Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 05-03-2013, n. 10243

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, con sentenza del 3.10.2011, confermava la sentenza del Tribunale di Taranto, in composizione monocratica, emessa In data 25.11.2009, con la quale P.R., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti genetiche, era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione per il reato di cui all’art. 527 c.p. perchè in luogo pubblico, ed in particolare nei pressi di un tratture di campagna, compiva atti sessuali osceni; pena sospesa e non menzione.

Rilevava la Corte territoriale che la prova della responsabilità dell’imputato e della coimputata J.A., emergeva in modo inequivocabile dalle risultanze processuali, essendo stati i due sorpresi dai Carabinieri nell’atto di consumare un rapporto sessuale, con esposizione dei genitali, in pieno giorno, in una stradina di campagna sotto un albero di olivo.

Era pertanto configurabile il reato di cui all’art. 527 c.p. contestato, essendo il reato di atti osceni un reato di pericolo.

2. Ricorre per cassazione l’Imputato, denunciando, con il primo motivo, la manifesta illogicità, contraddittorietà e carenza della motivazione, avendo la Corte territoriale omesso di argomentare adeguatamente in ordine ai rilievi contenuti nell’atto di appello quanto al carattere privato della stradina. Potendo, al massimo, parlarsi di luogo esposto al pubblico, occorreva, secondo giurisprudenza pacifica, una possibilità concreta di percezione; ma, sul punto, la motivazione è assolutamente carente. Non tiene conto, invero, la Corte territoriale delle dichiarazioni dell’app. dei Carabinieri M., il quale riferisce di avere avvistato un’auto e che solo successivamente, dopo essersi avvicinato, aveva visto le due persone sotto l’albero.

Con il secondo motivo denuncia la manifesta illogicità e carenza della motivazione in relazione alla valutazione comparata delle dichiarazioni rese dall’app. M. e di quanto emergeva dall’annotazione di p.g. acquisita agli atti.

Con il terzo motivo,infine, denuncia l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria.
Motivi della decisione

1. Il terzo motivo di ricorso è fondato.

2. Come da atto la stessa Corte territoriale, con i motivi di appello era sta richiesta la conversione della pena detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria (pag. 3 sent.).

In ordine a tale richiesta, però, la Corte territoriale ha omesso completamente di argomentare.

3. La sentenza impugnata dovrebbe, pertanto, essere annullata per nuovo esame sul punto. Ma nel frattempo è maturata la prescrizione, e l’obbligo di immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p., comma 1 di tale causa di improcedibilità è incompatibile con un annullamento con rinvio.

Essendo stato il reato commesso il (OMISSIS), il termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6, cui va aggiunto il periodo di sospensione per mesi 4 e giorni 1 (rinvio dell’udienza del 28.1.2009 al 29.4.2009 per adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria) è maturata il 6.7.2012.

4. Non ricorrono invece i presupposti per un proscioglimento nel merito ex art. 129 cpv. c.p.p..

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 35490 del 28.5.2009, hanno riaffermato il principio che "In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento". Le sezioni unite hanno ribadito, altresì, che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità, nè vizi di motivazione, nè nullità di ordine generale (cfr – sent. n. 35490/2009 cit.).

4.1. La Corte territoriale, nel richiamare la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla natura di reato di pericolo degli atti osceni di cui all’art. 527 c.p., ha rilevato, come nel caso di specie, anche a voler considerare la stradina, dove veniva consumato, in pieno giorno, il rapporto sessuale, come luogo aperto o esposto al pubblico, gli atti stessi erano certamente percepibili dall’esterno (come in effetti furono percepiti dai Carabinieri).
P.Q.M.

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2013

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