Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 08-07-2013, n. 28903

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza del 4 dicembre 2009 il Tribunale di Parma dichiarava – per quanto qui rileva – F.R. imputato (in concorso con A.A.A.B.) del reato di cui all’art. 110 cod. pen., del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 4 e 18. Reato commesso in (OMISSIS) – colpevole del detto reato condannandolo alla pena di Euro 1.950,00 di ammenda.

1.2 A detta conclusione il Tribunale ducale perveniva avendo ritenuto il F. autore ed istigatore (rispetto all’ A.B.) della contravvenzione consistita nell’intermediazione nel rapporto di lavoro subordinato per il reclutamento di mano d’opera straniera extracomunitaria.

1.3 Propone ricorso avverso la detta sentenza l’imputato, deducendo violazione di legge sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione e/o sua illogicità manifesta, rilevando come il Tribunale per pervenire alla decisione di condanna aveva utilizzato alcuni atti (in particolare alcune dichiarazioni del F. contenute in due "memoriali" datati 12 novembre e 10 dicembre 2007 e le dichiarazioni del coimputato A. rese in sede di interrogatorio di garanzia) acquisiti al processo senza il consenso della difesa. Rileva, in ogni caso come la motivazione seguita dai Tribunale per pervenire alla decisione di responsabilità fosse priva di riscontri (attesa l’inutilizzabilità di alcuni atti). Con un secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18) essendo il Tribunale, nel calcolo della pena, incorso in errore nel determinare l’entità di essa. Con un terzo motivo viene denunciata violazione di legge per inosservanza dell’art. 521 cod. proc. pen. per avere il Tribunale modificato con la decisione la contestazione originaria. Gli ultimi due motivi attengono, invece, al difetto di motivazione per contraddittorietà in ordine alla esclusione di ogni beneficio di legge e per la mancata concessione dell’indulto limitatamente a quella parte della condotta temporalmente compatibile con la misura di clemenza.

Motivi della decisione

1. Osserva la Corte come il primo motivo – riguardante la indebita acquisizione di atti al processo, senza il consenso dei difensori (in particolare i due memoriali del F. contenenti confessioni circa l’attività prestata dall’ A.B. ed il suo ruolo di "caporale" che forniva manod’opera straniera all’azienda del F. e le dichiarazioni dello stesso A.) – non risulti manifestamente infondato, attesa l’insufficienza motivazionale sul punto da parte del Tribunale che, per affermare la colpevolezza del F. si è basato sia su tali documenti, sia, per la verità, su altri dati testimoniali (dichiarazioni di tale D.S.), senza tuttavia spendere argomentazioni adeguate in merito alla denunciata inutilizzabilità. Non sono manifestamente infondati anche i motivi riguardanti il criterio di calcolo della pena (posto che non è dato evincere da quali basi certe sia partito il Tribunale per calcolare – in conformità al dettato del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18 – la pena pecuniaria poi irrogata: anche in questo caso è dato rilevare un vizio di motivazione che inficia la sentenza impugnata.

2. Dalla non manifesta infondatezza di tali motivi, deriva, in assenza di elementi atti ad escludere in modo evidente la responsabilità del F. basata, comunque, su plurimi elementi probatori diversi da quelli asseritamente non utilizzabili, la declaratoria di estinzione del reato maturata l’1 ottobre 2011, successivamente alla sentenza impugnata, senza peraltro che si rilevino sospensioni del corso della prescrizione. Invero il reato contestato si è prescritto per decorso del tempo (pari ad anni cinque comprensivi della proroga nella misura di un quarto).

4.1 Vale, sul punto, il principio affermato dalle SS.UU. di questa Corte secondo il quale nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla sentenza di appello è solo l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi a precludere la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., non potendo considerarsi formato un valido rapporto di impugnazione (Cass SS. UU 22.11.2000 n. 32; Cass. Sez. 2 20.11.2003 n. 47383;

Cass. Sez. 4 20.1.2004 n. 18641). La sentenza impugnata – alla stregua delle considerazioni che precedono – va annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2013

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