Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-01-2013) 07-10-2013, n. 41371

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa in data 15 febbraio 2010, a seguito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Bologna dichiarava N.D. colpevole del reato di cui all’art. 624 c.p. e art. 625 c.p., nn. 2 e 7 perchè, al fine di trarne profitto, con violenza sulle cose consistita nella rimozione delle confezioni, si impossessava di generi alimentari e di apparecchi elettronici per un valore di Euro 660,90 sottraendoli all’esercizio commerciale Esselunga ove erano esposti per la vendita. Escluse le contestate aggravanti, con la diminuente per il rito, condannava lo stesso alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Interposto appello, la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, riduceva la pena inflitta a mesi quattro di reclusione.

Avverso tale pronuncia il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

2. Con un primo profilo di doglianza si lamenta la manifesta illogicità della motivazione in merito alla sussistenza della condizione di procedibilità. Assume, infatti, la difesa che, essendo divenuto il reato contestato al N. procedibile a querela e non più di ufficio, a seguito dell’esclusione operata dal giudice di prime cure delle aggravanti della violenza sulle cose e dell’esposizione alla pubblica fede, la querela presentata dalla parte offesa non era rituale. Questa era stata proposta dalla Sig.ra C.S. designata dal vice presidente del consiglio di amministrazione della SPA Esselunga quale procuratrice della società con facoltà di presentare denunce e querele per fatti di reato commessi ai danni della stessa.

Orbene la difesa lamenta il fatto che la querela è stata presentata in forza di siffatta procura rilasciata in via preventiva e quindi in relazione ad una serie di fatti illeciti futuri ed eventuali e non con riguardo allo specifico episodio di furto in esame. Dunque tale procura non presenta, secondo il ricorrente, i caratteri propri della procura speciale – che legittima a presentare querela ai sensi dell’art. 337 c.p.p. – la quale deve essere rilasciata ad actum e contenere l’indicazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce. In particolare, afferma la difesa, pur potendosi sostenere che, con delibera consiliare il Consiglio di Amministrazione abbia conferito al vicepresidente il potere di presentare querela nominandolo procuratore speciale a tal fine, non si può ritenere anche provato che il CDA abbia conferito al predetto anche il potere di subdelegare a sua volta un terzo per l’incombente:

perchè siffatto potere di sub-delega sia effettivo occorre che sia espressamente menzionato nella delibera. Sul punto, invece, la Corte di Appello si è limitata ad osservare che la delega era stata effettuata da persona che aveva un’indubbia posizione dirigenziale con i relativi pieni poteri di rappresentanza come è appunto il vicepresidente del CDA di una società di dimensioni e rilevanza nazionale quale la Esselunga. Quindi, a detta della difesa, la motivazione della sentenza di appello risulterebbe illogica nella misura in cui ritiene la procura speciale validamente rilasciata senza aver previamente verificato che il delegante avesse l’effettiva titolarità dei poteri.

3. Con un secondo motivo di doglianza, la difesa lamenta inoltre l’erronea applicazione della legge penale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto come reato consumato e non tentato in quanto, al momento dell’intervento dei vigilanti, la merce non era ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo della parte offesa. Essendo infatti operante un sistema di vigilanza, la condotta illecita poteva essere interrotta in ogni momento: quindi, secondo la difesa, la merce, benchè materialmente appresa dall’imputato, era sempre sottoposta al controllo del proprietario.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato inammissibile.

Quanto alla doglianza relativa alla mancanza della condizione di procedibilità, in primo luogo occorre rilevare che il ricorrente, pur avendo lamentato un vizio della procura speciale attributiva del potere di presentare querela, non ha allegato tale procura con ciò contravvenendo al principio di autosufficienza del ricorso.

In secondo luogo occorre evidenziare che, secondo un orientamento più volte espresso da questa Corte, in ambito penale la nozione di possesso tutelabile è sicuramente più ampia rispetto alla nozione propriamente civilistica includendo non solo il possesso qualificato animo domini ma qualsivoglia relazione o potere di fatto sulla cosa che venga esercitato in modo indipendente dalla proprietà o titolarità del bene, quale espressione di un legittimo ius possessionis (ex pluris Cass., Sez. 6, n. 1037/2013, Rv. 253888).

Sotto quest’angolo visuale, quindi, appare del tutto corretta la soluzione adottata dal giudice di appello che ha ritenuto il vicepresidente della SPA Esselunga, in quanto vulnerato nei suoi poteri di vigilanza e custodia, persona offesa dal reato di furto e quindi legittimato a proporre querela ed a conferire tale potere tramite procura ai sensi dell’art. 122; procura regolarmente rilasciata dallo stesso nel caso di specie, tramite apposito atto notarile, alla Sig.ra C.A.S. procuratrice legale della SPA E.

Al pari manifestamente infondato risulta il secondo profilo di doglianza attraverso il quale si contesta l’inquadramento dell’episodio in termini di furto consumato e non tentato dal momento che il N. non sarebbe mai entrato in possesso della merce sottratta in quanto è sempre stato monitorato dal personale di sorveglianza ed è stato fermato quando ancora si trovava all’interno del centro commerciale. Difatti, come correttamente ritenuto dal giudice di secondo grado, il ricorrente pur essendo rimasto all’interno del centro commerciale, aveva passato le casse senza pagare la merce con ciò entrando nel pieno possesso degli articoli indebitamente sottratti di talchè il furto è stato consumato e non tentato. Del resto questa Corte ha più volte affermato che si ha furto consumato e non tentato qualora – come nel caso di specie – l’agente, con la merce prelevata dai banchi del supermercato e sottratta al pagamento, oltrepassi la barriera delle casse, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale di sorveglianza (ex pluris Cass., Sez. 5, n. 27631/2010, Rv. 248388).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *