Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 07-03-2013, n. 10556

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Ostuni, con sentenza del 22/12/2010, dichiarava F.F. colpevole del reato di cui al R.D. n. 773 del 1931, artt. 134 e 140, per avere svolto stabilmente, quale socio della FC Consulting Security Service, attività di vigilanza e custodia di beni mobili e immobili presso il villaggio Rosa Marina, senza essere munito della licenza del Prefetto, e lo condannava alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 300,00 di ammenda.

La Corte di Appello di Lecce, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse dell’imputato, con sentenza del 9/12/2011, in riforma del decisum di prime cure, ha sostituito la pena detentiva di mesi 3 di arresto con la corrispondente pena pecuniaria di Euro 3.420,00 di ammenda, concedendo il beneficio della non menzione, con conferma nel resto.

Propone ricorso per cassazione la difesa del F., con i seguenti motivi:

-violazione dell’art. 134 TULPS, in quanto il tipo di attività di vigilanza svolta da enti o da privati, senza l’uso di armi e senza previsione di intervento diretto, non necessitava della licenza prefettizia;

-nullità della sentenza per violazione dell’art. 546 c.p.p., lett. e), in quanto l’attività degli operatori della F&C era stata di semplice regolamentazione dei parcheggi, mentre quella di vigilanza vera e propria era stata svolta esclusivamente dal personale di un altro istituto, La Pantera, a ciò precedentemente deputato dal Consorzio Rosamarina;

-violazione dell’art. 110 c.p. e art. 134 TULPS; in relazione alla affermata responsabilità del prevenuto, il quale si era limitato a sottoscrivere il contratto di portierato e custodia col Consorzio in data 7/7/2007;

-violazione dell’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e); perchè la Corte non ha indicato, con apparato motivazionale corretto, le ragioni che l’hanno portata a ritenere, che il F., il quale non aveva partecipato alla esecuzione del contratto, doveva comunque rispondere del reato contestato, avendo omesso il C., legale rappresentante della F&C di munirsi della licenza ed avendo quest’ultimo dato esecuzione all’accordo senza il concorso del prevenuto;

-vizio di motivazione in ordine al diniego delle richieste attenuanti generiche;

-vizio di motivazione in relazione alla mancata rinnovazione della istruttoria dibattimentale, tendente a dimostrare quale fosse la attività svolta dai dipendenti della F&C all’interno del Consorzio Rosamarina.
Motivi della decisione

Il ricorso non è manifestamente infondato.

Al prevenuto viene contestato nel capo di imputazione di avere svolto stabilmente, quale socio della F&C s.r.l., attività di vigilanza e custodia di beni mobili e immobili presso il Villaggio Rosa Marina, senza essere munito della licenza del Prefetto, in violazione del disposto dell’art. 134 TULPS. Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la argomentazione motivazionale, svolta dal giudice di merito, rilevasi che il F., ad avviso della Corte distrettuale, sarebbe responsabile per avere firmato il contratto con la Cooperativa, anche se non legale rappresentante della F&C s.r.l..

Il discorso giustificativo adottato dal decidente non appare corretto, per due ordini di motivi: in primis, perchè si pone in dissonanza con la condotta illecita contestata nella predetta imputazione, in cui si fa riferimento ad una attività stabile di custodia e vigilanza, personalmente esercitata dall’imputato, da cui scaturirebbe la responsabilità penale dello stesso per violazione del citato art. 134, che nessun collegamento può avere con la stipula del contratto, sottoscritto tra la Cooperativa e il F., che, peraltro, ut supra rilevato, non rivestiva alcuna carica amministrativa nella predetta società, ma era un semplice socio; secondariamente perchè la normativa in esame (artt. 134 e 140 TULPS) punisce chi esercita personalmente l’attività di vigilanza o il titolare dell’ente (o istituto di vigilanza) in difetto dell’autorizzazione prefettizia, nel senso della necessaria sussistenza di nesso diretto tra tale materiale attività e il soggetto agente per la concretizzazione del reato de quo.

La non manifesta infondatezza della impugnazione consente la corretta instaurazione del rapporto di impugnazione e permette di rilevare la esistenza di cause di non punibilità, ex art. 129 cod. proc. pen., nella specie sussistenti; il reato, infatti, risulta prescritto il 7/7/2012, in quanto commesso il (OMISSIS).

Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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