Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-07-2012, n. 12768 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 10 giugno 2003 il tribunale di Roma, in accoglimento della domanda di D.A. ed altri dipendenti della società Telecom Italia S.p.A., dichiarava la illegittimità dell’inquadramento dei ricorrenti nel 6 e nel 5 livello del CCNL SIP e per l’effetto condannava la Telecom a riconoscere ai ricorrenti l’inquadramento nel quarto livello del CCNL SIP a far data dal transito in Iritel e nel livello F del CCNL per le aziende di telecomunicazioni corrispondente alla qualifica di "assistente" dal 1 ottobre 1996 (e nei confronti di Ma.Al. rispettivamente l’inquadramento nel terzo livello del CCNL Sip e quindi, dal 1 ottobre 1996, nel livello G del CCNL per le aziende di Telecomunicazione, corrispondente alla qualifica di responsabile) con ogni conseguenza normativa, contributiva e previdenziale e con condanna della Telecom al pagamento delle differenze retributive connesse ai detti superiori inquadramenti dalle date indicate in sentenza.

2. La società Telecom Italia ha interposto appello chiedendo la riforma della impugnata sentenza con i rigetto della domanda.

Si sono costituiti gli appellati che hanno chiesto il rigetto dell’appello della Telecom ed hanno proposto appello incidentale per il risarcimento del danno derivato dal preteso demansionamento.

La Corte d’appello di Roma con sentenza del 12 aprile 2007 – 5 novembre 2008, in riforma della impugnata sentenza e in accoglimento dell’appello principale, rigettava le domande proposte in primo grado; dichiarava assorbito l’appello incidentale. Compensava tra le parti le spese del doppio grado.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione D. A. e gli altri ricorrenti trascritti in epigrafe con un unico motivo.

Resiste con controricorso la società intimata che ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è costituito da un unico motivo articolato in violazione di legge e il vizio di motivazione. In particolare i ricorrenti denunciano la violazione falsa applicazione della L. n. 58 del 1992, art. 4, comma 5 nonchè degli artt. 2112 e 2103 c.c. e degli artt. 112 e 416 c.p.c.. Hanno quindi proposto il seguente quesito: "Dica la Corte se le tabelle di equiparazione erano o meno destinate a disporre dei diritti dei lavoratori che in assenza dell’opzione nei termini erano transitati alle dipendenze della concessionaria Iritel, oppure avrebbe dovuto mirare alla conservazione sostanziale delle posizioni giuridiche ed economiche di ciascuno, in quanto la L. n. 58 del 1992 aveva dettato direttamente la regola inderogabile della tutela della professionalità acquisita dai lavoratori e del mantenimento di un trattamento economico globalmente non inferiore a quello precedentemente goduto. Nel caso, pertanto, sia invocata e riscontrata l’erroneità delle tabelle per la mancata corrispondenza tra le mansioni da esse equiparate, se il giudice di merito può disapplicarle, non avendo le stesse rispetto del criterio inderogabile della tutela della professionalità acquisita, e procedere lui stesso alla individuazione, nel nuovo assetto del personale, della posizione corrispondente a quella rivestita dal lavoratore nell’inquadramento precedente mediante una valutazione globale e non meccanicistica di queste ed analizzando concretamente la corrispondenza effettiva tra le attività prestate dai lavoratori ed loro inquadramento tabellare".

2. Il ricorso è infondato.

3. Va premesso che la L. 29 gennaio 1992, n. 58, recante disposizioni per la riforma del settore delle telecomunicazioni, ha previsto, all’art. 4, che il personale dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici, applicato alla data di entrata in vigore della legge stessa presso l’Ispettorato generale delle telecomunicazioni, l’Istituto superiore delle poste e delle telecomunicazioni, le segreterie del consiglio di amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni e del consiglio superiore tecnico delle poste, delle telecomunicazioni e dell’automazione, nonchè presso la direzione centrale per il controllo delle concessioni e le corrispondenti sezioni presso gli ispettorati di zona, era trasferito d’ufficio nelle corrispondenti qualifiche dell’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni con le modalità stabilite dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 200. Tale personale avrebbe conservato il trattamento giuridico, economico e pensionistico proprio del rapporto di pubblico impiego. Nondimeno il personale suddetto poteva optare per la permanenza nel pubblico impiego.

La medesima disposizione poi demandava ad accordi tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, la Società e le concessionarie, la definizione delle tabelle di equiparazione tra le qualifiche rivestite dal personale negli ordinamenti di provenienza e quelle previste nella Società e nelle concessionarie, tenuto conto delle diverse specializzazioni richieste per l’esercizio degli impianti.

4. La corte d’appello ha puntualmente rilevato che gli odierni ricorrenti sono transitati alla Telecom alla stregua di quanto disposto dalla citata L. n. 58 del 1992, che ha consentito ai dipendenti dell’Amministrazione delle Poste e dell’AAST di optare per il transito alla società Iritel passando quindi dal regime pubblico di lavoro a quello privato. La legge – come appena rilevato – ha stabilito il principio da un lato della conservazione del trattamento economico e contributivo e dall’altro della definizione attraverso appositi accordi sindacali delle tabelle di equiparazione tra i livelli precedenti riconosciuti e quelli da rivestire nelle nuove società privatistiche.

