Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 08-07-2013, n. 28908

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Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza del 29 gennaio 2012 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Palermo – Sezione Distaccata di Carini – del 21 settembre 2010 con la quale S.A. e B.R., imputati dei reati di cui all’art. 110 cod. pen. D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1. Reati commessi il (OMISSIS), erano stati dichiarati colpevoli dei detti reati e condannati – previa concessione delle circostanze attenuanti generiche – alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi due e giorni dieci di arresto ed Euro 18.000,00 di ammenda con contestuale ordine di demolizione delle opere, cui veniva subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

1.2 Ricorrono avverso la detta sentenza entrambi gli imputati a mezzo del loro difensore di fiducia deducendo, con un primo motivo, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 157 cod. pen.), per avere la Corte ritenuto che la data di realizzazione del manufatto fosse coincidente con la data del sopralluogo, in relazione allo stato dei lavori accertato in quella sede. Con un secondo motivo viene censurata la sentenza impugnata per mancanza di motivazione e sua manifesta illogicità e/o contraddittorietà, in quanto la Corte territoriale aveva ritenuto immotivatamente adeguata la pena inflitta dal Tribunale alle cui argomentazioni si era integralmente richiamata. Con detto motivo è stata anche dedotta la nullità della sentenza in quanto la Corte avrebbe, illegittimamente ed in violazione della legge penale, subordinato il concesso beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive. Con un terzo, ed ultimo, motivo, la difesa richiede la declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione maturata il 24 febbraio 2012, antecedentemente alla data di proposizione del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato, pertanto, inammissibile. Premesso che con il primo motivo la difesa intende censurare (anche) il punto della sentenza relativo alla conferma del giudizio di colpevolezza per assenza della motivazione, i rilievi difensivi sono palesemente inconsistenti. Sia pure in modo estremamente sintetico, la Corte ha indicato le prove in base alle quali il giudizio di colpevolezza dovesse essere confermato, evidenziando che al momento del sopralluogo (avvenuto il (OMISSIS)) era stata accertata la realizzazione di un manufatto in zona paesaggisticamente vincolata, in assenza sia del permesso di costruire che dell’autorizzazione paesaggistica da parte della competente autorità amministrativa. Essendo incontestata l’attribuibilità del fatto ai due imputati (che nulla avevano dedotto in merito), la Corte territoriale aveva anche individuato quale tempus commissi delicti la data del sopralluogo desumendolo dalla stato della costruzione la cui struttura esterna si presentava ancora "rivestita dalle opere di carpenteria che si rendono necessarie nel momento in cui si effettua la gettata di cemento" (pag. 2 della sentenza impugnata). Tale giudizio, insindacabile in sede di legittimità in quanto congruamente e logicamente motivato, cristallizza quindi la data di realizzazione del manufatto, che non era affatto quella – antecedente – affermata dai ricorrenti, peraltro in modo talmente generico (in quanto nessuna data alternativa era stata prospettata, nè erano state fornite indicazioni specifiche in ordine ad una diversa epoca) da risultare, anche sotto tale profilo, inammissibile.

2. Analoghe considerazioni valgono con riferimento al secondo motivo (che comprende, oltre l’aspetto quantitativo della pena, anche il profilo attinente alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere): premesso che nessuna specifica doglianza in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena era stata avanzata nell’atto di appello (per come è dato legge dal testo del ricorso – pagg. 6-8, oltre che dalla motivazione della sentenza impugnata), anche l’aspetto più propriamente sanzionatorio è stato affrontato e risolto dalla Corte territoriale con motivazione rispettosa dei criteri indicanti dall’art. 133 cod. pen., ed ancorata, in particolare, alla entità, ritenuta, a ragione, non modesta, dell’abuso edilizio.

3. Quanto alla richiesta di declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione, ricordato che è la stessa difesa ad indicare quale data di maturazione del termine il 24 febbraio 2012, successiva alla data della sentenza di appello (non rilevando affatto la circostanza che detta data fosse antecedente al termine per proporre ricorso), va osservato che, stante l’inammissibilità del ricorso ostativa alla formazione di un valido rapporto processuale, la prescrizione maturata successivamente alla sentenza di appello non può essere dichiarata: valgono, al riguardo, i principi più volte espressi dalla giurisprudenza di questa Corte secondo i quali quando la prescrizione maturi dopo la sentenza oggetto di ricorso, essa non può essere dichiarata stante la non regolare instaurazione di un rapporto processuale quale diretta conseguenza della inammissibilità del ricorso (Cass SS. UU 22.11.2000 n. 32; Cass. Sez. 2 20.11.2003 n. 47383; Cass. Sez. 4 20.1.2004 n. 18641).

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento della somma – ritenuta congrua – di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa essi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2013

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