Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-01-2013) 30-01-2013, n. 4688

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.O. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 20 agosto 2012 del Tribunale del riesame di Torino, che ha confermato l’ordinanza 7 giugno 2012 del G.I.P. presso il Tribunale di Novara, il quale aveva respinto l’istanza di sostituzione della custodia cautelare, in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per reati in tema di droga, detenzione di arma clandestina e ricettazione di 3 fucili, 2 carabine, 1 rivoltella ed altro.

I motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta vizio di motivazione attesa la genericità della motivazione del Tribunale del riesame in ordine: alla gravità dei reati, alla pericolosità dell’indagato e all’affermato inserimento in un preciso contesto criminale in punto di detenzione di stupefacenti senza tener conto che l’accusa in proposito è stata ridimensionata, l’indagato svolge lecita attività lavorativa, retribuita in nero, e la moglie con i tre figli è rientrata in casa dimostrando disponibilità a riprendere il menage familiare.

Circostanze queste tutte ignorate -secondo il ricorrente- dal giudice del riesame, con conseguente richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata e del provvedimento cautelare.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Premesso che in tema di adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere, non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici, tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati, nonchè dalla personalità dell’indagato, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata, al fine di impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive (cass. pen. sez. 6, 17313/2011 Rv. 250060), va evidenziato che, nella specie, bene il Tribunale del riesame ha escluso la praticabilità di una più attenuata misura valorizzando, in termini in questa sede incensurabili, il ragionevole inserimento dell’indagato in un preciso contesto criminale.

Invero, pur ridimensionato l’episodio dello stupefacente, va considerato che ad esso si è accompagnata la grave condotta in violazione della legge sulle armi, connotata dalla detenzione di una pistola con matricola abrasa, arma clandestina, ricettazione di 3 fucili, 2 carabine, 1 rivoltella ed altro. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro. 1000,00 (mille).

Inoltre, non conseguendo dalla decisione la rimessione in libertà del ricorrente, va disposta, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter la trasmissione di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato è ristretto, per l’inserimento nella cartella personale.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2013

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