Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-07-2012, n. 12775 Retribuzione

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Svolgimento del processo
Con sentenza n. 15383 del 1999 il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da M.M. nei confronti della Xs.p.a., così confermando il decreto ingiuntivo emesso a favore della stessa X e, accogliendo la domanda riconvenzionale nei suoi confronti proposta dalla medesima società, condannava la M. al pagamento, in favore della X, della somma di L. 268.111.575 oltre interessi legali.
La M. proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma.
La società si costituiva resistendo al gravame.
La vicenda aveva tratto le mosse dal decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma in favore della X ed opposto dalla M., il cui giudizio era stato riunito per connessione oggettiva e soggettiva ad altra controversia promossa dalla stessa M. nei confronti della X, per la condanna della società al pagamento in suo favore della somma di L. 99.198.000.
In fatto la M. aveva svolto la sua attività in favore della X in forza dell’accordo del 23-3-1987 e poi in esecuzione del contratto di agenzia del 16-4-1987, quest’ultimo in qualità di accomandataria della Xs.a.s.. In data 26-11-1990 le parti avevano poi concordato di trasferire in capo alla M. in proprio e non più in qualità di socia accomandataria, tutti i rapporti contrattuali intercorrenti. Secondo gli assunti della stessa M.:
per l’attività di supervisione e di coordinamento degli addetti alle vendite, era stato pattuito nell’accordo del marzo 1987 un corrispettivo di L. 20.000.000 e, successivamente, in virtù del contratto di agenzia, un compenso pari a 25.000.000 mensili, di fatto erogato solo sino al mese di marzo 1988; il contratto di agenzia tra la X e la Xs.a.s. era simulato sia sotto il profilo soggettivo (avendo svolto l’attività indicata personalmente), sia sotto il profilo oggettivo, essendo la reale volontà delle parti quella di instaurare un rapporto di lavoro autonomo consistente nell’attività di acquisizione della rete di vendita, a fronte di un corrispettivo fittiziamente denominato "anticipo provvigionale".
Secondo, invece, la tesi della società appellata si trattava effettivamente di un anticipo provvigionale, donde la pretesa avanzata in sede monitoria e di cui al giudizio riunito, di vedersi restituita la differenza tra gli anticipi provvisionali erogati e le provvigioni effettivamente maturate.
La Corte d’Appello, con sentenza depositata il 20-2-2006, rigettava l’appello e compensava le spese.
In sintesi la Corte territoriale accertava la natura effettiva di anticipi provvigionali sia del versamento iniziale di L. 20.000.000 sia dei versamenti successivi mensili di L. 25.000.000 ed escludeva, in base alle risultanze istruttorie, la natura simulata del rapporto di agenzia, sia sotto il profilo della interposizione fittizia della Xs.a.s., sia sotto il profilo della simulazione oggettiva.
La Corte di merito, inoltre, rilevava che le valutazioni dei funzionari dell’ufficio ispettivo, comunque non vincolanti per la X, avevano l’obiettivo non di "ricostruire la volontà negoziale espressa dalla società all’atto della conclusione dei contratti con i collaboratori esterni" bensì "quello di effettuare una verifica – per fini economici, finanziari e di corretta contabilizzazione – della situazione degli anticipi concessi alla rete di vendita e della gestione delle spese".
Per la cassazione di tale sentenza la M. ha proposto ricorso con due motivi.
La Xs.p.a. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo.
Motivi della decisione
Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale la M., denunciando violazione degli artt.115, 116 c.p.c. e degli artt. 2709 e 2214 c.c., richiamata la relazione dagli ispettori della società controllante Istituto Bancario X di Torino s.p.a. del 27-1-1988, deduce che in sostanza i giudici della sentenza gravata non avrebbero tenuto "nel benchè minimo conto del detto documento", in particolare trascurando che l’ispezione ancorchè effettuata dalla controllante era direttamente riferibile alla Xs.p.a., essendo recepita agli atti sia del Consiglio di Amministrazione sia del Collegio Sindacale (ordinante l’ispezione e destinatario delle relative conclusioni), anche nell’ambito dei controlli di legge ai quali è soggetta in quanto società di intermediazione mobiliare.
Conseguentemente, secondo la ricorrente, i giudici del merito avrebbero dovuto attribuire al detto documento valore di libro o scrittura obbligatoria ai sensi dell’art. 2124 c.c., con l’efficacia prevista dall’art. 2709 c.c., ponendo a base della decisione le risultanze del documento stesso (dotate di specifica valenza probatoria), anche in contrasto con le altre risultanze istruttorie.
Il motivo è infondato.
Sul punto correttamente la sentenza impugnata ha escluso che alla relazione degli ispettori della società controllante potesse attribuirsi valore di libro o scrittura obbligatoria ex art. 2709 c.c., rilevando, in particolare, che "gli accertamenti in questione, anche se sollecitati dal collegio sindacale della società appellata, vennero svolti da un soggetto diverso, del tutto estraneo" alla Xs.p.a. e "non legittimato ad esprimere alcuna volontà del soggetto ispezionato, tanto meno con efficacia vincolante nei confronti dei terzi".
Inoltre la Corte di merito, valutando attentamente tale documento, ha affermato che "dal tenore dell’incarico conferito e dallo stesso contenuto dell’elaborato ispettivo si evince che l’obiettivo dichiarato non era quello di ricostruire la volontà negoziale espressa dalla società all’atto della conclusione dei contratti con i collaboratori esterni, quanto piuttosto quello di effettuare una verifica – per fini economici, finanziari e di corretta contabilizzazione – della situazione degli anticipi concessi alla rete di vendita e della gestione delle spese", aggiungendo che "comunque le espresse valutazioni sono frutto di valutazioni proprie dei funzionari del servizio ispettivo" e " non possono essere considerate in alcun modo vincolanti per la società".
