Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-07-2012, n. 12982 Legittimazione a ricorrere ed a resistere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
1. Accogliendo la domanda proposta dal Fallimento della XXX costruzioni s.r.l., il tribunale di Napoli, con sentenza 26 gennaio 2006, revocò i pagamenti eseguiti dalla società fallita per complessivi Euro 149.666,58 a favore di XXX s.p.a., (già Banca di Roma s.p.a.).
2. Avverso quella sentenza propose appello XXX s.p.a., quale mandataria di XXX s.r.l., alla quale era stato ceduto il portafoglio di crediti e la gestione delle procedure di recupero.
Nell’atto di cessione 11 maggio 2001, La cessionaria aveva a sua volta aveva conferito alla banca l’incarico di gestire il portafoglio e le procedure di recupero. Il fallimento resistette al gravame.
3. Con sentenza in data 12 ottobre 2009, la Corte d’appello di Napoli dichiarò l’appello inammissibile, essendo stato proposto da soggetto privo di legittimazione. La sentenza di primo grado era stata pronunciata nei confronti di XXX s.p.a, già XXX s.p.a. L’appello era stato proposto invece da XXX quale mandataria di XXX s.p.a., deducendo che la Banca di Roma aveva ceduto in data 11 maggio 2001 il suo portafoglio crediti a XXX s.p.a. che aveva conferito alla Banca di Roma, poi XXX s.p.a., pro soluto tutti i crediti derivanti da un portafoglio di mutui fondiari, di mutui, anticipazioni e in genere finanziamenti in varie forme tecniche assistiti da ipoteche volontarie e/o giudiziali e non assistiti da ipoteche. Era inoltre stabilito che l’incasso dei crediti e dei titoli ceduti sarebbe stato fatto per conto di XXX s.r.l. dalla Banca di Roma s.p.a. quale mandatario con rappresentanza. La cessione non comprendeva il rapporto litigioso, che non costituiva un credito della banca ma un suo debito.
4. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorre Unicredit s.p.a. – che afferma di avere incorporato XXX s.p.a.
con effetto dal giorno 1 ottobre 2007 – attraverso la sua mandataria Unicredit credit Management Bank s.p.a., per due motivi, con atto notificato il 26 novembre 2010.
Il fallimento resiste con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Unicredit s.p.a.
denuncia la violazione dell’art. 100, poi anche dell’art. 111 c.p.c., deducendo che la corte di me rito aveva deciso su una questione erroneamente qualificata di legittimazione attiva, laddove si trattava di titolarità del credito; una questione, dunque, attinente al merito della causa, che non poteva essere conosciuta d’ufficio, e sulla quale nessuna eccezione era stata mossa dal fallimento appellato.
6. Il motivo è manifestamente infondato. La corte napoletana ha rilevato che l’appello era stato proposto da un soggetto – la XXX s.r.l. – che non aveva partecipato al giudizio di primo grado, e che non risultava cessionaria del rapporto controverso.
Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa corte, poichè la successione nel processo, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ., di un altro soggetto alla parte originaria è un fatto costitutivo del diritto potestativo di natura processuale a impugnare la sentenza emessa nei confronti della parte originaria, il soggetto che proponga l’impugnazione nell’asserita qualità di successore di quello che ha partecipato al precedente grado o alla precedente fase del giudizio deve provare i fatti da cui deriva quella sua qualità, e la mancanza di tale prova è circostanza rilevabile d’ufficio, di là dalla contestazione della controparte, perchè attinente alla titolarità del diritto processuale di adire il giudice dell’impugnazione e come tale alla regolare costituzione del contraddittorio in funzione del giudizio dell’impugnazione, e non alla sola titolarità della situazione sostanziale, come accade, invece, quando un soggetto agisca qualificandosi successore introducendo un giudizio di primo grado (Cass. 12 febbraio 2004 nm.
2702, 11 gennaio 2005 n. 379, 13 giugno 2006 n. 13685, 17 ottobre 2006 n. 22244, 25 giugno 2010 n. 15352, 15 dicembre 2010 n. 25344).
Il motivo, pertanto, deve essere respinto in applicazione del riportato principio di diritto.
7. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 115 e 112 c.p.c.. La società ricorrente chiede di produrre in questo giudizio una serie di documenti, allegati al ricorso, che dovrebbero dimostrare la successione nel rapporto controverso. Nella memoria depositata a norma dell’art. 372 c.p.c., la ricorrente aggiunge che la corte di merito non avrebbe esaminato "contratti e procure che già erano state depositate in primo e secondo grado".
8. La produzione dei documenti in questione, che solo con la memoria ex art. 372 c.p.c., si afferma essere stati depositati nei giudizi di merito, senza peraltro precisare quando e in quale forma ciò sarebbe avvenuto, e in che modo quest’affermazione sarebbe verificabile dalla corte, in violazione della prescrizione enunciata nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, a pena d’inammissibilità (cfr. Cass. Sez. un. 25 marzo 2010 n. 7161), è inammissibile nel presente nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 372 c.p.c.. E’ infatti ben noto che, laddove l’allegazione della legittimazione a impugnare e la produzione di prove al riguardo siano mancate nel giudizio di merito, non può porsi rimedio in sede di legittimità con la produzione dei documenti che non furono prodotti davanti al giudice di merito. Nel giudizio per Cassazione promosso contro la sentenza con la quale sia stata negata la legittimazione ad agire o a contraddire del sedicente successore per difetto di prova della vantata qualità, invero, non può essere fornita la prova documentale della dedotta successione, poichè, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., in tal giudizio non è ammesso il deposito di documenti non prodotti nella precedente fase di merito, salvo che riguardino la nullità della sentenza impugnata – non configurabile nel caso in esame – o l’ammissibilità del ricorso e del controricorso – ipotesi analogamente da escludere, dacchè la legittimazione a ricorrere per cassazione deriva al sedicente successore, in simili circostanze, non da tale sua qualità ma dal fatto d’avere formalmente assunto la qualità di parte nel pregresso giudizio di appello (Cass. 17 ottobre 2006 n. 22244, in motivazione).
9. In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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