Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 05-03-2013, n. 10235

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 22/11/2010 la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Sulmona di condanna di V.V. alla pena di mesi cinque e giorni dieci di arresto ed Euro 60.000 di ammenda per i reati di cui alla L. n. 349 del 1991, artt. 13 e 30 (capo A), del D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 142 e 181 (capo B) e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a) (capo C) per avere realizzato, nell’ambito di esercizio di un impianto di "snow tubing", un tapis roulant, due piste in erba sintetica, due casotti in legno e uno in materiali misti.

2. Ha proposto ricorso l’imputato tramite il proprio difensore.

Trascritti i motivi di appello a suo tempo presentati, e riassunto quanto già accertato con la sentenza impugnata, con un primo motivo lamenta la violazione di varie norme sostanziali contestando la necessità di permesso a costruire atteso che le opere di specie erano solo poggiate al suolo e che nessuno spianamento di terreno era stato realizzato, con conseguente insussistenza sia del reato edilizio che di quello ambientale. Inoltre il carattere delle opere era del tutto temporaneo attesa la possibilità di sollecita eliminazione ricollegata alla non infissione al suolo e la qualifica del V. di titolare di spettacoli viaggianti e, dunque, stante anche la previsione del D.M. del 21 dicembre 2005 del Ministero per i beni culturali, di attività del tutto temporanea per un periodo non superiore a 120 giorni l’anno.

Con un secondo motivo lamenta violazione di legge in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato posto che l’imputato era munito di regolare autorizzazione amministrativa a svolgere la propria attività e tutta la zona circostante, inserita nel nuovo piano regolatore come destinata a finalità turistiche, era completamente urbanizzata con finalità e attività prevalentemente turistiche e con costruzioni stabili e permanenti.

Lamenta infine la mancata applicazione della continuazione in considerazione del medesimo disegno criminoso, avendo i giudici, invece, applicato distinte pene per ognuno dei reati ascritti.

Infine, con memoria del 14/12/2012 lamenta la intervenuta prescrizione dei reati.
Motivi della decisione

3. In ordine al primo motivo, manifestamente infondato, va ricordato che la natura "precaria" di un manufatto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema ai fini dell’esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 6, comma 2, lett. b), – dopo le modifiche introdotte dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni nella L. 22 maggio 2010, n. 73 – prevede che possono essere installate, senza alcun titolo abilitativo ma previa comunicazione dell’inizio dei lavori all’Amministrazione comunale (anche per via telematica), le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni. Non implica precarietà dell’opera, però, il carattere stagionale di essa, potendo essere la stessa destinata a soddisfare bisogni non provvisori attraverso la permanenza nei tempo della sua funzione (da ultimo, Sez. 3, n. 34763 del 21/06/2011, Bianchi, Rv. 251243; Sez. 3, n. 13705 del 21/02/2006, Mulas, Rv.

233926).

Nella fattispecie in esame i giudici del merito, facendo corretta applicazione di tali principi, hanno posto in rilievo che le opere in oggetto non erano destinate a soddisfare un’esigenza transeunte e momentanea ma, quanto meno, esigenze appunto stagionali, inidonee, secondo quanto appena detto ad integrare il requisito della precarietà.

Nè rileva l’avvenuto rilascio in favore del ricorrente di licenza temporanea per spettacoli viaggianti, posto che la stessa riguarda unicamente il profilo amministrativo – commerciale di detta attività, e non anche, evidentemente, il profilo urbanistico e ambientale, sottoposto a diversa regolamentazione.

4. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato; risulta dalla sentenza che il Comune di Pescasseroli già in data 05/10/2006, aveva ordinato all’imputato di non dare inizio ai lavori in quanto l’area ricadeva nella zona E3 del vigente Prg e successivamente in data 09/01/2007 ebbe ad ordinare di rimuovere le opere che erano state realizzate previo livellamento del terreno e rimozione del manto erboso, sì che non appare deducibile un preteso difetto, peraltro neppure dedotto in sede di appello, dell’elemento psicologico.

5. In ordine al terzo motivo, va invece rammentato che con l’atto di appello il ricorrente aveva lamentato la intervenuta applicazione, da parte del giudice di prime cure, del cumulo materiale delle pene in luogo del cumulo giuridico, invece applicabile stante l’unicità del disegno criminoso.

Va in proposito ricordato che, come in precedenza affermato da questa Corte, ben può la continuazione essere ravvisata tra contravvenzioni ove l’elemento soggettivo ad esse comune sia il dolo e non la colpa, atteso che la richiesta unicità del disegno criminoso è di natura intellettiva, e consiste nella ideazione contemporanea di più azioni antigiuridiche programmate nelle loro linee essenziali (Sez. 4, n. 1285 del 25/11/2004, Gentilini, Rv. 230715; Sez. 3, n. 2702 del 22/01/1991, Borello, Rv. 186518).

Nella specie la Corte territoriale, pur a fronte della peculiare condotta di chi, nonostante il rigetto della richiesta di rilascio di autorizzazione, abbia ciononostante, ugualmente proceduto a porre in essere le strutture in oggetto, in tal modo palesando una intenzionalità di comportamento, si è limitata, sostanzialmente eludendo il motivo di appello, ad affermare l’equità delle sanzioni irrogate in considerazione della gravità dei fatti e della pervicacia dimostrata dal V..

La sentenza andrebbe quindi annullata con rinvio per nuova valutazione del motivo di appello; sennonchè va preso atto che, al più, in data 15/05/2012 (ovvero alla scadenza del termine di cinque anni dalla data finale di consumazione dei fatti, non successiva al 15/05/2007, come da sentenza di primo grado), è maturata, successivamente alla sentenza impugnata, la prescrizione di tutti i reati contestati, ciò che impone la necessità di annullamento senza rinvio per estinzione degli stessi.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata per essere i reati ascritti estinti per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2013

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