Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-07-2012, n. 12973 Risarcimento del danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 27.8. 2010, ha accolto l’appello proposto da M., O., A. e F. F. avverso la decisione di primo grado che aveva respinto, per intervenuta prescrizione del diritto azionato, la domanda da essi proposta nei confronti del Comune di Urgnano per ottenere il risarcimento dei danni subiti per la perdita di un terreno adibito ad area cortilizia, loro pervenuto per successione ereditaria, a seguito della morte del padre F.A., occupato sine titulo dal Comune nel 1980 per la realizzazione di una strada.

La Corte territoriale, premesso che era stata dedotta una fattispecie di danno da cd. occupazione usurpativa, rispetto alla quale il decorso del termine di prescrizione andava calcolato a partire dalla data della domanda giudiziale – con la quale gli attori/appellanti avevano manifestato la volontà di rinunciare alla restituzione del suolo – ha rilevato che il Comune, aveva trasformato il terreno, in difetto di una procedura amministrativa di esproprio, a seguito della costituzione di un consorzio volontario con tutti i proprietari dei terreni dell’edificando quartiere Europa, ma che non risultava formalizzato il consenso dei F. alla cessione dell’area al Consorzio nè v’era prova che la destinazione del bene a strada pubblica fosse stata da costoro accettata.

Il Comune di Urgnano ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione affidato a sei motivi ed illustrato da memoria, cui gli eredi F. hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione

1) L’eccezione preliminare di rito sollevata dai controricorrenti, di inammissibilità del ricorso per nullità della procura ad litem rilasciata dal Comune di Urgnano, è infondata: la procura, infatti, pur non contenendo un espresso riferimento alla sentenza impugnata, deve ritenersi validamente conferita, in quanto, ai sensi dell’art. 83 c.p.c. (come novellato dalla L. 27 maggio 1997 n. 141), si può ritenere che l’apposizione topografica della procura sia idonea – salvo diverso tenore del suo testo – a fornire certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e a far presumere la riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede (Cass. n. 29785/08).

2) Con il primo motivo, il Comune di Urgnano, denunciando violazione e falsa applicazione di (non meglio indicate) disposizioni del D.Lgs. n. 258 del 1992, della L. n. 2248 del 1865 e L. n. 126 del 1958 e del D.Lgs.lgt. n. 1446 del 1918, contesta che la fattispecie dedotta in giudizio potesse essere ricondotta al cd. fenomeno dell’occupazione usurpativa. Rileva a riguardo che era incontestato che la via (OMISSIS), insistente sull’area cortilizia di proprietà degli eredi F. – che serviva da collegamento fra la via (OMISSIS) – rientrasse fra le strade vicinali gestite dal Consorzio Quartiere Europa, cui i F. avevano aderito e che era stato costituito, con la partecipazione di esso Comune (che si era assunto l’onere di eseguire le opere) proprio allo scopo di sistemare, conservare e ricostruire le strade interne al quartiere, di proprietà privata ma soggette ad uso pubblico; deduce, che, ai sensi del D.Lgs.lgt. n. 1446 del 1918, l’approvazione definitiva delle opere, che deve avvenire con deliberazione assunta con le maggioranze previste dallo stesso decreto, determina come conseguenza la produzione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, sicchè, nel caso, doveva escludersi che si fosse verificata l’abusiva apprensione dell’area cortilizia.

3) Col secondo motivo, il ricorrente, denunciando vizio di motivazione della sentenza impugnata, rileva che la Corte territoriale ha, da un lato, affermato che la via (OMISSIS) era soggetta ad uso pubblico ed era stata da esso Comune realizzata nell’ambito delle attività del Consorzio e dall’altro, contraddittoriamente, sostenuto che l’area era stata occupata sine titulo.

I motivi, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati e devono essere respinti.

Il ricorrente basa le proprie censure sull’assunto che fosse circostanza "incontestata" che la via (OMISSIS) rientrava fra le strade vicinali interne al quartiere Europa, la cui realizzazione era stata approvata dal Consorzio appositamente costituito – ai sensi di legge – fra i proprietari ed il Comune, per la ricostruzione, la sistemazione e la gestione delle strade medesime.

