Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 24-07-2012, n. 12957 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 9 novembre 2007, G.G., dipendente dalla s.p.a. Poste Italiane, con inquadramento nell’area operativa, chiede, con tre motivi, la cassazione della sentenza notificata l’11 settembre 2007, con la quale la Corte d’appello di Bologna, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la sua domanda di inquadramento, dal 24 luglio 1995, ad ogni effetto giuridico ed economico, nell’area Q2, fondata sull’assunto di avere espletato per più di sei mesi le relative mansioni.

La società resiste alle domande con rituale controricorso.

Il ricorrente ha depositato una memoria.

Infine, la società ha depositato una comparsa di costituzione di un nuovo difensore (Anna Teresa Laurora), alla quale ha peraltro rilasciato una procura speciale apposta a margine della comparsa medesima.

Senonchè, va in proposito rilevato che, prima della possibile applicazione della modifica all’art. 83 c.p.c., comma 3 introdotta con la L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 9, lett. a) (e pertanto con riguardo ai giudizi istaurati dopo l’entrata in vigore di tale legge:

art. 58, comma 1 della stessa), nel giudizio di cassazione, la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, stante il tassativo disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3, che implica la necessaria esclusione dell’utilizzabilità di atti diversi da quelli suindicati.

Pertanto, se la procura non è rilasciata contestualmente a tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal comma 2 dello stesso articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 13537/06 o Cass. n. 23816/10).

Condividendo il collegio tale consolidato orientamento, non è pertanto possibile tenere conto della nomina del nuovo difensore.
Motivi della decisione

1 – Col primo motivo di ricorso, G.G. deduce la violazione dell’art. 2103 c.c., della L. n. 190 del 1985, art. 6, artt. 38, 43 e 44 C.C.N.L. 26 novembre 1994 applicato al rapporto.

In proposito sostiene che la decisione è unicamente basata su quella che avrebbe dovuto essere la posizione del G. quale coordinatore del nucleo di NTM di (OMISSIS), alla stregua dell’ordine di servizio del 26 ottobre 1995, nella interpretazione di esso data da due testi, trascurando l’analisi delle attività effettivamente svolte dal ricorrente nella suddetta posizione, secondo quanto riferito anche dagli altri testi e emergente dalla documentazione prodotta, come viceversa accertato dal giudice di primo grado.

2 – Col secondo motivo, il ricorrente deduce l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza.

La Corte territoriale avrebbe preso in considerazione solo parzialmente la testimonianza del teste C. (Q2), il quale aveva dichiarato di non aver potuto esercitare le funzioni di direzione e di controllo nei confronti del G., coordinatore del N.T.N. di (OMISSIS), dato che egli si trovava a coordinare il N.T.N. di (OMISSIS) ed aveva elencato le mansioni svolte in autonomia dal G., risultanti anche dalla documentazione offerta.

Inoltre la Corte avrebbe omesso di valutare la situazione organizzativa nel settore tecnico della zona di (OMISSIS) nel periodo in questione, caratterizzata da una fase di transizione verso la istituzione di una nuova filiale, di fatto anticipata di alcuni anni, durante i quali il ricorrente avrebbe ivi svolto i compiti che successivamente sarebbero stati attribuiti, a pieno regime ufficiale, ad un dipendente inquadrato in Q2.

A causa di tali omissioni, la Corte avrebbe apoditticamente concluso nel senso che la tesi del Tribunale (che aveva accolto la domanda dal 26 aprile 1996) non sarebbe confortata da elementi probatori certi circa l’asserito svolgimento di mansioni superiori da parte del G..

Con ciò determinando altresì.

3 – la violazione dell’art. 2103 c.c., della L. n. 190 del 1985, art. 6 degli artt. 38, 43 e 44 C.C.N.L. 26 novembre 1994 applicato al rapporto, per non aver tenuto conto che per lo svolgimento delle mansioni in questione la stessa società aveva attribuito la qualifica Q2 ad altri dipendenti ( C. responsabile NTN di (OMISSIS) e il responsabile NTN di (OMISSIS) dopo la formale istituzione della filiale di (OMISSIS), tra cui lui stesso per i primi cinque mesi).

Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, è infondato.

Con esso, nonostante le rubriche di cui al primo e al terzo motivo di ricorso, viene investita la motivazione della sentenza, quanto alla valutazione delle prove testimoniali e documentali e quindi quanto alla sufficienza della stessa sul piano logico-giuridico.

In proposito, e per quanto qui interessa va premesso che il controllo di legittimità in ordine alle valutazioni di fatto del giudice di merito non può spingersi fino alla rielaborazione dello stesso alla ricerca di una soluzione alternativa rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre, quasi a formare un terzo grado di giudizio di merito, a quella operata nei due gradi precedenti, magari perchè ritenuta la migliore possibile.

Tale controllo riguarda viceversa (attraverso il filtro delle censure mosse con il ricorso) unicamente il profilo della coerenza logico- formale e della correttezza giuridica delle argomentazioni svolte, in base all’individuazione, che compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute idonee a sostenerlo all’interno di un quadro valutativo complessivo privo di errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo interno tessuto ricostruttivo della vicenda (cfr., per tutte, Cass. S.U. 11 giugno 1998 n. 5802 e, più recentemente, ex ceteris, Cass., nn. 6288/11, 27162/09, 26825/09 e 15604/07).

Nè appare sufficiente, sul piano considerato, a contrastare le valutazioni del giudice di merito il fatto che alcuni elementi emergenti nel processo e invocati dal ricorrente siano in contrasto con alcuni accertamenti e valutazioni del giudice o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti.

Ogni giudizio implica infatti l’analisi di una più o meno ampia mole di elementi di segno non univoco e l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che – per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra di loro e convergenti verso un’unica spiegazione – sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, compete al giudice nei due gradi di merito in cui si articola la giurisdizione (cfr. ad es. Cass. nn. 15156/11 e 5241/11).

Occorre quindi che i fatti della controversia dedotti per invalidare la motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto dal giudicante o determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (in proposito, cfr., ad es. Cass. nn. 2272/07 e 14973/06).

Va infine ricordato che, ove la denuncia di vizio di motivazione riguardi la mancata considerazione di determinate prove testimoniali o di documenti ritualmente acquisiti in giudizio, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. ad es. Cass. nn. 17915/10 e 6023/09).

Ciò premesso in via di principio, si rileva che la Corte territoriale ha anzitutto ricordato le declaratorie delle due qualifiche, quella di area operativa attribuita al ricorrente e quella di quadro di secondo livello da lui rivendicata, individuando la principale caratteristica differenziale tra le stesse nello svolgimento di funzioni di significativa importanza, quali la responsabilità di gestione di unità organiche o parti di esse di media rilevanza, riconducibile all’area quadri, rispetto a contenuti professionali di parziale e media specializzazione, con responsabilità personali e di gruppo, propri dell’area operativa.

La Corte ha quindi fondato la propria decisione sulla base di una duplice autonoma considerazione:

a) da un lato, analizzando la descrizione delle attività del G. effettuata nel suo atto introduttivo del giudizio, le ha valutate, già di per sè, di contenuto professionale di media specializzazione, in quanto piuttosto semplici e sostanzialmente prive di autonomia sul piano dell’iniziativa e della decisione;

b) comunque, anche analizzando nel loro complesso il materiale istruttorio raccolto, la Corte territoriale ha ritenuto di trarre da esso conferma della qualità delle attività svolte dal G. di coordinamento del nucleo di (OMISSIS) (N.T.M.) nonchè dell’assenza di una significativa autonomia nello svolgimento della stessa, gerarchicamente dipendente da (OMISSIS).

In ambedue gli aspetti viene, pertanto, in considerazione il contenuto più o meno specializzato della funzione e la dipendenza del G. dalla filiale di (OMISSIS).

In proposito, il ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello di Bologna, quanto alla prima considerazione, per il carattere apodittico e insufficientemente motivato del giudizio espresso e, con riferimento alla seconda, in ragione del fatto che, nel valutare gli indicati elementi differenziali, la Corte non avrebbe tenuto conto della abbondante documentazione prodotta e avrebbe valorizzato le interpretazioni date da due testimoni del livello di autonomia assegnato al G., senza tener conto del contesto e della realtà effettiva, anche riportando solo parzialmente alcune dichiarazioni testimoniali, tali da alterarne il reale significato.

Le censure non sono fondate.

Va infatti rilevato che, mentre dalla descrizione dei compiti in ricorso e dalla documentazione ivi richiamata la Corte non ha ritenuto di desumere elementi significativi di un contenuto professionale dell’attività del G. riconducibiie all’area quadri e la contraria opinione del ricorrente non appare in grado di tradursi nella denuncia di uno specifico vizio logico della motivazione, la posizione del ricorrente nella struttura di (OMISSIS), più che dalle sole interpretazioni pretesamente arbitrarie o unilaterali, da parte di alcuni testimoni, in ordine al significato dell’atto di incarico, è stata in primo luogo desunta dalla Corte d’appello dal fatto che tale struttura era in quegli anni alle dipendenze della filiale di (OMISSIS), in attesa di trasformarsi nella componente di una filiale autonoma.

Che poi la distanza geografica tra le due realtà impedisse che tale direzione e controllo fosse particolarmente penetrante è stato evidentemente ritenuto incontestabile, ma non decisivo dai giudici di merito.

Ne consegue che nella valutazione complessiva delle risultanze istruttorie ad essi riservata, i giudici di merito non hanno ritenuto decisiva la precisazione del teste C., che, dopo avere affermato che "il G…. doveva rispondere a me come diretto superiore ", aveva aggiunto "ma in pratica però avveniva che per la distanza io ero impossibilitato a controllare sul posto il lavoro che faceva il G.".

Una tale impossibilità di controllo costante sul posto è stata infatti evidentemente ritenuta, nel quadro della complessiva istruttoria, non impedire la possibilità di impartire direttive più o meno penetranti, di riservarsi determinate decisioni finali o di controllare periodicamente l’operato del ricorrente.

Il complessivo discorso dei giudici di merito appare pertanto seguire un percorso logico coerente, privo di lacune o contraddizioni. Ad esso il ricorrente contrappone sostanzialmente una diversa lettura degli atti di causa, dotata anch’essa di una propria logica interna, alternativa a quella della sentenza, che gli indicati limiti del giudizio di cassazione non consentono peraltro di apprezzare con preferenza rispetto a quest’ultima.

Sulla base dell’indicato accertamento dei giudici di merito, perde infine altresì rilevanza il parallelo istituito dal ricorrente tra la propria posizione e quella del responsabile del N.T.M. di (OMISSIS) o tra la propria posizione quando la filiale di (OMISSIS) era in fieri e successivamente, quando alla responsabilità del N.T.M. viene finalmente chiamato un Q2.

Le posizioni così richiamate non sono infatti confrontabili, proprio alla luce di tale accertamento.

Concludendo, in base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, effettuato, con la relativa liquidazione, in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla società le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali (12,50%), IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 21 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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