Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-07-2012, n. 12812 Espropriazione forzata presso terzi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
1.1. Il concessionario per la provincia di Frosinone del servizio Riscossione tributi promosse, con atto notificato il 17.6.04, pignoramento presso terzi nei confronti del suo debitore XXXdella Provincia di Frosinone (per il recupero del credito di Euro 1.698.020,05) e del terzo debitore Xxx, ma all’udienza di comparizione, resa da quest’ultimo positiva dichiarazione, il debitore propose dinanzi al giudice dell’esecuzione opposizione: per vizi formali dell’atto di pignoramento; per la precedente notifica di altro pignoramento presso terzi; per l’impignorabilità delle somme in dipendenza della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 85 – quanto ai proventi da canoni di locazione e da alienazioni di alloggi di edilizia residenziale e pubblica – o per la destinazione agli interventi di edilizia sovvenzionata; per l’avvenuta contestazione, dinanzi alle commissioni tributarie, di alcuni dei crediti azionati;
per la non spettanza degli importi chiesti per compensi di riscossione coattiva e spese della procedura esecutiva.
1.2. Il creditore si dolse, in rito, della mancata notifica dell’atto introduttivo della stessa anche al terzo pignorato, ma pure dell’inosservanza della scansione delle udienze e dei termini previsti dagli artt. 180 e 183 cod. proc. civ.; dedusse la qualificabilità come opposizione agli atti esecutivi della doglianza sull’impignorabilità dei fondi "CER", con conseguente sua tardività; contestò, poi, che potesse ricavarsi la dedotta impignorabilità ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 85;
rimarcò che il suo credito era di gran lunga superiore ai crediti dichiarati dal terzo, con conseguente irrilevanza delle contestazioni sul quantum.
1.3. Con sentenza n. 542 del 19.7.06 il tribunale -senza esaminare le eccezioni di nullità e di carenza di contraddittorio – accolse l’opposizione, ritenendo impignorabili le somme dello XXXo XXXgiacenti presso il suo tesoriere; e, per la cassazione di tale sentenza, notificata il 18.11.06, ricorre ora il successore dell’originario concessionario, la Frosinone Riscossione spa, senza che la sola intimata XXXdi Frosinone svolga attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
2. La ricorrente sviluppa quattro motivi:
2.1. con un primo motivo – indicato con "a)" a pag. 11 e rubricato "violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 617 c.p.c., in quanto l’opposizione avversa avente ad oggetto l’impignorabilità delle somme deve essere qualificata come di opposizione agli atti esecutivi ed è stata proposta oltre il termine perentorio di cinque giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, onde il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile" – essa formula il seguente finale quesito: "previa qualificazione dell’opposizione avversa come di opposizione agli atti esecutivi, nella parte in cui concerne la dedotta impignorabilità delle somme depositate presso il tesoriere, dichiari la Corte adita l’inammissibilità dell’opposizione come sopra qualificata – per decorso del termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c., e quindi la nullità della sentenza impugnata";
2.2. con un secondo motivo – indicato con "b)" a pag. 12 e rubricato "violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in relazione agli art. 618, 180 e 183 c.p.c. ed art. 24 Cost., in quanto l’opposizione è stata depositata direttamente all’udienza di dichiarazione del terzo ed il G.E. non ha disposto la notificazione dell’opposizione al procedente, la fissazione dell’udienza ex art. 180 c.p.c. e non ha concesso il termine di giorni venti prima dell’udienza ex art. 183 c.p.c. per proporre le eccezioni processuali o di merito non rilevabili di ufficio" – essa formula il seguente quesito: "dichiari la Corte adita la nullità della sentenza impugnata, con necessità di rimessione al giudice di primo grado, per violazione del disposto degli artt. 180 e 618 c.p.c. e art. 24 Cost., per avere il giudice omesso di posticipare l’udienza dinanzi a sè per la comparizione delle parti a seguito della proposta opposizione presentata in udienza, per dar modo al creditore procedente di poter esaminare e replicare all’avverse censure e per aver, all’esito dell’univa udienza fissata per la dichiarazione del terzo e nel corso della quale è stata proposta l’opposizione, fissato per il giudizio di merito direttamente l’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., non previamente fissando l’udienza ex art. 180 c.p.c. e non concedendo termine al convenuto di venti giorni prima dell’udienza per proporre le eccezioni processuali o di merito non rilevabili di ufficio";
