Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-01-2013) 30-01-2013, n. 4662

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.G. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 16 gennaio 2012 della Corte di appello di Firenze che ha confermato la sentenza 12 giugno 2008 del Tribunale di Livorno (con dispositivo corretto lo stesso giorno 16 gennaio 2012: sia nella indicazione del nominativo di R.G. in sostituzione di " C.P.G., sia nella formula della decisione confermata).

I motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della mancata ed immotivata valutazione dell’impedimento del difensore, costituito dalla attestazione medica di una "crisi ipertensiva necessitante di giorni sette di riposo e cure".

Il motivo è radicalmente privo di fondamento in quanto, come ampiamente spiegato dalla Corte territoriale, dalla documentazione prodotta non era affatto desumibile l’assoluto impedimento a comparire in udienza.

Occorre infatti in proposito ribadire (cass. pen. sez. 2, 4300/2004 Rv. 228153) che la prova del legittimo impedimento deve essere fornita dall’imputato ai fini della dimostrazione dell’assoluta impossibilità di comparizione (art. 420 ter c.p.p., comma 1) e nessun obbligo ha il giudice di merito di disporre accertamenti al fine di completare l’insufficiente documentazione prodotta, che pure non abbia attestato, univocamente, la suddetta "assoluta impossibilità", a tanto non potendo bastare la mera indicazione di una generica patologia da ipertensione, non meglio specificata, senza la debita precisazione, agli effetti della assolutezza dell’impedimento, dei valori e dei picchi pressori rilevati.

Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione, in relazione al dispositivo di conferma della sentenza 12 giugno 2008 del Tribunale di Livorno, che fa erroneo riferimento a certo C., imputato appellante ed assolto dal reato contestato perchè il fatto non sussiste.

Il motivo è palesemente infondato, avuto riguardo alla correzione dell’errore materiale del dispositivo, deliberata lo stesso giorno della pronuncia, con l’esatta indicazione della parte privata.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2013

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