Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., 24-07-2012, n. 13035 Accertamento Redditi d’impresa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Puglia, sez. stacc. di Foggia, n. 337/25/09, depositata il 30 ottobre 2009, con la quale, accolto l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale in parte, l’opposizione di Z.B. avverso l’avviso di accertamento relativamente all’Irpef, all’Ilor ed accessori per il 1992, veniva ritenuta parzialmente fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che i costi di distribuzione e commercializzazione dei cataloghi pubblicitari relativi alla gestione della ditta "X" da parte della società X erano privi di ogni riscontro probatorio; il mandato esibito era carente di data certa e di registrazione; inoltre quegli stessi costi erano anche carenti delle necessarie fatture passive, e quindi non erano deducibili. Invece per le movimentazioni bancarie non vi erano elementi per ritenere che si riferissero a ricavi d’impresa, anche perchè essi non potrebbero essere tassati due volte con la precedente ripresa. Infine i costi indicati dal contribuente debbono ritenersi inerenti all’attività svolta. Z. resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
Motivi della decisione
2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che le movimentazioni bancarie costituiscono prova presuntiva di ricavi nell’attività d’impresa, con inversione dell’onere della prova sul contribuente, che però non l’aveva assolta.
Il motivo è fondato, in quanto, com’è noto, in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 impone di considerare ricavi sia i prelevamenti, sia i versamenti su conto corrente, salvo che il contribuente non provi che questi ultimi sono registrati in contabilità e che i primi sono serviti per pagare determinati beneficiari, anzichè costituire acquisizione di utili.
Infatti, posto che sussiste inversione dell’onere della prova in materia, alla presunzione di legge (relativa) va contrapposta una prova, non un’altra presunzione semplice ovvero una mera affermazione di carattere generale, nè è possibile ricorrere all’equità (Cfr.
anche Cass. Sentenze n. 25365 del 05/12/2007, n. 14675 del 2006).
Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta modo giuridicamente corretto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizi di motivazione, giacchè il giudice di appello non indicava le ragioni, per le quali riteneva i costì sussistenti, sebbene alcun corrispettivo fosse previsto in contratto con l’X, e invece quelli di commercializzazione dei cataloghi risultassero sostenuti direttamente dalla X, mentre altri, come acquisti di brocche;
apparecchi telefonici; adesivi destinati a soggetti diversi, nonchè fatture per utenze e luoghi non dichiarati, erano non inerenti.
La censura va condivisa, posto che il giudice del gravame non esplicitava il procedimento logico mediante il quale perveniva al giudizio di sussistenza e inerenza dei costi relativamente all’attività d’impresa.
4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Puglia, altra sezione, per nuovo esame, e che fra l’altro si uniformerà al suindicato principio di diritto.
5. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Puglia, altra sezione, per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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