Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-07-2012, n. 12790 Annullabilità del contratto

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Svolgimento del processo
p 1. T.F. ha proposto ricorso per cassazione contro M.M. e B.G., la s.p.a. Banca XXX(già Istituto Bancario XXXdi Torino s.p.a.) e la s.p.a.
XXX n.n. di XXX XXX s.p.a. avverso la sentenza del 25 gennaio 2010, con la quale la Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato estinto il giudizio pendente in grado di appello fra le parti, avente ad oggetto:
a) l’appello principale introdotto dal M. e dalla B. avverso la sentenza n. 145 del 2001, con cui il Tribunale di Arezzo aveva dichiarato a favore di esso ricorrente l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. della costituzione di un fondo patrimoniale stipulato fra il M. e la B. limitatamente ai diritti vantati dal M. sulla quota di 4/7 della proprietà di un immobile, nonchè, a favore dell’Istituto Bancario XXXdi Torino, (intervenuto volontariamente nel giudizio ed associatosi alla domanda di revocatoria del T.) l’inefficacia dello stesso atto costitutivo del fondo patrimoniale riguardo a detto immobile ed ad un altro;
b) l’appello incidentale del T. avverso il rigetto della sua domanda di declaratoria di inefficacia nei suoi confronti dell’atto per quest’altro immobile.
Nel giudizio si costituiva quale interveniente la s.p.a.
XXX, adducendo di essere procuratrice della XXX XXX s.p.a., acquirente in blocco, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, dei crediti da essa a sua volta acquistati ai sensi della stessa norma dal San Paolo, fra i quali era compreso quello legittimante alla revocatoria.
Si costituiva pure il XXXImi s.p.a. (già Istituto Bancario XXXdi Torino s.p.a. ed ora banca XXXs.p.a., che confermava la cessione all’XXX.
p. 1.1. Con ordinanza del 27 novembre 2003 la Corte d’Appello disponeva la sospensione del giudizio, in attesa della decisione delle due controversie pendenti fra ciascuno dei due creditori ed il M. e la B., riguardo all’accertamento dei rispettivi crediti legittimanti alle esercitate azioni revocatorie.
T.F. riassumeva il giudizio con ricorso depositato l’11 febbraio 2009.
Si costituivano il M. e la B., che eccepivano l’estinzione per la tardività della riassunzione, mentre le altre parti rimanevano contumaci.
p. 1.2. Con la sentenza impugnata la Corte fiorentina ha dichiarata l’estinzione del giudizio, osservando:
a) che era pacifico e lo aveva allegato lo stesso T. che nel giudizio pregiudicante fra lui ed i M. – B. si era formata la cosa giudicata in data 4 maggio 2006, per effetto della conferma da parte di questa Corte della sentenza d’appello e che la conoscenza legale di detto evento e, quindi, il decorso del termine per la riassunzione, si era avuta sempre nel maggio del 2006, per effetto della comunicazione della pubblicazione della sentenza di questa Corte;
b) che nell’altro giudizio, cui il T. era estraneo, la cosa giudicata si era formata in data 14 maggio 2005, per effetto del decorso del c.d. termine lungo dalla pronuncia della sentenza di appello;
c) che, fermo che, in ragione della mancanza di qualità di parte in quel giudizio, il T. non poteva avere avuto legale conoscenza di quel passaggio in giudicato, poichè la conoscenza della condizione di quel processo era rimessa …. alla diligenza di T.F., …. egli una volta informato dell’avvenuta conclusione del procedimento di cui era parte, doveva tempestivamente prendere notizia, o con un accesso alla Cancelleria della Corte, per avere notizia del passaggio in giudicato o meno della sentenza pubblicata; o con una richiesta di cortesia a uno dei legali delle controparti – come poi in effetti ha fatto per avere conoscenza della circostanza, dello stato dell’altro procedimento al fine di dare luogo alla tempestiva riassunzione del processo sospeso;
d) che, essendo la sentenza accessibile a tutti dopo la sua pubblicazione, il T. non poteva sostenere che di non avere avuto diritto alle informazioni di cancelleria e che, comunque, il T., essendo stato il giudizio sospeso anche per la pregiudizialità di quello di cui non era parte, avrebbe avuto titolo per conseguire informazioni sullo stato di esso;
e) che, d’altro canto non era stato nemmeno dedotto che vi era stato rifiuto di fornirle a seguito di un accesso;
j) che il T., una volta avuta conoscenza legale della formazione della cosa giudicata nel processo in cui era parte, avrebbe dovuto attivarsi nei sensi indicati per conoscere lo stato dell’altro e, conseguentemente, il termine di sei mesi per la riassunzione doveva ritenersi decorso dalla detta conoscenza legale, di modo che, essendo essa avvenuta ben oltre, l’eccezione di estinzione del M. e della B. era fondata.
p. 2. Al ricorso per cassazione del T. nessuno degli intimati ha resistito.
