Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-07-2012, n. 12984 Disconoscimento di paternità

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 23.10.2001 B.S.J. M. conveniva davanti al Tribunale di Firenze D.S. J. e Ba.St.Ma., unici suoi consanguinei, esponendo: di essere nata in (OMISSIS) da S. A., moglie di F.D.S.R.C.; che i detti coniugi erano deceduti; che il (OMISSIS) essa attrice era stata adottata da B.J.G. e H.M.C. in B., entrambi cittadini (OMISSIS); che dopo il decesso di questi ultimi aveva appreso, sulla base di quanto risultante da documentazione relativa alla sua adozione, che la madre si era separata di fatto dal marito a far tempo dal (OMISSIS) e che il suo concepimento era frutto di una breve relazione avuta con uno scultore; che la madre l’aveva infine collocata presso un istituto, accettando inoltre di darla in adozione.

Chiedeva quindi che il Tribunale adito accertasse che F. C. non era il suo padre naturale.

La domanda veniva disattesa per mancanza di interesse dell’attrice alla proposizione della domanda, decisione che, impugnata, veniva modificata dalla Corte di Appello di Firenze, che più precisamente ne dichiarava la nullità, rimettendo le parti al primo giudice.

In particolare la Corte territoriale rilevava che l’art. 247 c.c. indica il presunto padre, la madre ed il figlio come litisconsorti necessari; che l’appellante avrebbe inteso ovviare al principio dettato con il citato articolo "convenendo in giudizio i propri stessi figli", scelta che sarebbe stata tuttavia erronea in quanto i convenuti non avevano manifestato un interesse contrastante con quello della madre; che alla luce del disposto dell’ultimo comma dell’art. 247 c.c., la B.S. avrebbe dovuto convenire in giudizio le persone indicate dall’art. 246 c.c., mancando le quali avrebbe dovuto richiedere la nomina di un curatore speciale, proponendo quindi l’azione contro di lui. Ciò non si era verificato e di qui sarebbe sorta la necessità di rimettere la causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c..

Avverso la detta sentenza la B.S. proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui non resistevano gli intimati.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 25.6.2012.

Motivi della decisione

Con il solo motivo di impugnazione B.S. ha denunciato violazione degli artt. 246 e 247 c.c., e artt. 102 e 354 c.p.c., in ragione dell’avvenuta notifica dell’atto introduttivo del giudizio ai figli di essa ricorrente, quali soli discendenti del presunto padre di cui era stato chiesto il disconoscimento e della madre, entrambi deceduti.

La Corte di Appello, infatti, aveva affermato che la domanda giudiziale avrebbe dovuto essere "proposta contro qualcuno che sia portatore di un interesse contrario" e quindi, "in carenza di eredi, " contro un nominando curatore ", affermazione che viceversa sarebbe errata in quanto contrastante con la normativa vigente sopra richiamata.

La censura è fondata.

Ed infatti il legislatore, nel disciplinare l’azione di disconoscimento della paternità (artt. 244 – 247 c.c.), ha individuato quali legittimati passivi il presunto padre, la madre ed il figlio, qualificandoli come litisconsorti necessari (art. 247 c.c., comma 1).

Nel quarto comma dello stesso articolo è stato poi stabilito che nel caso di morte di uno dei litisconsorti "l’azione si propone nei confronti delle persone indicate nell’articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice".

Venendo dunque all’esame del richiamato art. 246 si rileva, per la parte di interesse, che le persone ivi indicate sono i discendenti e gli ascendenti del presunto padre e della madre sicchè, alla stregua del chiaro dettato normativo, la legittimazione passiva nella proposta azione di disconoscimento della paternità è stata correttamente individuata dalla ricorrente nei confronti dei discendenti dei due coniugi F.D.S.R., entrambi deceduti.

Al contrario, l’applicazione del combinato disposto degli artt. 247 e 246 c.c., non richiede la designazione di un curatore, nè prevede che i soggetti evocati in giudizio siano portatori di interesse contrario a quello dedotto e fatto valere con il relativo atto introduttivo.

La B.S. conclusivamente si è doluta dell’errata applicazione della normativa dettata in tema di litisconsorzio necessario nel giudizio di disconoscimento di paternità e la censura, come detto, risulta fondata, in ragione della chiara formulazione della normativa vigente al riguardo, che non contempla, in presenza di discendenti, l’evocazione in giudizio di un curatore speciale.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione per la delibazione nel merito della controversia, rispetto alla quale risulta del tutto irrilevante il provvedimento di adozione intervenuto negli Stati Uniti, in quanto rimasto inefficace nello Stato italiano.

Il giudice del rinvio provvederà infine alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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