Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
D.F., notaio in (OMISSIS), proponeva reclamo alla corte di appello di Firenze avverso il provvedimento della COREDI per la Toscana del 22.9.2010, con la quale gli veniva irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dalla professione per mesi 6, per aver ricevuto 2 atti di donazione in cui il donante era rappresentato dal suo procuratore generale in forza di una procura, ricevuta dallo stesso notaio senza presenza di testimoni, priva della designazione del donatario e della specifica indicazione dei beni oggetto della donazione e quindi in violazione dell’art. 778 c.c..
La Corte di appello di Firenze, con sentenza depositata l’11.5.2011, ritenuta la responsabilità disciplinare del notaio, concedeva allo stesso le attenuanti generiche e sostituiva, per l’effetto, la sanzione della sospensione di mesi 6 con quella del pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 8.000,00. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.F., che ha presentato anche memoria.
Non ha svolto attività difensiva il consiglio notarile intimato.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione alla L. Not., artt. 155, 156 e 157, L. n. 241 del 1990, art. 2, art. 111 Cost., nonchè art. 360 c.p.c., n. 5: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Assume il ricorrente che la normativa vigente prevede termini specifici per l’instaurazione e lo svolgimento del procedimento disciplinare da parte del Coredi, e questi termini non sono stati rispettati. In ogni caso il procedimento non sarebbe stato ultimato davanti alla COREDI entro 90 giorni, applicando il principio che regola il procedimento amministrativo, di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2.
2.1. Il motivo è infondato.
Anzitutto i termini stabiliti dalla legge nel procedimento disciplinare dei notai hanno natura ordinatoria, posto che è principio generale che devono essere considerati tali i termini del procedimento amministrativo che non siano dichiarati espressamente perentori dalla legge o che derivino la loro perentorietà da una logica di sistema (come ad esempio quelli relativi all’impugnazione;
Cass. n. 4530 del 05/03/2004).
2.2. Quanto alla censura, secondo cui il procedimento non sarebbe stato ultimato entro novanta giorni, a norma della L. n. 241 del 1990, art. 2, va osservato che la disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36-bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con il procedimento disciplinare, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve (cfr. Sez. U, n. 9591 del 27/04/2006; Cass. n. 3852 del 22/02/2006).
3.1. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 778 e 1392 c.c., nonchè il vizio di motivazione, per avere la corte di merito ritenuto che la procura generale era di per sè inidonea a concludere la donazione, perchè conferita in assenza di 2 testimoni, formalità necessaria ai fini della successiva validità della donazione a norma dell’art. 1392 c.c.). A parere del ricorrente ciò avrebbe dato luogo solo ad un atto inefficace e non nullo, essendo possibile la ratifica da parte del rappresentato.
3.2. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 28 L.N., nonchè art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente che erroneamente la corte di appello ha ritenuto che la donazione fuori dai limiti di cui all’art. 778 c.c., sarebbe un atto nullo.
4.1. Va preliminarmente esaminato questo terzo motivo. La giurisprudenza ha ritenuto che l’art. 778 cod. civ. detti limiti al mandato a donare. Questo articolo sancisce la nullità del mandato a designare la persona del donatario o a determinare l’oggetto della donazione e – per contro – la validità della scelta del donatario o della determinazione della cosa da donare fatta da un terzo entro particolari limiti prefissati dal donante (n. 12181 del 12/11/1992).
La predetta nullità colpisce espressamente il mandato a donare, ma essa si estende all’atto di donazione che sia stato stipulato in esecuzione del mandato espressamente sanzionato con la nullità dal legislatore.
L’atto di donazione, al pari del testamento o del legato, è un atto cosiddetto personalissimo, un atto cioè che sorge esclusivamente in funzione dell’attitudine del soggetto al rapporto sociale che si stabilisce con il negozio stesso, con l’ulteriore conseguenza che la volontà deve essere espressa direttamente e che l’eventuale intervento di terzo, che si appalesa eccezionale, deve essere delimitato preventivamente in termini ben precisi sia in relazione al soggetto donatario che in relazione al bene da donare.
Non a caso la violazione dell’art. 778 c.c., è sanzionata con la nullità, a differenza di quella di cui all’art. 1395 c.c., sanzionata con l’annullabilità, nè in relazione alla violazione dell’art. 778 c.c., è prevista ratifica.
4.2. Con una remota sentenza (Cass. n. 1323 del 23/04/1969) questa Corte già ritenne che "E’ colpevole di contravvenzione alla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, n. 1, il notaio che riceve prima un atto, con il quale un soggetto procede alla nomina di un procuratore generale ad negotia, conferendogli fra l’altro il potere di fare ed accettare donazioni senza determinazione dell’oggetto e dei destinatari delle donazioni stesse, e successivamente riceve un altro atto, col quale il predetto procuratore, agendo in proprio e nella qualità, dona ad un terzo un’immobile, del quale egli ha la nuda proprietà, mentre il mandante ne ha l’usufrutto".
Il principio va qui confermato.
5.1. Quanto alla seconda ragione di nullità, secondo cui già la mancanza dei testi al momento del conferimento della procura, dava luogo alla nullità non ratificabile della stessa per difetto di forma a norma dell’art. 1392 c.c., con conseguente nullità della donazione, va osservato che il secondo motivo di ricorso, che esclude, sulla base della ratificabilità della donazione compiuta da falsus procurator, la nullità della stessa, è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Si tratta, infatti, di questione che attiene alla seconda ratio decidendi in tema di nullità della donazione.
5.2. Infatti va osservato che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle "rationes decidendi" rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 24/05/2006, n. 12372; Cass. 16/08/2006, n. 18170; Cass. 29/09/2005, n. 19161).
6. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 144 L. Not. e art. 54 reg., nonchè il vizio di motivazione dell’impugnata sentenza perchè, pur avendo concesse le attenuanti generiche e sostituito la sanzione della sospensione per 6 mesi con quella della sanzione pecuniaria di Euro 8.000,00, non aveva concesso il minimo edittale.
7. Il motivo è infondato.
E’ giurisprudenza assolutamente costante che l’entità della sanzione comminata, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, ed è incensurabile in questa sede di legittimità se non per vizio motivazionale, che nella fattispecie non si ravvisa nella sostituzione dell’inflitta sanzione della sospensione con quella pecuniaria di Euro 8.000,00.
8. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., poichè il giudice di appello l’ha condannato al pagamento della metà delle spese sostenute dal Consiglio notarile. Secondo il ricorrente tale condanna era illegittima, in quanto il Consiglio non si era costituito 20 giorni prima dell’udienza fissata del 22 aprile 2011, ma solo il 14 aprile 2011. 9.11 motivo è infondato.
Infatti la non tempestiva costituzione del Consiglio notarile non comportava, come ritiene il ricorrente, l’irregolarità della costituzione, ma solo l’intervenuta decadenza per alcune attività difensive, mentre il Consiglio poteva svolgere ogni altro tipo di attività che costituisse mera difesa, come appunto ha fatto. 9.11 ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla per le spese non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012
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