Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-07-2012, n. 12988 Dichiarazione di adottabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Con sentenza del 24.1.2008 il Tribunale per i Minorenni di Catania dichiarava lo stato di adottabilità del minore F. S..

La decisione, impugnata dalla norma I.R., veniva confermata dalla Corte di Appello, Sezione Minorenni, che con riferimento alle doglianze prospettate con l’atto di gravame, osservava: che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il disagio economico non avrebbe rappresentato il solo fattore che aveva impedito alla I. di interessarsi del minore; che il servizio sociale del Comune di Noto si era fatto carico sia delle esigenze di quest’ultimo che di quelle della norma, collocando segnatamente lo S., così come pure il fratello (peraltro con differente sistemazione) presso una famiglia affidataria e favorendo comunque il mantenimento dei rapporti con la I.; che dopo tre anni vissuti in regime di affidamento il Tribunale per i Minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità del solo minore S., prorogando viceversa l’affidamento a tempo indeterminato del fratello presso i coniugi Sa. – M.; che lo stesso giudice aveva poi rilevato come la differenza di trattamento fra i due fratelli fosse imputabile al fatto che soltanto S. aveva manifestato ostilità nei confronti della nonna; che la detta ostilità sarebbe stata imputabile alle discriminazioni più volte subite, e ciò in quanto la sua nascita sarebbe derivata da una relazione della madre con cittadino extracomunitario; che analogo atteggiamento discriminatorio sarebbe stato posto in essere anche dagli altri parenti, sicchè il minore avrebbe maturato e manifestato l’intenzione di non incontrare più la nonna, circostanza peraltro confermata dalla stessa I.; che l’opposizione ad ulteriori incontri con i parenti ed il pregiudizievole trattamento subito ad opera dell’unico familiare con cui il minore manteneva i rapporti avrebbero dunque comprovato la correttezza del giudizio emesso dal primo giudice.

Avverso la decisione I. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resisteva con controricorso successivamente illustrato da memoria l’avv. S.M., nella qualità di tutore del minore.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 2.7.2012.

Motivi della decisione

Con i motivi di impugnazione I. ha rispettivamente denunciato:

1) violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1 e 15, così come modificati dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, per il fatto che all’istituto dell’adozione dovrebbe essere assegnato il carattere di estremo rimedio, mentre nella specie la dichiarazione di adottabilità sarebbe intervenuta senza una valutazione complessiva dei rapporti di familiarità con la nonna.

In realtà quello che nella specie sarebbe mancato sarebbe stato individuabile nell’assenza di un intervento di sostegno e di aiuto economico da parte dei servizi sociali del Comune. Le carenze riscontrate non sarebbero state quindi imputabili ad una indisponibilità di essa ricorrente ad eliminarle ma, più semplicemente, ad una impossibilità di far fronte ai conseguenti oneri economici.

Per di più la decisione contestata presenterebbe anche profili di contraddittorietà, in ragione del differente trattamento disposto per ciascuno dei due fratelli;

2) vizio di motivazione, in quanto con l’atto introduttivo del giudizio di appello era stato denunciato che la causa dell’interruzione dei rapporti intercorrenti con il minore doveva essere individuata negli interventi limitativi dei servizi sociali.

Ciò avrebbe dunque dovuto indurre la Corte territoriale a motivare le ragioni per le quali non era stato dato credito alle prospettazioni offerte e non era stata apprezzata l’opportunità di svolgere attività istruttoria sul punto.

Per di più il minore in data 7.6.2007 aveva riferito; "La nonna è un pò buona, ma non mi trovo bene con lei", e ciò avrebbe da una parte escluso lo stato di abbandono e, dall’altra, confermato la necessità di una più articolata e penetrante motivazione.

Infine, la questione relativa alla pretesa discriminazione subita dal minore per essere figlio di extracomunitario non risulterebbe riferita da quest’ultimo, ma piuttosto richiamata dalla coppia affidataria. In ogni modo non sarebbe sufficientemente motivato lo stato di abbandono e l’indisponibilità dei parenti ad ovviarvi.

Il ricorso è inammissibile.

Ed infatti il provvedimento impugnato è stato depositato il 20.5.2008, quando cioè era vigente l’art. 366 bis c.p.c., per il quale, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve concludersi con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso di cui al n. 5 dello stesso articolo, l’illustrazione del motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, perchè sia rispettato il disposto del citato art. 366 bis, occorre che il ricorrente, con riferimento al vizio di violazione di legge, proceda all’enunciazione di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato, tale cioè da implicare – se condiviso -un ribaltamento della decisione contestata e, con riferimento al vizio di motivazione, rappresenti un momento di sintesi (la cui funzione è omologa a quella del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti.

Nella specie, peraltro, detti adempimenti non risultano rispettati.

Ed infatti, quanto al secondo motivo, manca del tutto l’indicazione del fatto controverso, che non è possibile desumere dalla relativa lettura nel suo complesso, ma che va al contrario rappresentato in una parte del motivo a ciò specificamente e riassuntivamente destinata (C. 08/11652, C. 08/8897, C. 08/4311).

Quanto al primo motivo, la I. ha richiesto a questo giudice di stabilire se ha fatto correta applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 15, il giudice che "di fronte alla ribadita volontà della nonna materna di occuparsi del minore, alla presenza di significativi rapporti tra le stessa ed il bambino e di fronte alla riconosciuta esistenza dello stato di abbandono per altro nipote minore, che si trova nelle stesse condizioni, ha ritenuto di dare luogo alla dichiarazione di adottabilità, senza neppure richiedere un ulteriore intervento dei servizi sociali, volto a superare eventuali carenze riscontrate".

E’ di tutta evidenza, dunque, come il quesito in questione non sia sorretto dall’enunciazione di alcun principio di diritto, ma si risolva piuttosto in una generica istanza di decisione adesiva agli argomenti svolti con il motivo, nella prospettiva di un auspicato superamento di quelli posti dalla Corte territoriale a fondamento della sentenza impugnata.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *