Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., 24-07-2012, n. 13027 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 93/13/2009, depositata il 17 luglio 2009, con la quale, rigettato l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione avverso due avvisi di accertamento e uno di contestazione di sanzioni relativi all’Irpeg, Irap ed Iva per gli anni 1997-98 emessi nei confronti della società XXXsrl., esercente l’attività di costruzione di edifici, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il metodo induttivo seguito non era stato regolare, atteso che gli atti impositivi si basavano su presunzioni costituite dalle rilevazioni della Guardia di finanza, la quale a sua volta aveva posto a fondamento del suo operato il verbale d’ispezione dei funzionar dell’Inps, in cui le pretese violazioni avrebbero trovato solo un vago e generico riscontro, non tale da costituire prova presuntiva. La contribuente non si è costituita.
2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che gli atti impositivi si fondavano sulla verifica svolta dalla Guardia di finanza, la quale aveva riscontrato che la XXXaveva tenuto una contabilità irregolare, anche sui rilievi mossi dagli ispettori Inps, mediante la mancata registrazione di costi; la non annotazione di proventi costituiti dai compensi corrisposti in nero ai due dipendenti; la conoscenza delle ragioni della ripresa da parte della contribuente, posto che i verbali della GdF e dell’Inps erano conosciuti dalla medesima, per essere stati consegnati ad essa e ai quali gli avvisi facevano riferimento, sicchè il ricorso al metodo induttivo era stato regolare.
Il motivo è fondato, in quanto, com’è noto, in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa, consentito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), sulla base del controllo delle scritture e delle registrazioni contabili, l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, sia specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio, sia dimostrando la loro a-stratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate,anche in relazione alla eventuale antieconomicità delle stesse, senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perchè proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 951 del 16/01/2009, n. 11599 del 2007). Del resto anche le vicende relative alla situazione patrimoniale del contribuente accadute in anni diversi da quello in contestazione possono costituire legittimi indici di capacità contributiva in tale materia, allorchè si riflettano sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori ed autonomi indici contributivi (V. pure Cass. Sentenza n. 6714 del 02/06/1992).
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacchè il giudice del gravame non indicava le ragioni per le quali addiveniva al giudizio di fondatezza dell’opposizione all’accertamento.
La censura, che sostanzialmente rimane assorbita dal precedente motivo, comunque va condivisa, posto che il giudice di appello in realtà non specificava le ragioni secondo cui la documentazione fornita dalla contribuente fornisse la prova della infondatezza della pretesa erariale.
4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norma di legge, poichè il giudice di appello non considerava che per alcuni cantieri la società aveva dichiarato dei costi superiori ai ricavi senza alcuna valida giustificazione, sicchè era inverosimile che l’attività potesse essere svolta con criteri antieconomici in mancanza di prova al riguardo.
La doglianza ha pregio, posto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico- induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente.
Pertanto in tali casi è consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purchè gravi, precise e concordanti – maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 6337 del 03/05/2002, n. 11645 del 2001)).
5. Alla luce di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata non risulta motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto.
6. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.
7. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, altra sezione, per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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