Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-01-2013) 09-05-2013, n. 20090

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma in data 20 febbraio 2009, appellata da D.M.F., condannato, con le attenuanti generiche,alla pena di quattro anni, sei mesi di reclusione e 19.000 Euro di multa, in quanto responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per avere, detenuto e reiteratamente ceduto a C.G. e D.G.M. vari quantitativi di eroina e cocaina (in (OMISSIS)).

La Corte di appello, rigettate alcune eccezioni di natura processuale, rilevava che la responsabilità penale del D.M. era desumibile dalle dichiarazioni degli imputati di reato connesso C.G. e D.G.M., condannati in separato procedimento con sentenza definitiva, da trascrizioni di intercettazioni tra presenti e da fonti documentali.

2. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto personalmente, con il quale deduce:

2.1. Violazione dell’art. 197-bis c.p.p., comma 4, e art. 195 c.p.p., comma 4, e vizio di motivazione, sui seguenti punti:

a) le dichiarazioni degli imputati di reato connesso C. e D. G. erano inutilizzabili, non essendo stato dato loro l’avviso della facoltà di non rispondere, formalità che andava osservata anche se si ritenesse che gli stessi fossero stati sentiti quali testimoni assistiti ex art. 197-bis cod. proc. pen., dato che essi nel procedimento a loro carico non avevano ammesso gli addebiti;

b) anche le dichiarazioni del teste N., ufficiale di p.g., erano inutilizzabili, ai sensi dell’art. 62 c.p.p. e art. 195 c.p.p., comma 4, in quanto lo stesso aveva riferito circa le dichiarazioni rese dai coimputati C. e D.G.;

c) analoghi rilievi valevano per il teste D.;

d) erano inutilizzabili le dichiarazioni rese dall’imputato, non avvertito della facoltà di non rispondere, ai sensi dell’art. 64 c.p.p., comma 1, lett. a);

e) nessuna risposta era stata data alla rilevanza del contenuto nella agendina sequestrata presso l’abitazione del D.G..

2.2. Inutilizzabilità delle trascrizioni di intercettazione telefoniche e del contenuto delle agende e degli altri documenti acquisiti al dibattimento, per violazione dell’art. 191 cod. proc. pen., trattandosi di documentazione che non faceva parte del fascicolo delle indagini all’atto dell’avviso di conclusione delle stesse ex art. 415-bis cod. proc. pen..

2.3. Omessa motivazione circa l’affermazione di responsabilità per le ipotesi di cessione di sostanza stupefacente contestate in continuazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso appare infondato.

2. Bene sono state utilizzate le dichiarazioni dei testimoni assistiti C.G. e D.G.M., acquisite nel dibattimento di primo grado a carico del D.M., ai quali non doveva essere dato l’avviso previsto dall’art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c), essendo stati gli stessi assunti, per l’appunto, quali testi ex art. 197-bis c.p.p., comma 1, dal momento che nel separato procedimento a loro carico era stata già emessa sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

3. Contrariamente a quanto dedotto, gli ufficiali di p.g. N. e D. non hanno riferito circa le dichiarazioni loro rese dai coimputati C. e D.G..

La prima, che operava sotto copertura, ha riferito di avere ricevuto dal C., a titolo di "assaggio", un quantitativo modesto di eroina e di cocaina e successivamente di avere ricevuto dal medesimo sei etti di eroina, presente il D.G.. Sono state invece le dichiarazioni rese dal C. e dal D.G., successivamente al loro arresto, e la ricognizione fotografica dagli stessi effettuata, a permettere la identificazione nel D.M. del soggetto, denominato "cumpà", che figurava nelle intercettazioni precedentemente avviate.

Il secondo si è limitato a riferire sullo svolgimento delle intercettazioni ambientali, relative a colloqui in stretto dialetto calabrese, e circa l’operazione di perquisizione nella casa del D. G., a seguito della quale venne rinvenuta una agenda telefonica che aveva permesso di risalire al D.M..

4. Sembra che effettivamente l’imputato, cui, ratione temporis, non era stato dato nel corso dell’interrogatorio davanti al P.m. l’avvertimento che le sue dichiarazioni avrebbero potuto essere utilizzate nei suoi confronti, non sia stato sottoposto a nuovo interrogatorio, come invece sarebbe dovuto avvenire a norma della L. 1 marzo 2001, n. 63. Le sue dichiarazioni sarebbero dunque inutilizzabili, ex art. 64 c.p.p., comma 3-bis.

Ma il fatto è che la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, pur dando atto che l’imputato ha ammesso parzialmente gli addebiti, non si fonda in realtà su tali dichiarazioni, che anzi sono contestate nella parte in cui tendono a modificare i fatti in senso favorevole al medesimo, ritenendosi invece decisive le acquisizioni probatorie di cui si è detto (fonti dichiarative, colloqui intercettati, prove documentali). La doglianza è quindi inammissibile, perchè non spiega quale rilevanza può assumere l’espunzione delle dichiarazioni dell’imputato dal complessivo materiale probatorio.

5. Quanto alla rilevanza dell’agendina sequestrata in casa del correo D.G., tale profilo, contrariamente a quanto dedotto, è stato specificamente messo in risalto dalla sentenza di primo grado, cui fa puntuale rinvio quella impugnata, osservandosi che uno di numeri telefonici corrispondeva alla utenza del padre della convivente del D.M., e che in essa figurava il nome "compare" che era appunto l’appellativo con il quale veniva chiamato il ricorrente.

6. Manifestamente infondato è il rilievo circa la inutilizzabilità delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e del contenuto delle agende e degli altri documenti acquisiti al dibattimento per non essere essi compresi nel fascicolo delle indagini all’atto dell’avviso delle conclusioni di queste. Si tratta infatti di materiale probatorio, proveniente da separato procedimento, che ben poteva essere riversato nel dibattimento a carico del D.M., non essendovi alcuna norma che lo vieti.

7. Infine, il rilievo circa la mancanza di motivazione in ordine alla reiterazione dei fatti di cessione di droga contestati, di cui da puntuale conto la sentenza di primo grado, non specificamente contestata sul punto dalla difesa nè nell’atto di appello nè nel presente ricorso per cassazione, appare palesemente infondato.

8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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