Motivi della decisione
p. 1. Preliminarmente la Corte osserva che il ricorso (tempestivo rispetto al decorso termine breve dalla notificazione della sentenza impugnata avvenuta il 7 maggio 2010, atteso che il perfezionamento dal punto di vista del notificante risulta in data 2 luglio 2010, data di ricezione dell’atto da notificarsi da parte dell’ufficiale giudiziario) risulta ritualmente notificato nei confronti di tutte le parti del giudizio di merito e particolarmente anche nei riguardi dell’XXX e dell’Istituto XXXdi Torino.
Va, infatti, rilevato che, ancorchè la sentenza impugnata nella motivazione consideri i detti istituti di credito come contumaci (decimo rigo della pagina quattro), nella sua intestazione li considera correttamente costituiti con i legali con i quali si erano costituiti nel giudizio prima della sua sospensione.
Invero, nel caso di riassunzione a norma dell’art. 297 c.p.c. del giudizio sospeso, tanto quando la riassunzione avvenga con riferimento all’udienza indicata nel provvedimento di sospensione, quanto nel caso in cui, mancando detta indicazione, il giudizio venga riassunto con il ricorso previsto da detta norma, la posizione delle parti che erano costituite prima della sospensione, una volta avvenuta la riassunzione resta quella di parti costituite, ancorchè esse non compaiano all’udienza, atteso che la prosecuzione del processo, proprio perchè tale, non implica una nuova costituzione, essendo quella originaria rimasta quiescente come il processo.
Mentre, se la parte nei cui confronti è fatta la riassunzione era contumace e non compaia e si costituisca (così facendo cessare la sua contumacia) all’udienza di riassunzione fissata originariamente o a seguito del ricorso, essa dev’essere considerata contumace come lo era antecedentemente alla sospensione.
Ne in contrario potrebbe essere evocata la regola dell’art. 303, u.c. per la riassunzione dopo interruzione, cui abbia dato corso la parte diversa da quella interessata dall’evento interruttivo, atteso che in quel caso, l’entrata nel processo del nuovo soggetto implica necessariamente una sua costituzione, avendo perso efficacia dopo l’interruzione quella originaria.
Ora, i due istituti di credito erano costituiti prima della stasi del processo per effetto della sospensione. L’XXX, in particolare, aveva conservato lo status di parte costituita nonostante la rinuncia al mandato del suo legale (della quale la sentenza impugnata avverte nella sua intestazione), evidentemente agli effetti dell’art. 85 c.p.c..
La loro mancata comparizione dinanzi alla Corte d’Appello a seguito della riassunzione lasciò, pertanto, intatta la loro posizione di parti costituite e, quindi, rappresentate dei loro difensori.
Ne deriva che risulta provata la ritualità della notificazione nei confronti della Banca XXXperchè è stato prodotto l’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta al suo legale Avvocato Gambassi Pier Giuseppe e, dunque, resta irrilevante che non lo sia stata quella dell’avviso della notifica fatta alla sede di detta banca, perchè essa non sarebbe stata rituale. E risulta provata la ritualità anche della notifica a mezzo posta all’XXX, ancorchè il relativo plico rechi l’annotazione che detta società non sarebbe più domiciliata presso l’Avvocato C.L.L., preso il cui studio venne giustamente indirizzata la notifica sempre per l’irrilevanza della rinuncia al mandato, non senza che debba rilevarsi che, comunque, il ricorso, com’era facoltà, ma non obbligo del ricorrente, risulta notificato, come da relata, anche presso la sede dell’XXX.
p. 2. Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione o falsa applicazione dell’art. 297 c.p.c. in relazione all’art. 307 c.p.c." e si censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale (e riferito nel su esteso svolgimento del processo al paragrafo 1.2.) per sostenere che il termine per la riassunzione fosse decorso dal passaggio in giudicato della sentenza definitiva del giudizio di cui era parte il ricorrente, perchè egli, una volta intervenuto questo evento, avrebbe dovuto attivarsi nei sensi indicati per conoscere dello stato dell’altro di cui non era parte.
Il motivo è fondato perchè la Corte fiorentina, nell’articolare la motivazione qui censurata si è posta in contrasto manifesto contro almeno due precedenti di questa Corte, espressamente enunciati con riferimento al caso in cui il termine per la riassunzione in caso di sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. dev’essere osservato dalla parte del giudizio sospeso che non sia parte del giudizio del quale il provvedimento sospensivo ravvisò il carattere pregiudicante.
E’ stato, infatti, così statuito:
"Nei confronti della parte di un processo sospeso a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., che sia estranea alla causa pregiudiziale, il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione decorre dalla data in cui la parte stessa abbia avuto conoscenza legale, mediante notificazione, comunicazione o dichiarazione, della cessazione della causa di sospensione, con la conseguenza che spetta alla controparte, che eccepisca l’avvenuta estinzione del processo per tardiva riassunzione, provare che l’indicata conoscenza sia stata acquisita dal riassumente nel semestre precedente la presentazione dell’istanza per la fissazione dell’udienza di prosecuzione" (Cass. n. 24599 del 2008);
"Nei confronti della parte di un processo sospeso a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., che sia estranea alla causa pregiudiziale, il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione decorre dalla data in cui la parte stessa abbia avuto conoscenza legale, mediante notificazione, comunicazione o dichiarazione, della cessazione della causa di sospensione. Spetta alla controparte; che eccepisce l’avvenuta estinzione del processo per tardiva riassunzione, provare che l’indicata conoscenza sia stata acquisita dal riassumente nel semestre precedente la presentazione dell’istanza per la fissazione dell’udienza di prosecuzione". (Cass. n. 7865 del 1995).
Inoltre, principi omologhi sono stati in due occasioni statuiti con riferimento a riassunzione dopo sospensione ex lege per pendenza di giudizio costituzionale, così decidendosi:
"Nei confronti della parte di un processo sospeso a norma dell’art. 295 cod. proc. civ., che sia estranea alla causa pregiudiziale, il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione decorre dalla data in cui la parte stessa abbia avuto conoscenza legale, mediante notificazione, comunicazione o dichiarazione, della cessazione della causa di sospensione, con la conseguenza che spetta alla controparte, che eccepisca l’avvenuta estinzione del processo per tardiva riassunzione, provare che l’indicata conoscenza sia stata acquisita dal riassumere nel semestre precedente la presentazione dell’istanza per la fissazione dell’udienza di prosecuzione. (Nella specie, in cui il processo presupposto dinanzi alla Corte dei Conti era stato sospeso per essere stata sollevata questione di legittimità costituzionale e la decisione della Consulta non era mai stata comunicata alla parte, la S.C., in applicazione del riportato principio, ha affermato che il predetto processo doveva ritenersi ancora pendente)". (Cass. n. 24533 del 2010).
"Anche nel vigore della nuova disciplina della Gazzetta Ufficiale, che prevede la pubblicazione, in essa, del testo integrale di tutti i provvedimenti della Corte costituzionale, la pubblicità legale, così migliorativamente attuata, resta comunque diretta a rendere conoscibili alla generalità le decisioni della Corte e non è sufficiente ad assicurare anche la conoscenza legale della sentenza da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio, per cui solo la comunicazione di detta sentenza, da parte della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, determinando la conoscenza concreta della pronunzia medesima, costituisce il "dies a quo" del termine semestrale di riassunzione del processo, sospeso per trasmissione degli atti alla Corte costituzionale". (Cass. n. 2616 del 2006).
A tali principi il Collegio intende dare continuità, osservando che il ragionamento seguito dalla Corte fiorentina è in manifesto contrasto con la logica acquisita dall’art. 297 c.p.c. per effetto della nota sentenza di incostituzionalità n. 34 del 1970, che ne ha disposto l’emenda con una manipolativa, per cui la norma ora dice che il decorso del termine decorre dalla conoscenza della cessazione della causa di sospensione.
Tale conoscenza legale è, osserva il Collegio, fenomeno che suppone una posizione passiva della parte, che riceve la conoscenza legale e non si deve attivare per acquisirla. Invero, far decorrere il termine dalla conoscenza legale è regola che individua solo il momento e la fattispecie in cui la conoscenza idonea a far decorrere il termine per la riassunzione si verificano. La regola è cioè che tale termine può decorrere solo da tale conoscenza e non una regola che implica un qualche dovere della parte di attivarsi per acquisire la conoscenza.
