Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-07-2012, n. 12781 Trasferimento di azienda

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Roma, C.R. – premesso di essere stato dipendente dell’Azienda Comunale Centrale del Latte di Roma; di essere transitato al Comune di Roma con decorrenza dal 16 marzo 1998 – esponeva: a) di avere convenuto in giudizio, nel 1998, avanti al Giudice del lavoro di Roma, l’Azienda Comunale Centrale del Latte per ottenere un superiore inquadramento, e di avere transatto la controversia con il riconoscimento del suo diritto al livello 1/A quadri della classificazione del personale di cui all’art. 17 del c.c.n.l. 19 luglio 1994 per i dipendenti delle Aziende Municipalizzate Centrali del Latte; b) che l’Azienda, con nota n. 380 del 23 ottobre 2002, aveva trasmesso al Comune di Roma la scheda individuale di inquadramento ma, nonostante le ripetute richieste, il Comune non aveva provveduto al riconoscimento della qualifica; c) di avere diritto all’inquadramento superiore in diretta applicazione degli accordi sindacali sottoscritti presso il Comune di Roma il 15 maggio 1996 ed il 29 ottobre 1997 nonchè della Delib. n. 576 del 1998, che per tutto il personale aveva fissato le equiparazioni tra la qualifica rivestita presso l’Azienda di provenienza e la corrispondente qualifica del Comune di Roma.

Il ricorrente chiedeva pertanto che fosse accertato e dichiarato il suo diritto ad essere inquadrato nella ex 8^ qualifica funzionale (D3) con decorrenza giuridica ed economica dal 16 marzo 1998, con ogni conseguenza in ordine all’attribuzione del trattamento economico corrispondente, alla eventuale rideterminazione dell’assegno personale spettante, ed alla attribuzione dei relativi arretrati, con interessi e rivalutazione monetaria.

Il Comune rimaneva contumace.

Il Tribunale di Roma, con sentenza depositata il 30 marzo 2006, dichiarava il suo difetto di giurisdizione per il periodo anteriore al 1 luglio 1998 ed il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nella ex 8^ qualifica funzionale (D3 nel nuovo ordinamento), con decorrenza giuridica ed economica dal 1 luglio 1998, con diritto al trattamento economico corrispondente ed ai relativi arretrati.

La sentenza veniva impugnata dal Comune di Roma; resisteva il C..

Con sentenza depositata il 21 novembre 2009, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, respingeva l’originaria domanda del C., che qui propone ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi.

Resiste Roma Capitale, succeduta al Comune di Roma, con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. 8 giugno 1990, n. 142; del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, art. 85, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta il C. che, in base alle norme indicate, il Comune di Roma non poteva ritenersi estraneo al giudizio all’interno del quale si addivenne alla conciliazione tra il lavoratore e la A.C.C.L., poichè le scelte operate dal liquidatore di quest’ultima erano direttamente imputabili al Comune.

Il motivo è infondato.

Deve in primo luogo osservarsi che il ricorrente non spiega minimamente perchè, in base alle norme invocate, la transazione stipulata con la A.C.C.L. dovrebbe essere vincolante per il Comune di Roma.

Deve poi considerarsi che il principio della cosiddetta relatività di efficacia dei contratti, è stato accolto dal nostro codice civile nell’art. 1372 c.c., ai sensi del quale tra le parti il contratto ha forza di legge, ma nei confronti dei terzi non produce effetti se non nei casi previsti tassativamente dal legislatore.

Tra tali casi rientra, ad esempio, il contratto di assicurazione sulla vita, ma non quello della transazione o della conciliazione giudiziale, che è un tipo particolare di transazione. Anzi va precisato che la conciliazione giudiziale di una controversia attinente a un rapporto di lavoro ha efficacia vincolante, in riferimento ai soggetti, esclusivamente per gli stipulanti, e, in riferimento all’oggetto, soltanto per quella parte di negozio dispositivo che attiene alla rinuncia a diritti già acquisiti dal lavoratore, con la conseguenza che soltanto per tale parte e soltanto per tali soggetti viene ad essere preclusa l’indagine sull’effettiva natura del rapporto di lavoro (Cass. 18 febbraio 2005 n. 3344).

Deve inoltre considerarsi che la conciliazione giudiziale di una controversia attinente ad un rapporto di lavoro ha efficacia limitata, non può vincolare quegli Uffici o Enti titolari di interessi pubblici connessi al rapporto medesimo, il quale, nei loro confronti, può essere oggetto di indagine o di verifica giudiziale senza alcun limite probatorio derivante da eventuali atti dispositivi o accertativi intercorsi fra le parti, dovendo detta qualificazione essere dedotta dalle concrete prestazioni effettuate dal lavoratore (Cass. 18 febbraio 2005 n. 3344; Cass. 15 marzo 2000 n. 2984; Cass. 29 ottobre 1991 n. 11488).

