Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-07-2012, n. 12805

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 10 luglio 2007, in riforma della pronuncia emessa dal Giudice di pace della medesima città, rigettava la domanda avanzata da F.G. nei confronti del Comune di Rende per il risarcimento dei danni conseguenti alla caduta provocata da una buca, a suo dire non segnalata, presente sul manto stradale.

Osservava in proposito il giudice d’appello che dall’espletata istruttoria era emerso che la buca, di grandi dimensioni, era ben visibile in quanto collocata al centro di un tratto rettilineo di strada, che l’incidente era avvenuto a mezzogiorno e che i testimoni escussi non avevano visto il F. cadere a causa della buca, essendo tutti intervenuti in un secondo momento, quando la caduta si era già verificata.

Avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso il F., con atto affidato ad un solo articolato motivo.

Resiste il Comune di Rende con controricorso.

Il F. ha presentato memoria.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5), per avere il Tribunale di Cosenza erroneamente valutato il materiale probatorio esistente. Rileva il F., richiamando alcune pronunce di questa Corte, che la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo, sicchè il danneggiato è tenuto soltanto a dimostrare l’evento dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno stesso. Nella specie, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare che la buca in questione aveva i caratteri tipici dell’insidia e che il F. aveva percorso il tratto di strada in questione tenendo una guida corretta, sicchè la sua caduta dal motociclo non poteva che essere dovuta alla presenza della buca non segnalata.

Il motivo è accompagnato dal seguente quesito di diritto:

"Dica la Corte di cassazione se possa dirsi insussistente la responsabilità dell’ente comunale per i danni occorsi agli utenti della strada e originatisi da un bene in custodia nell’ipotesi in cui il danneggiato comprovi l’esistenza del nesso eziologico tra il fatto e l’evento lesivo e la P.A. ometta di provare di aver adempiuto agli obblighi di manutenzione e segnalazione gravanti in capo alla stessa ovvero ometta di dimostrare l’esistenza del caso fortuito o di un evento imprevedibile".

2. Rileva il Collegio che il presente ricorso si colloca, ratione temporis, nel periodo di vigenza dell’art. 366-bis cod. proc. civ., il quale imponeva che ciascun motivo di ricorso fosse concluso dalla formulazione di un quesito di diritto e che, in relazione alla censura di vizio di motivazione, venisse fornita chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale si assumeva che la motivazione fosse mancante, insufficiente o contraddittoria.

Alla stregua dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza di questa Corte, il motivo di ricorso è inammissibile per inidoneità del quesito. Pur trattandosi, infatti, di ricorso per vizio di motivazione, il quesito non individua in alcun modo il fatto controverso sul quale la motivazione si presenta omessa o comunque insufficiente; a conclusione delle proprie argomentazioni il ricorrente pone, invece, un quesito che, oltre ad essere "in diritto" – e, perciò, inadatto al tipo di motivo di ricorso – è anche generico, in quanto privo di ogni riferimento alla fattispecie.

Oltre a ciò, il ricorso è inammissibile anche in quanto privo del requisito di cui all’art. 366 cod. proc. civ., n. 6: il F., infatti, pur rilevando che il giudice di merito avrebbe dovuto, "alla luce delle dichiarazioni testimoniali e delle fotografie prodotte in atti (…), riconoscere l’esistenza del nesso eziologico tra l’evento rovinoso e la presenza della buca sul manto stradale", si limita a riportare solo il contenuto di una deposizione, il cui contenuto non smentisce la tesi della sentenza di secondo grado secondo la quale nessuno dei testi ha realmente visto il F. cadere a causa della buca esistente sul manto stradale.

L’intero procedere delle argomentazioni contenute nel ricorso, del resto, si risolve in una serie di enunciazioni di principi giurisprudenziali in tema di responsabilità per cose in custodia che non contengono alcun concreto elemento in grado di superare le logiche argomentazioni dell’impugnata sentenza e che tendono, piuttosto, a sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito della vicenda.

3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi 800,00 Euro, di cui 200,00 Euro per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2012

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