Sennonchè, è proprio tale circostanza che la Corte territoriale ha ritenuto non provata, laddove (implicitamente escludendo che la strada potesse essere stata legittimamente realizzata nell’ambito delle attività demandate al Consorzio) ha rilevato che "non risultava formalizzato il momento formativo del consenso dei proprietari alla cessione delle aree" e che il Comune "non ha provato, nè si è offerto di provare che i F. avessero espresso esplicito consenso alla destinazione a strada dell’area cortilizia".

E’ del resto evidente che la via, costruita ex novo su di un’area di proprietà privata, non poteva rientrare fra quelle ab origine trasferite in gestione al Consorzio: questo, infatti, a norma del D.Lgs.lgt. n. 1446 del 1918, può essere costituito per la manutenzione, la sistemazione e la ricostruzione di strade vicinali preesistenti, ma non per la realizzazione di nuove strade vicinali;

nè il fatto che la via (OMISSIS) sia interna al quartiere Europa, e che il Comune attualmente la gestisca al pari delle altre strade vicinali del quartiere, può valere, in difetto di un’espressa manifestazione di volontà dei F., a farla ritenere automaticamente inclusa, ex post, fra quelle oggetto della convenzione di consorzio, così da escludere l’illecita apprensione dell’area su cui è stata costruita.

La circostanza, essa si incontestata, che la via – ancorchè insistente su suolo privato – sia destinata ad uso pubblico non è infatti sufficiente a connotare come legittimo l’operato del Comune, che, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, prima di procedere alla realizzazione della strada, avrebbe dovuto procurarsi il possesso dell’area cortilizia, o attraverso un ordinario procedimento espropriativo o acquisendo il consenso dei proprietari alla sua cessione, finalizzata all’esecuzione dell’opera da parte del Consorzio. Non può, infine, tenersi conto della deduzione difensiva, illustrata per la prima volta dal Comune nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., secondo cui l’area cortilizia in questione doveva essere ritenuta pertinenziale rispetto alle strade vicinali del Consorzio e quindi assoggettata al medesimo regime.

4) Con il terzo motivo il Comune, deducendo violazione dell’art. 2947 c.c., lamenta il rigetto dell’eccezione di prescrizione rilevando che, anche nell’ipotesi in cui l’acquisizione dell’area dovesse ritenersi illegittima, si verserebbe in fattispecie di occupazione acquisitiva e non usurpativa, per avere il Consorzio comunque deliberato l’approvazione dell’opera, comportante dichiarazione della sua pubblica utilità.

Il motivo è per un verso inammissibile, siccome fondato su una circostanza di fatto (l’intervenuta delibera di approvazione dell’opera) rimasta indimostrata e, per altro verso, manifestamente infondato, posto che, una volta escluso che i F. abbiano prestato il loro consenso alla cessione dell’area, l’eventuale delibera assunta, non rientrante nell’oggetto del Consorzio, avrebbe dovuto considerarsi radicalmente nulla, se non inesistente, e dunque inidonea a produrre gli effetti della dichiarazione di p.u..

5) Con il quarto motivo il Comune, deducendo violazione dell’art. 164, comma 4 e art. 189 c.p.c., comma 1, lamenta che la Corte d’Appello abbia omesso di prendere in considerazione sia l’eccezione di nullità dell’atto di citazione, da esso sollevata in ragione della mancata indicazione, da parte degli eredi F., delle ragioni di fatto e di diritto poste a sostegno della domanda, sia l’eccezione concernente la novità delle conclusioni precisate dagli attori all’udienza in cui la causa fu assunta in decisione dal giudice di primo grado.

6) Con il quinto motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 345 c.p.c., per avere i F. proposto in grado d’appello nuovi motivi, eccezioni ed istanze istruttorie che sarebbero state accolte dalla Corte d’Appello.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono manifestamente infondati: si versa infatti in causa regolata dal rito anteriore all’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, in cui l’art. 164, comma 4 e art. 189 c.p.c., comma 1 (introdotti dalla legge di riforma) non potevano trovare applicazione ed in cui non era precluso alla parti di proporre in appello nuove eccezioni o di richiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova.

7) Resta assorbito il sesto motivo di ricorso, con il quale il Comune lamenta di essere stato condannato al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio di merito. Anche le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Urgnano al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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