2.3. con un terzo motivo – indicato con "a)" a pag. 15 e rubricato "violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 in relazione all’art. 102 c.p.c., in quanto non è stato chiamato a partecipare al giudizio il terzo pignorato, Xxx spa, parte necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi ex adverso promosso" – essa formula il seguente quesito: "dichiari la Corte adita che il terzo pignorato è qualificabile come litisconsorte necessario ex art. 102 c.p.c., in caso di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi avverso il procedimento esecutivo presso terzi, come asserito dalla ricorrente, e che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo pignorato determina la nullità della sentenza emessa con necessario rinvio del giudizio al primo giudice ex art. 382 c.p.c., u.c.";
2.4. con un quarto motivo – indicato con "b)" a pag. 17 e rubricato "violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alla errata interpretazione delle norme sulla impignorabilità delle somme assegnate all’XXX(L. n. 662 del 1996, art. 2, punto 85 ed art. 828 c.c.) e sull’onere probatorio e carenza di motivazione sul fatto decisivo della controversia costituito dall’aver ritenuto, senza alcuna deduzione logico-giuridica, che le somme dichiarate dal terzo Xxx (Euro 202.947,53) rientrino nel patrimonio indisponibile dell’ente, a norma dell’art. 828 c.p.c., comma 2 e art. 830 c.c., comma 1 sussistendo disposizione di legge o provvedimento amministrativo di destinazione a servizio pubblico" essa formula il seguente quesito:
"dichiari la Corte la pignorabilità, nei rapporti con l’A.t.e.r.
(già I.A.C.P.) dei conti corrente ordinario senza alcun vincolo di destinazione e dichiari quindi che il conto corrente che ne occupa, dichiarato dal terzo con saldo creditore di Euro 202.947,53 è stato legittimamente gravato da pignoramento. Riformi la sentenza impugnata sul punto con declaratoria di infondatezza dell’opposizione agli atti esecutivi. Dichiari l’assoluta carenza di motivazione sul punto decisivo della sentenza impugnata, giacchè, dall’esame della pignorabilità del conto corrente doveva conseguire la conclusione della inesistenza di vincoli di impignorabilità riguardo le somme in precedenza menzionate così come doveva rigettarsi l’avversa opposizione in parte qua".
3. Va premesso che alla fattispecie si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ.:
3.1. tale norma è stata introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e resta applicabile – in virtù del comma secondo dell’art. 27 del medesimo decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58, comma quinto, di quest’ultima (con ultra-attività ritenuta conforme a Costituzione, tra le altre, da Cass., ord. 14 novembre 2011, n. 23800);
3.2. i criteri elaborati per la valutazione della rilevanza dei quesiti vanno applicati anche dopo la formale abrogazione, nonostante i motivi che l’avrebbero determinata, attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultra-attività alla norma (per tutte, v.
espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194);
3.3. quanto ai quesiti previsti dal primo comma di tale norma, in linea generale:
– essi non devono risolversi nè in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420), nè in un’enunciazione tautologica, priva di qualunque indicazione sulla questione di diritto oggetto della controversia (Cass. Sez. Un., 8 maggio 2008, n. 11210);
– in altri termini (tra le molte e per limitarsi alle più recenti, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. ) 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704), essi devono compendiare (e tanto che la carenza di uno solo di tali elementi comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass. 30 settembre 2008, n. 24339): a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;
b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie;
3.4. quanto poi al capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ., va rilevato che per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione – con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso – di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680) il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002; da ultimo, v. Cass., ord. n. 27680 del 2009); tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002).
4. In applicazione di tali criteri ai quesiti formulati nella fattispecie:
4.1. il quesito a corredo del primo motivo non è articolato sulla prospettazione della peculiarità del caso concreto e della regula iuris malamente applicata dal giudice del merito, ma, a ben vedere, pecca pure di genericità nella descrizione della fattispecie astratta invocata, con un troppo vago riferimento alla "impignorabilità"; e tanto, senza considerare che, impregiudicata la questione della sussunzione dell’opposizione entro il paradigma dell’art. 615 o dell’art. 617 cod. proc. civ. (prima facie risolubile – secondo la giurisprudenza ormai consolidata, tra cui, per tutte, v.
Cass. 23 agosto 2011, n. 17524 – però nel primo senso), perfino la qualificazione della domanda come opposizione agli atti esecutivi non comporterebbe la violazione del relativo termine, visto che solo dopo la dichiarazione del terzo poteva sorgere per il debitore la giuridica possibilità di dolersi dell’impignorabilità, sicchè l’opposizione, presentata alla stessa udienza della dichiarazione, sarebbe manifestamente tempestiva;
4.2. il secondo motivo è inammissibile per difetto di formulazione e, comunque, infondato: nel ricorso non sono trascritti testualmente i verbali di udienza coi relativi provvedimenti del giudice in merito allo sviluppo del giudizio di opposizione, solo dandosi un cenno riassuntivo di questi; e, comunque, il mancato rispetto della scansione temporale degli artt. 180 e 183 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis, potrebbe rilevare soltanto se in concreto fosse stato leso un preciso diritto della parte, la quale avrebbe avuto anche l’onere di indicare le attività processuali che ad essa sarebbero risultate conculcate dalla violazione (argum. ex Cass. 9 aprile 2008, n. 9169 e Cass. 19 agosto 2011, n. 17436), sulla base del principio generale per il quale, non apprestando l’ordinamento alcuna tutela all’interesse alla mera regolarità formale del processo, l’interesse a denunciare la violazione di una norma processuale in tanto sussiste in quanto ciò abbia comportato un pregiudizio alla sfera giuridica della parte (Cass. 13 luglio 2007, n. 15678; Cass. 9 marzo 2012, n. 3712), la quale è pertanto tenuta ad allegare e dimostrare quali attività avrebbe svolto, che tanto aveva sottoposto invano al giudice del merito e quali i danni sarebbero derivati dalla mancata osservanza delle norme sulla regolarità formale;
4.3. il terzo motivo, anche a voler superare i gravi dubbi sulla conformità del quesito ai rigorosi requisiti riassunti sopra al punto 3.3, è comunque infondato: il terzo pignorato non è parte necessaria nel giudizio di opposizione all’esecuzione o in quello di opposizione agli atti esecutivi tutte le volte che non sia interessato alle vicende processuali relative alla legittimità e alla validità del pignoramento, dalle quali dipende la liberazione dal relativo vincolo, potendo assumere, invece, a tale qualità solo quando abbia un interesse all’accertamento dell’estinzione del suo debito per non essere costretto a pagare di nuovo al creditore del suo debitore (giurisprudenza ormai consolidata; in tal senso, tra le ultime, v. Cass. 19 maggio 2009, n. 11585, ripresa da Cass. 30 novembre 2011, n. 25567); ed è chiaro che, vertendo oramai il processo esclusivamente sull’impignorabilità dei crediti, alla sorte della relativa controversia il terzo stesso non ha alcun immediato interesse, una volta che nessuna ordinanza di assegnazione è stata pronunziata ai suoi danni;
4.4. è infine inammissibile il quarto mezzo di ricorso, articolato congiuntamente sui motivi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5 (Cass., ord. 11 aprile 2008, n. 9470; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394), senza la formulazione separata tanto del quesito di diritto per la violazione di legge quanto del momento di sintesi (Cass., Sez. Un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre 2011, n. 27649); e, comunque, ove si potesse dare rilievo al solo vizio di violazione di legge, il quesito non contiene gli elementi di cui al precedente punto 3.3 – ed in particolare non prospettando una regola generale ed astratta ma non apodittica, nè dando conto della peculiarità del caso concreto – ed anzi in modo inammissibile sollecita la soluzione del caso concreto, senza indicare neppure la nozione di conto "ordinario" e di "vincolo di destinazione"; e tanto a prescindere dal riscontro della mancanza, nel tenore testuale del ricorso per cassazione, di tutti gli elementi necessari per verificare l’esatto contenuto della dichiarazione del terzo.
5. In definitiva, inammissibili o infondati tutti i motivi, il ricorso va rigettato; ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avere svolto l’intimata alcuna attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *