T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 17-01-2011, n. 86

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Svolgimento del processo
La ricorrente, proprietaria di un’area nel Comune di XXX, ha ricevuto in data 17 marzo 2007 la notifica del decreto di esproprio del fondo contraddistinto al mapp. 475 del fg. 49 e la comunicazione di immissione in possesso, fissata per il 30.5.2007.
Il provvedimento espropriativo è stato assunto per dare attuazione ad un Piano di lottizzazione d’ufficio (di seguito PLU), comprendente anche l’area della ricorrente, adottato e approvato con delibere consiliari nn. 27/2004 e 48/2004.
Avverso gli atti impugnati con il ricorso principale, la ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) violazione dell’art 23 comma 1 lett. b) DPR 237/2001 in relazione agli artt. 8 e 10: il decreto è stato disposto in assenza di un vincolo preordinato all’esproprio; mentre nell’atto viene richiamato il vincolo discendente dal PLU;
2) incompetenza e violazione di legge per erronea applicazione dell’art 6 commi 5 e 7 DPR 327/2001: il decreto è firmato dal Geometra Responsabile di servizio e dell’ufficio per le espropriazioni e on dal Dirigente Responsabile dell’ufficio;
3) violazione di legge per mancata e erronea applicazione dell’art 21 DPR 327/2001, non l’Amministrazione attivato la procedura del collegio arbitrale per la determinazione dell’indennità di esproprio.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.
Il Comune sollevava l’eccezione di inammissibilità per mancata notifica ai controinteressati.
Interveniva ad opponendum la XXXXXX, cooperativa costituita per acquistare i terreni edificabili del PL e costruire fabbricati da destinare ad attività artigianali, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 766 del 23 maggio 2007 la domanda cautelare veniva respinta, rilevando la carenza di fumus.
Il procedimento proseguiva poi con il provvedimento di determinazione della indennità espropriativa della Commissione Provinciale Espropri, che quantificava il valore venale al mq in Euro 220,00, applicato alla superficie di mq 2.740, per un totale di Euro 602.800,00.
Il Comune non si opponeva alla stima, ma non provvedeva al deposito della differenza tra l’importo liquidato dalla CPE e quello determinato in via provvisoria nel 2006.
Con delibera n. 14 del 23 marzo 2009 il Consiglio Comunale stabiliva di "assimilare" il PLU per insediamenti produttivi e artigianali ad un Piano per gli insediamenti produttivi, anche ai fini e agli effetti di cui all’art 36 del DPR 327/2001" e "dare mandato agli uffici di procedere, a seguito della stipula della convenzione urbanistica e di intesa con le proprietà lottizzanti alla predisposizione degli elaborati volti alla ricomposizione fondiaria e alla redistribuzione delle aree interne al PLU ".
Questa delibera è stata impugnata con motivi aggiunti depositati in data 4 giugno 2009, per i seguenti profili di illegittimità:
1) violazione del principio di legalità e di del divieto di irretroattività degli atti; eccesso di potere per travisamento dei presupposti; sviamento; falsa applicazione art 27 L. 865/71; art 28 L. 1150/1942; violazione del principio di partecipazione alla formazione dei piani; violazione del principio di tipicità e nominatività degli atti atti; violazione art 77 D. lvo 267/2000: lo scopo della delibera è di qualificare il PLU come un PIP, riducendo così l’indennità di esproprio.
In tal modo l’Amministrazione dà una qualifica retroattiva al Piano di lottizzazione, che non è stato approvato originariamente come PIP.
Inoltre non si sarebbero astenuti alcuni consiglieri comunali, soci della Cooperativa.
In subordine, nel caso detta delibera venga considerata legittima e quindi il PLU sia da considerare fin ab origine, un PIP, parte ricorrente impugna le delibere di adozione e approvazione del PLU (cioè le delibere nn. 14 e 27/2004), chiedendo la rimessione in termini per errore scusabile, per i seguenti motivi:
2) violazione di legge (art 3 L. 241/90) ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, non essendo stata effettuata alcuna valutazione sulla necessità del piano e del suo dimensionamento;
3) violazione dell’art 88 del trattato CEE e del Regolamento di attuazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione;
4) violazione dell’art 77 c. 2 del D. lvo 267/2000, in quanto alcuni consiglieri, membri della Cooperativa, non si sono astenuti.
Anche rispetto ai motivi aggiunti si costituivano l’Amministrazione intimata e la controinteressata, quest’ultima sollevando una serie di eccezioni di inammissibilità degli stessi.
L’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 844 del 2 luglio 2007, per assenza del periculum.
In vista dell’udienza di merito le parti depositavano memorie a sostegno delle reciproche posizioni.
Nella pubblica udienza del 17 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1) La ricorrente impugna con il ricorso principale gli atti del procedimento espropriativo finalizzato ad attuare un Piano di Lottizzazione d’ufficio in zona D1 del PRG a destinazione produttiva.
Oggetto dei motivi aggiunti è invece la delibera con cui il Consiglio Comunale ha qualificato il PLU come PIP.
2) Rispetto al ricorso principale si può prescindere dall’esame delle eccezioni sollevate della difese, in quanto il ricorso è infondato.
2.1 Nel primo motivo del ricorso principale parte ricorrente lamenta la violazione di legge, perché il decreto di esproprio sarebbe stato disposto in assenza del vincolo preordinato all’esproprio. Infatti nel decreto si richiama la delibera consiliare n. 48 del 29.9.2004, di approvazione del PLU, ma in tale atto non sarebbe stata dichiarata la volontà di costituire il vincolo preordinato all’esproprio.
La censura non ha pregio.
La difesa del Comune ha ricostruito con precisione il complesso iter procedimentale, che si è concluso con l’approvazione del PLU.
In una prima fase, nel 2000, l’Amministrazione Comunale ha invitato i proprietari delle aree inserite nella zona territoriale D1, ad assumere l’iniziativa per l’approvazione di un PL; non avendo avuto alcun riscontro alla proposta, ha ritenuto di avviare il procedimento d’ufficio, con delibera n. 102 del 27.4.2004, per l’approvazione di un Piano esecutivo di iniziativa pubblica.
Il piano veniva poi adottato con la delibera n. 27 del 1.6.2004 e approvato con delibera n. 48 del 29.9.2004. In quest’ultima delibera le opere sono state dichiarate di pubblica utilità ai sensi dell’art 12 comma 1 lett. a) del DPR 327/2001.
Secondo la difesa comunale il vincolo preordinato all’esproprio è stato apposto attraverso un procedimento a formazione progressiva: infatti dopo la dichiarazione di pubblica utilità delle opere, l’Amministrazione invitava i proprietari alla sottoscrizione della convenzione. A fronte della mancata adesione, con atto del 22.10.2005 prot. 22658, veniva data la comunicazione di avvio del procedimento espropriativo.
Quindi il vincolo sarebbe sorto attraverso l’approvazione definitiva del PLU e la mancata adesione al medesimo nei termini fissati.
Ad avviso del Collegio la tesi è condivisibile: in base alla disciplina generale contenuta nella L.U. (in particolare negli artt. 15 e 28) dopo la approvazione del piano di lottizzazione i privati hanno 30 giorni per esprimere il loro consenso o il loro dissenso. Nel caso di dissenso immotivato o di silenzio, l’Amministrazione procede alla realizzazione delle opere mediante piano attuativo di iniziativa pubblica con imposizione del vincolo espropriativo.
Tali fasi sono state rispettate da parte dell’Amministrazione che, ha approvato il piano con delibera n. 48 del 29.9.2004, richiesto le adesioni e quindi ha proceduto d’ufficio.
2.2 Anche la seconda censura, relativa all’incompetenza del firmatario del provvedimento è infondata.
Il funzionario che ha sottoscritto gli atti è infatti individuato quale Responsabile dell’Ufficio per le espropriazioni con delibera n. 210 del 5.8.2003, in conformità a quanto previsto dall’art 6 comma 2 del DPR 327/2001.
2.3 Con la terza censura parte ricorrente lamenta che il Comune con decreto del 10.11.2006 ha determinato l’indennità di esproprio, senza tuttavia comunicare ai soggetti espropriati la possibilità di avvalersi nei successivi 20 giorni del procedimento arbitrale, come previsto dall’art 211 del DPR 327/2001.
Il motivo non è fondato, in quanto nel decreto stesso, oltre a ricordare la possibilità di convenire la cessione volontaria degli immobili, si evidenziava anche che in caso di non adesione i proprietari potevano nominare un tecnico di fiducia, per la costituzione ai sensi dell’art 21.3 del collegio tecnico per la rideterminazione dell’indennità.
Nessun vizio pertanto si ravvede nel procedimento di determinazione dell’indennità, dal momento che il Comune ha l’obbligo di provvedere in ordine all’istanza di attivazione del procedimento di cui all’art. 21, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 solo a fronte di una espressa istanza.
Nel caso di specie nessuna istanza in tal senso risulta presentata.
3) Con i motivi aggiunti è invece stata impugnata la delibera di assimilazione del PLU ad un PIP.
Il ricorso per motivi aggiunti è fondato e merita accoglimento.
3.1 Vanno preliminarmente respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ai consiglieri comunali e per carenza di interesse.
La ricorrente contesta la illegittima partecipazione alle votazioni di alcuni consiglieri comunale, per asseriti interessi privati dello stesso e quindi il ricorso dovrebbe essere notificato a questi quali controinteressati, perché volto a contestare l’esercizio del munus pubblico.
Nel caso di specie tuttavia ciò potrebbe valere solo per un motivo del ricorso; ma poiché, come si vedrà, il ricorso è fondato per altri motivi, l’eccezione non ha rilevanza.
Quanto alla carenza di interesse, la circostanza che la differente qualificazione del Piano incide, come dimostrato dalla ricorrente, sulla determinazione dell’indennità di esproprio, prova l’interesse al ricorso.
3.2 Nel merito la delibera è illegittima, nella parte in cui "assimila" il PLU al PIP.
Infatti l’Amministrazione ha sostanzialmente operato una qualificazione di un procedimento tipico, quale il Piano di lottizzazione d’ufficio, già concluso, ad un altro, il PIP, previsto e disciplinato da una normativa diversa.
Al di là delle finalità di detta scelta, il Comune fin dall’inizio ha avviato un procedimento di lottizzazione, dapprima ad iniziativa privata, poi d’ufficio; mentre con la delibera de qua ha voluto dare una veste diversa a tutto il procedimento, assimilandolo ad un PIP.
Stante l’evidente differenza dei due procedimenti, tale equiparazione è illegittima, in quanto si pone in evidente violazione dei principi di legalità e di tipicità degli atti amministrativi.
Il PIP ha come noto una disciplina autonoma anche per il procedimento di formazione, come previsto dall’art 27 L. 865/71.
Quindi è fondato il primo motivo di ricorso, laddove si lamenta la violazione del principio di legalità e di retroattività degli atti amministrativi.
4) Per tali ragioni, il ricorso principale va respinto, mentre devono essere accolti i motivi aggiunti, con conseguente annullamento della delibera del Consiglio Comunale di XXX n. 14/2009.
Le spese possono essere compensate interamente tra le parti, stante la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso principale e accoglie i motivi aggiunti e per l’effetto annulla la delibera del Consiglio Comunale di XXX n. 14/2009.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere
Silvana Bini, Primo Referendario, Estensore

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