Tale fattispecie non è sussumibile in quella cui all’art. 2112 c.c. in quanto il passaggio dei dipendenti è avvenuto in base ad una norma speciale e su richiesta dei lavoratori che hanno optato in favore del regime privatistico del rapporto di lavoro acquisito con il passaggio a Iritel e poi alla Telecom, come già affermato da questa corte (Cass. n. 13096/2003 e 14174/2003).

Più recentemente questa corte (Cass., sez. lav., 21 aprile 2008, n. 10315) ha ribadito che la disciplina dettata dalla L. n. 58 del 1992, di riforma del settore delle telecomunicazioni, per i rapporti di lavoro dei dipendenti dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici nel passaggio dei servizi di telefonia dal settore pubblico a quello privato è una disciplina di carattere speciale che da autonoma e compiuta regolamentazione ai rapporti suddetti incidendo sulla loro stessa natura. Ne consegue che alla vicenda traslativa realizzata dalla menzionata legge non è applicabile la normativa di cui all’art. 2112 cod. civ. nella parte in cui stabilisce, per l’ipotesi di trasferimento di azienda, la regola della continuità dei rapporti di lavoro con l’acquirente dell’azienda e della conservazione, per i lavoratori, di tutti i diritti che ne derivano. Nè tale inapplicabilità si pone in contrasto con la direttiva 77/187/CEE in quanto, secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza n. C – 343/98 del 14 settembre 2000, pur essendo la suddetta direttiva applicabile anche ai trasferimenti di attività e di servizi attuati da un ente costituente parte integrante della P.A. qualunque sia il mezzo tecnico giuridico utilizzato (e, quindi, anche se i suddetti trasferimenti siano il frutto di decisioni unilaterali della P.A. e non di un concorso di volontà), tuttavia la garanzia della continuità dei rapporti di lavoro da essa prevista presuppone che i lavoratori interessati al momento del passaggio dall’una all’altra gestione siano già titolari di rapporti della stessa natura di quelli che vengono a costituirsi con l’impresa acquirente.

In applicazione di tali principi può dirsi che correttamente la corte d’appello ha ritenuto che, essendo stati i lavoratori inquadrati alla stregua delle tabelle di equiparazione definite secondo gli accordi sindacali del 15.3. 1993, la Telecom ha agito nel pieno rispetto di quanto previsto dalla L. n. 58 del 1992 avendo inquadrato gli appellati alla luce di quanto – in relazione alla complessa vicenda del passaggio di lavoratori dal regime pubblico a quello privato stabilito dalle parti sociali che hanno avuto il compito specifico di accertare il rilievo della professionalità pregressa acquisita in una organizzazione del lavoro, totalmente eterogenea a quella successiva.

La corte d’appello non ha poi mancato di considerare, in punto di fatto, che le mansioni svolte dagli appellati prima del passaggio suddetto e dopo l’inquadramento erano comunque simili e che quindi non si era stata alcuna violazione del principio di tutela della professionalità acquisita.

5. Inoltre va considerato che con l’unico quesito di diritto, che in realtà riguarda il denunciato vizio di violazione di legge e non anche il vizio di motivazione che parimenti richiede – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – la sintesi in fatto della censura proposta, i ricorrenti oppongono una questione interpretativa che riguarda la L. n. 58 del 1992, art. 4. Sostengono che gli accordi sindacali previsti dal citato art. 4 non potevano alterare la corrispondenza di fatto tra qualifiche e mansioni dopo il passaggio alle dipendenze della società Telecom; e che quindi i giudice adito era facoltizzato a disapplicare le tabelle di comparazione laddove avesse riscontrato il difetto di questa corrispondenza.

Questa interpretazione dell’art. 4 è si corretta in diritto perchè corrisponde alla giurisprudenza di questa corte, più volte ribadita (Cass., sez. lav., 1 marzo 2011, n. 4991). Ma la sentenza impugnata non afferma affatto un principio contrario; ma, con apprezzamento delle risultanze processuali e quindi con valutazione tipicamente di merito, la corte territoriale ha ritenuto che tale corrispondenza fosse nella specie rispettata e che "le mansioni svolte dagli appellati prima del "passaggio" e dopo l’inquadramento appaiono comunque simili ed analoghe e che quindi non si rinviene alcuna macroscopica violazione del principio di tutela della professionalità acquisita".

Quindi il quesito di diritto si appalesa non decisivo perchè la sentenza impugnata si fonda essenzialmente sulla valutazione in concreto delle mansioni svolte dai lavoratori ricorrenti raffrontate alle rispettive qualifiche loro riconosciute dalla società a seguito dell’applicazione delle tabelle di comparazione, come previste dagli accordi sindacali (per una fattispecie analoga in cui giudici di merito avevano accertato in concreto la corrispondenza tra qualifiche mansioni nel quadro dell’applicazione delle citate tabelle di comparazione v. Cass., sez. lav., 30 novembre 2010, n. 24231).

6. Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2012

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