Dopo di che è palese che l’evento della cessazione della causa di sospensione, dovendo riguardare il processo pregiudicante, se la parte del processo sospeso è parte anche di esso, può essere conosciuto legalmente nei modi in cui nella disciplina del processo la sua conoscenza è realizzabile.
E così, se la sospensione sia stata disposta ai sensi dell’art. 295 e l’evento sia il passaggio in cosa giudicata della sentenza sul giudizio pregiudicante, la conoscenza legale può acquisirsi per il tramite della comunicazione del deposito della decisione o della sua notificazione e della considerazione come cessazione della causa di sospensione rispettivamente del momento della consumazione senza impugnazione del termine c.d. lungo, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, e del momento della consumazione del c.d. termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. Se la parte non sia costituita nel giudizio pregiudicante e vi sia rimasta contumace, non avendo essa diritto alla comunicazione, la conoscenza legale potrà da essa acquisirsi se la sentenza gli viene notificata dalla controparte con la considerazione come momento del passaggio in giudicato dell’inutile decorso del termine breve. Oppure detta conoscenza potrà emergere dalla combinazione fra una sua libera iniziativa, come l’accesso all’ufficio dal quale sia stata resa la sentenza sul giudizio pregiudicane e l’estrazione di copia, e la successiva scadenza del termine c.d. lungo, sempre che frattanto non venga notificata a detta parte la sentenza, nel qual caso opererà nuovamente il termine breve. In tal caso, infatti, la conoscenza dell’inutile decorso del termine lungo o di quello breve è evento che non postula un doversi attivare per quella parte, perchè l’iniziativa dell’impugnazione che avrebbe potuto scongiurare il passaggio in giudicato o avrebbe potuto prendersi da essa sessa o avrebbe dovuto prendersi nel termine nei suoi confronti.
Nemmeno nei riguardi della parte contumace del giudizio pregiudicante sono predicabili, come si vede, doveri di attivarsi, perchè ciò che conta è la conoscenza legale e non vi è, invece, tanto per la parte costituita quanto per quella contumace, un dovere di attivarsi per conoscere la cessazione della causa di sospensione.
Ne discende che a maggior ragione un simile dovere di attivarsi non è predicabile per la parte del giudizio sospeso che non sia parte di quello pregiudicante.
In tal caso è l’altra parte del giudizio sospeso che sia parte di quello pregiudicante che può prendere l’iniziativa di far acquisire conoscenza della sentenza che ha definito il giudizio pregiudicante tramite la sua notificazione e la dichiarazione che è passata in cosa giudicata, corredata, però, da certificazione della cancelleria dell’ufficio che ha emesso la sentenza circa il suo passaggio in giudicato. In questo caso il termine decorrerà dalla notificazione, perchè essa è idonea a realizzare il certum facere sulla conoscenza della cessazione dell’evento sospensivo.
Non è possibile sostenere, si rileva, che la parte estranea al giudizio pregiudicante, debba, qualora le sia stata notificata la sentenza senza corredo dell’attestazione di suo passaggio in giudicato, attivarsi per conoscere se quest’ultimo via sia poi stato.
Poichè essa non è parte del giudizio pregiudicante non può essere gravata di oneri di acquisizione di informativa presso la cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, atteso che altrimenti la sua posizione diverrebbe più grave di quella della parte costituita in quel giudizio, la quale, essendo tale, è in grado di sapere se il passaggio in giudicato vi sia stato senza compiere attività di iniziativa e ciò semplicemente perchè sa di non avere notificato essa stessa un’impugnazione e sa che non le è stata notificata alcuna impugnazione.
L’irragionevolezza della soluzione accolta dalla sentenza impugnata, del resto, si manifesta anche là dove essa non si è accorta che, facendo decorrere dal passaggio in giudicato della decisione resa nel giudizio pregiudicante di cui era parte il T. il termine di riassunzione ha anche determinato un suo accorciamento, perchè, se pure fosse stato sostenibile, come non lo è, che egli si dovesse attivare presso la cancelleria del giudice di processo pregiudicante o presso i difensori delle parti di esso per conoscere lo stato del processo pregiudicante, è palese che tale attività avrebbe richiesto tempo.
p. 2.1. Le svolte considerazioni comportano, dunque, che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto tardiva la riassunzione.
Ne segue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze, che deciderà, comunque in diversa composizione, nel presupposto che l’estinzione del giudizio non si sia verificata per essere stata la riassunzione tempestiva.
p. 2.2. Al giudice di rinvio è rimessa la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 26 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2012

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