Sulla base di tali considerazioni la Corte territoriale ha, quindi, ricostruito l’effettiva volontà delle parti sulla scorta della documentazione in atti.
Tale decisione risulta legittima e resiste alle censure della ricorrente principale, che, peraltro, neppure denuncia un vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie, mentre, nella sostanza, sembra riproporre, inammissibilmente, davanti a questa Corte un riesame (del merito) del contenuto della citata relazione ispettiva.
Al riguardo, come è stato ripetutamente affermato, va qui ribadito che "in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità" (v. fra le altre Cass. 20-6- 2006 n. 14267).
Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta violazione dell’art. 2222 c.c. e segg. e dell’art. 1742 c.c. e segg., con riferimento alla qualificazione dell’incarico di coordinamento e supervisione e ai relativi corrispettivi.
In particolare la M. sostiene che, pur essendo stato stipulato un contratto di agenzia, l’istruttoria avrebbe dimostrato che il suo compito "non era affatto quello di promuovere la distribuzione dei prodotti finanziari di SPI ma quello di coordinare, sovrintendere, organizzare ed istruire il gruppo di promotori (tutti legati con autonomo rapporto di agenzia a SPI) operanti nella zona o nell’agenzia assegnata". Tale incarico manageriale, diverso ed autonomo, anche se collegato, rispetto a quello di agenzia, dovendo essere ricondotto allo schema contrattuale del contratto d’opera, comporta, secondo la ricorrente principale, la irripetibilità di quanto erogato a titolo di corrispettivo dell’attività svolta, con impossibilità di considerare gli importi relativi come anticipi provvigionali, dovendo in realtà gli stessi considerarsi, alla luce della citata relazione ispettiva, come "minimi garantiti" corrisposti ai managers.
Anche tale motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Premesso che, come è stato precisato da questa Corte, "il giudizio positivo o negativo sulla sussistenza della simulazione, traducendosi in un accertamento relativo ad una mera "quaestio voluntatis" non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, quando sia sorretto da motivazione adeguata e sia immune da vizi di logica e da errori di diritto" (Cass. 3-4-2001 n. 4865, Cass. 6-9-2002 n. 12980), osserva il Collegio che, sul punto, la sentenza impugnata ha affermato che quanto alla simulazione oggettiva l’assunto della M., oltre che essere contrario al contratto del 16-4-1987 (e a tutti restanti documenti nei quali "si fa espresso riferimento agli anticipi "provvigionali", quindi al rapporto di agenzia, e sinanco all’atto di recesso in data 3-9-1991, in cui la M. espressamente recede dal rapporto di "agenzia"), non ha trovato conferma all’esito dell’istruttoria, da cui da un lato nulla è emerso circa il preteso accordo simulatorio, dall’altro non è stata nemmeno confermata la tesi dell’appellante del mancato svolgimento dell’attività di vendita in proprio di prodotti finanziari".
In particolare, poi, sulla natura delle somme versate quali anticipi provvigionali, la Corte di merito, dopo aver all’uopo analizzato la scrittura originaria del 23-3-1987, ha rilevato che "tale qualificazione è poi espressamente rafforzata" nella previsione del versamento contestuale alla sottoscrizione del contratto di agenzia, nonchè nei versamenti successivi, "sempre espressamente qualificati dalla M. quali anticipi provvigionali" e in tal senso richiesti e fatturati. La Corte ha altresì aggiunto che la natura di tali corresponsioni è stata confermata anche dalla prova testimoniale, dalla quale è emerso che "la somma di venticinque milioni era stata pattuita quale anticipo sulle provvigioni" e che "la società ebbe a continuare a corrispondere detta somma, anche dopo la scadenza del periodo di sei mesi originariamente previsto, al fine di consentire la prosecuzione della attività della rete".
Tale accertamento di fatto risulta congruamente motivato e resiste alla censura della M. che in sostanza ripropone la propria lettura delle risultanze istruttorie, incentrata soltanto sulla relazione ispettiva sopra citata.
Il ricorso principale va pertanto respinto.
Parimenti, poi, non merita accoglimento il ricorso incidentale, con il quale la Xs.p.a. censura il capo relativo alle spese, lamentando che la Corte di merito, nonostante il rigetto dell’appello, ha compensato le spese con motivazione, in effetti soltanto "apparente" ("sussistono tuttavia giusti e concorrenti motivi per la compensazione integrale fra le parti delle spese del presente grado").
Come è stato più volte affermato da questa Corte e va qui ribadito, "il provvedimento di compensazione parziale e totale delle spese per giusti motivi, pur nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a) deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente desumibili dal complesso della motivazione adottata, e fermo restando che la valutazione operata dal giudice di merito può essere censurata in cassazione se le spese sono poste a carico della parte totalmente vittoriosa ovvero quando la motivazione sia illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale" (v. Cass. 2-12-2010, Cass. 31- 7-2009 n. 17868, Cass. 23-3-2009 n. 6970, Cass. S.U. 30-7-2008 n. 20598).
Orbene nella fattispecie la Corte di merito, seppure non ha specificato nella conclusione i giusti motivi dichiarati, nel complesso e articolato sviluppo della motivazione ha chiaramente evidenziato la difficoltà degli accertamenti in fatto eseguiti, in ordine alla dedotta simulazione e alla natura dei versamenti per anticipi provvigionali.
In tal senso va quindi respinto anche il ricorso incidentale.
Infine, in ragione della soccombenza reciproca, vanno compensate le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2012

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