Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 29-04-2013, n. 18764

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

aratoria d’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.E.I. ricorre avverso la sentenza, in data 5 luglio 2012, del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, con la quale, gli è stata applicata la pena concordata tra le parti per il reato di cui agli artt. 81 cpv. e 629 c.p., ex art. 444 cod. proc. pen., e, chiedendone l’annullamento, deduce che il giudice avrebbe violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza e dell’applicazione dell’art. 129 c.p.p..

Il ricorso è, da un lato, privo della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondato; questa Corte ha stabilito: "La sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 succitato". Osserva la Corte che "La sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 succitato". (Cass. pen. sez. 3, 18.6.99, Bonacchi ed altro, 215071); e che "Nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicchè la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute", (cass. pen. sez 3, 27.3.2001, Ciliberti, 219852).

Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione; peraltro nella sentenza risulta verificata la insussistenza di elementi che importino decisioni ex art. 129 c.p.p.;

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2013
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