999 e atto di costituzione con nuovo difensore 5 novembre 2010, e ha chiesto che il ricorso sia respinto; in ordine al primo motivo, ha affermato che a suo dire ogni nullità sarebbe sanata dalla costituzione del ricorrente, in quanto egli riveste anche la qualità di presidente dell’incorporante Textile Service (doc. 9 ricorrente, copia certificato CCIAA), che ogni contestazione in ordine alla debenza dei contributi si sarebbe dovuta far valere impugnando la citata concessione 11 marzo 1991 e non nella sede presente, e che comunque i contributi richiesti erano dovuti, riferendosi ad un recupero abitativo del sottotetto (doc. ti 13 Comune, copie concessioni relative).
Accolta l’istanza cautelare con ordinanza 21 maggio 1999 n°338, all’udienza del giorno 2 dicembre 2010, la Sezione ha trattenuto la causa in decisione, essendo stato dichiarato ai sensi dell’art. 82 comma 2 c.p.a. che il relativo interesse persiste.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso, portato a sostegno della domanda di annullamento dell’ingiunzione opposta, è fondato. All’epoca dei fatti per cui è causa, la fusione per incorporazione di una società di capitali in un’altra era disciplinata dal testo allora vigente degli artt. 2501- 2504 sexies c.c., e in particolare per quanto qui rileva dagli artt. 2503, 2504 bis e 2504 sexies. Secondo la prima delle norme citate, il progetto di fusione andava pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, e dalla pubblicazione decorreva un periodo di due mesi entro il quale i creditori potevano fare opposizione; a norma poi dell’art. 2504 bis comma primo "la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte"; infine, come previsto dall’art. 2504 sexies la pubblicazione dell’atto sul registro delle imprese produceva gli "effetti previsti dall’articolo 2457ter", ovvero rendeva l’atto stesso opponibile ai terzi. E’ appena il caso di ricordare quanto esposto in narrativa, ovvero che nel caso di specie la procedura è stata correttamente seguita, perché il progetto di fusione ha avuto la debita pubblicità senza opposizioni, e l’atto pubblico con cui la fusione è stata perfezionata è stato regolarmente iscritto nel registro delle imprese di cui si è detto.
2. Ciò posto, già all’epoca in cui il ricorso per cui è causa fu proposto la giurisprudenza aveva interpretato le norme descritte, e segnatamente l’art. 2504 bis, nel senso che la fusione per incorporazione facesse estinguere come soggetto giuridico la società incorporata, e producesse il subentro dell’incorporante in tutti i rapporti giuridici che alla prima facessero capo. In altri termini, si era allora ritenuto che la fusione di società realizzasse "una successione universale corrispondente alla successione universale mortis causa" e che per conseguenza "ogni atto di natura sostanziale o processuale" dovesse "essere diretto nei confronti del nuovo ente… unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti definitivamente estinti per effetto della fusione": così Cass. civ. sez. I 22 settembre 1997 n°9349, citata anche dal ricorrente.
3. Per quanto qui interessa, si era ritenuta allora illegittima l’ingiunzione emessa nei confronti della società incorporata dopo l’estinzione di essa, come ritenuto sempre dalla citata Cass. 9349/1997, e non regolare la notifica di essa eseguita nella sede della società estinta, in quanto avvenuta "in un luogo… che non ha alcuna rilevanza dopo la incorporazione": così Cass. civ. sez. I 14 gennaio 1997 n°290 pure citata dal ricorrente, e la stessa conclusione va secondo logica adottata in casi come il presente, di notifica in un luogo, la residenza dell’asserito legale rappresentante dell’incorporata stessa, che allo stesso modo non ha più tale rilevanza dopo l’incorporazione e il venir meno con essa della citata carica.
4. Tale irregolarità non può poi ritenersi sanata, come vorrebbe il Comune, per il solo fatto che A.R. rivesta la qualità di legale rappresentante della incorporante, che nei rapporti giuridici della G. è subentrata. Infatti, come è evidente a semplice lettura del suo ricorso, egli ha agito nella presente sede come persona fisica, e non risulta in alcun modo aver voluto impegnare la volontà dell’incorporante, che quindi rimane del tutto estranea al presente giudizio.
5. Il riferito indirizzo, va detto per completezza, è stato ripreso e approfondito, giungendosi in tal modo a conclusioni identiche, anche dopo la modifica del testo del citato art. 2504 bis comma primo c.c., che nel testo ora vigente dispone: "la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione". In base a tale nuovo testo, introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003 n°6, e quindi all’evidenza non applicabile in via diretta al caso di specie in quanto successivo, non si dubita che ora l’effetto di estinzione dell’incorporata non si verifichi più: attualmente la fusione, anche operata per incorporazione, "attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti… risolvendosi in una vicenda meramente evolutivomodificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo": così espressamente Cass. civ. S.U. 14 settembre 2010 n°19509.
6. Il riportato nuovo testo dell’art. 2504 bis comma primo c.c. aveva però portato taluni interpreti a mettere in discussione la precedente lettura della norma sostituita: secondo alcuni, in sintesi, la nuova norma avrebbe infatti avuto carattere interpretativo, sì che la valenza estintiva della società fusa per incorporazione si sarebbe dovuta escludere già in base alla norma previgente. Il dubbio si è manifestato soltanto a livello dottrinale, perché la giurisprudenza di Cassazione è sempre stata ferma nel senso riferito dell’effetto estintivo; è stato però comunque chiarito dalla citata S.U. 19509/2010.
7. Secondo tale sentenza, allora, il nuovo testo dell’art. 2504 bis comma primo c.c. è effettivamente innovativo, e quindi in base al testo previgente, quello applicabile alla fattispecie per cui è causa, la fusione per incorporazione produceva "l’estinzione automatica della società incorporata", come si desumeva in particolare dall’espresso riferimento normativo alle "società estinte" per effetto della fusione. Ne riesce, in conclusione, confermata l’interpretazione proposta dal ricorrente, e pertanto l’ingiunzione va annullata. Non si tratta infatti, contrariamente a quanto il ricorrente asserisce, di dichiararne una nullità, che come tale si dovrebbe poter far valere in ogni tempo, in quanto in base ai principi un’ingiunzione illegittima, ove non opposta, diviene inoppugnabile.
8. Il secondo motivo di ricorso, secondo logica, è proposto con una duplice valenza: da un lato, esso prospetta una ulteriore ragione di annullamento dell’ingiunzione; dall’altro sostiene la distinta domanda, proposta come in epigrafe, di accertamento negativo della pretesa che con l’ingiunzione si è fatta valere. In tal senso, esso risulta peraltro inammissibile per carenza di interesse sotto entrambi i profili, e ciò porta a dichiarare parimenti inammissibile la domanda di accertamento in parola.
9. In proposito, è evidente che la domanda giudiziale rappresentata dall’ingiunzione, anche se formalmente rivolta solo contro la G., può dirsi proposta anche nei confronti di A.R., per il solo fatto che l’ingiunzione stessa è stata notificata alla sua persona, se pure a un titolo che si è dimostrato inesistente. A.R. stesso è quindi per ciò solo portatore dell’interesse, esplicitato nel primo motivo, a far dichiarare l’inesistenza in parola, ovvero, in altre parole, a far dichiarare che nel presente processo è stato chiamato per errore. Non è invece in alcun modo interessato, né ai fini di un annullamento dell’ingiunzione né ai fini di un accertamento negativo, a far valere l’eventuale inesistenza della pretesa che nella domanda è contenuta, dato che la stessa si pone nei confronti di altro soggetto, appunto la Textile Service, incorporante la G..
10. La particolarità della questione decisa, sulla quale come si è visto vi è stata anche una pronuncia delle Sezioni Unite, è giusto motivo per compensare le spese.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
a) accoglie la domanda di annullamento e per l’effetto annulla ai sensi di cui in motivazione l’ingiunzione emessa dal Comune di XXX contro la G. S.r.l. il 25 agosto 1998 e resa esecutiva dal Pretore di XXX il 19 settembre 1998;
b) dichiara inammissibile la domanda di accertamento dell’insussistenza del diritto del Comune di XXX ad imporre il pagamento degli oneri di urbanizzazione di cui all’indicata ingiunzione;
c) compensa per intero fra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in XXX nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Tenca, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario, Estensore
Mara Bertagnolli, Primo Referendario

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