Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 08-07-2013, n. 28897

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza dell’11 marzo 2010 il Tribunale di Rimini assolveva H.F., imputato dei reati di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171, comma 2, lett. a), art. 648 c.p., fatti commessi in (OMISSIS), perchè il fatto non sussiste. Riteneva il Tribunale, quanto al reato sub A), che il reato non potesse configurarsi stante la pronuncia della Corte di giustizia di Lussemburgo emessa l’8 novembre 2007 nella causa Scwibbert e la giurisprudenza interna di legittimità adesiva a tale pronuncia, secondo la quale la semplice assenza del contrassegno SIAE non potesse avere rilevanza penale. Da qui la assoluzione anche dal delitto di ricettazione per difetto del reato "presupposto".

1.2 Propone ricorso il Pubblico Ministero denunciando – limitatamente al delitto di cui al capo a) (detenzione ai fini della vendita di supporti musicali e per video-giochi abusivamente duplicati) – che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto escluso il reato per mancanza del contrassegno SIAE, laddove la contestazione riguardava la abusiva duplicazione dei supporti detenuti dall’imputato che non si basava affatto sulla assenza del contrassegno.

Motivi della decisione

1. Osserva la Corte che il ricorso è fondato, essendo stato ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la prova della illecita duplicazione, a prescindere dalla mancanza del marchio SIAE (che non assume valore indiziante a tale fine), può agevolmente ricavarsi da altri indici quali le modalità di tempo e di luogo della vendita, il tipo di confezionamento del prodotto, il tipo di supporto utilizzato, l’assenza di loghi e marchi del produttore o l’utilizzo di copertine fotocopiate (sul punto v. da ultimo, Cass. Sez. 3^ 15.11.2012 n. 45955, Celentano, Rv. 253880;

Cass. Sez. 2^ 7.11.2012 n. 5228. Mbaye, Rv. 255046; Cass. Sez. 3^ 4.11.2011, Gadtaga, Rv. 252123).

2. Tuttavia, tenuto conto del tempus commissi delicti, il reato de quo era da ritenersi prescritto già prima della sentenza di primo grado, maturando il relativo termine dopo il decorso di anni sette e mesi sei, abbondantemente scaduto alla data di emissione della sentenza impugnata.

3. Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza – non essendo evidente la prova della insussistenza del fatto per le ragioni enunciate dal P.M. ricorrente – per essere il reato estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato di cui al capo a) estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2013

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