2. Con il secondo, quarto e quinto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1406 c.c. e segg., dell’art. 2112 c.c., richiamato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 nonchè una erronea interpretazione degli accordi sindacali del 15 maggio 1996 e del 29 ottobre 1997, della Delib. n. 576 del 1998 con riferimento alla L. 8 giugno 1990, n. 142 e con il D.P.R. n. 902 del 1986, art. 85 ed agli artt. 1406 e 2112 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Lamenta che nella specie si era verificata una cessione d’azienda regolata dall’art. 2112 c.c., sicchè il cessionario, nella specie il Comune, subentrava nella complessiva situazione obbligatoria derivante dal contrato di lavoro, anche se accertato successivamente.

Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.

Ed invero, sotto il primo profilo, deve rilevarsi che il ricorso difetta di autosufficienza, non chiarendo le modalità ed i termini nei quali avvenne il suo passaggio dalla A.C.C.L. al Comune di Roma.

Nè a tal fine è idonea la riproduzione fotografica dei vari accordi che hanno disciplinato la materia, mancando in ricorso la sintesi espositiva idonea a porre la Corte in condizione di valutare la questione (Cass. 7 febbraio 2012 n. 1716).

Lo stesso ricorrente, peraltro, deduce che il transito presso il Comune avvenne (il 16 marzo 1998) a seguito di accordi sindacali. La Corte di merito ha al riguardo incontestatamente accertato che essi prevedevano il passaggio al Comune, con costituzione di rapporti ex novo, e dunque senza alcuna possibilità di applicazione dell’art. 2112 c.c. Lo stesso ricorrente deduce che sussisteva una garanzia di equivalenza delle aree professionali di destinazione e di provenienza (solo) al momento del passaggio (nella specie antecedente la transazione con la A.C.C.L.), sicchè il motivo risulta, anche sotto questo diverso profilo, infondato.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, una omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, inerente la valutazione dell’accordo sindacale del 29 ottobre 1997 che, nel testo riportato dal ricorrente (pag. 14 ricorso), prevede che: "l’eventuale contenzioso che, per fatti relativi al rapporto di lavoro con la ACCL, dovesse essere ancora pendente al momento del reimpiego produttivo del lavoratore presso i soggetti accipienti, non verrà trasferito a questi ultimi".

Lamenta il ricorrente che la Corte capitolina omise ogni considerazione al riguardo, nonostante la centralità che tale clausola rivestiva ai fini della decisione.

Il motivo è infondato.

Ed invero tale clausola, così come riportata, risulta chiara nell’escludere che il contenzioso eventualmente sussistente con la A.C.C.L. sarebbe stato trasferito al datore di lavoro accipiente, e dunque non sarebbe stata a questo opponibile. La questione risulta in tal senso congruamente esaminata e risolta dalla Corte capitolina, con attività interpretativa immune da vizi logici e che, contenendo apprezzamenti di fatto, risulta incensurabile in cassazione (Cass. 9 settembre 2008 n. 22893; Cass. 1 febbraio 2007 n. 2217; Cass. 22 febbraio 2005 n. 3538).

4. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia una "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione" in ordine all’esame della Delib. del Consiglio Comunale n. 84 del 2001 e della Delib.

Giunta Comunale n. 182 del 2003, che dimostrerebbero come sia stato "lo stesso Comune ad approvare il progetto di liquidazione della A.C.C.L. ed a nominare un Commissario incaricato della dismissione dell’azienda, e dunque la stretta dipendenza di questa dall’Ente locale" (pag. 20 ricorso), conseguendone la piena opponibilità della transazione perfezionata con la A.C.C.L..

Il motivo è in parte inammissibile, rinviando all’integrale riproduzione fotografica delle numerose delibere in questione e demandando alla Corte di individuarne gli elementi rilevanti ai fini del decidere (Cass. 7 febbraio 2012 n. 1716). Per il resto è infondato in quanto le considerazioni svolte non sono in grado di inficiare il principio, del resto presente, come sopra osservato, anche nell’accordo sindacale del 29 ottobre 1997, per cui le transazioni giudiziali intervenute con la A.C.C.L. non erano opponibili al soggetto accipiente, rimasto estraneo al giudizio.

5. Per la stessa ragione risulta infondato il settimo motivo, con cui il C. lamenta l’assoluta assenza di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, e cioè che il Comune venne adeguatamente informato della conciliazione intervenuta, non essendo chiarito in diritto perchè da tale informativa conseguirebbe l’obbligo del Comune di adempiere a quanto inter alios transattivamente convenuto.

6. Con l’ottavo motivo il ricorrente lamenta una insufficiente motivazione circa la determinazione dirigenziale n. 1352/98, con la quale sarebbero state riconosciute le transazioni stipulate con la A.C.C.L. da altri colleghi.

Il motivo è infondato avendo la Corte capitolina congruamente motivato al riguardo, evidenziando che trattavasi di posizioni particolari di personale temporaneamente ancora utilizzato presso la Centrale del Latte al momento degli accordi prevedenti il transito presso il Comune di Roma e messi a disposizione del Comune solo nel luglio 1998, per cui era già stata adottata altra precedente e specifica delibera.

7. Il ricorso deve pertanto rigettarsi.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2012

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