Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 05-03-2013, n. 10233

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20.12.2011 la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza del Tribunale di Catania, sez. dist. di Paterno, in composizione monocratica, con la quale P.M. B. era stata condannata alla pena (sospesa alle condizioni di legge) di mesi 2 di arresto ed Euro 33.000,00 di ammenda per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c e L.R. siciliana n. 71 del 1978, art. 36 (capo a), art. 81 cpv. c.p., art. 64 c.p., commi 2 e 3, art. 65 c.p., comma 1, D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 71, 93, 94 e 95 (capo b), L. n. 394 del 1991, artt. 13 e 30 (capo h) e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (capo l), unificati sotto il vincolo della continuazione.

Rilevava la Corte territoriale, preliminarmente, che l’eccezione di nullità del decreto di citazione (per omessa indicazione di uno dei due nomi di battesimo dell’imputata) fosse destituita di fondamento, essendo stata l’imputata medesima compiutamente identificata.

Nel merito, poi, era indiscutibile che, per l’intervento edilizio eseguito (demolizione di un preesistente fabbricato e ricostruzione dello stesso con ampliamento di volumi e superfici), fosse necessario permesso di costruire.

2. Propone ricorso per cassazione P.M.B., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’eccezione di nullità del decreto di citazione, non trattandosi di errore materiale, come ritenuto dalla Corte territoriale, ma di violazione dell’art. 552 c.p.p. (non essendo stata l’imputata identificata in modo certo).

Con il secondo motivo denuncia il difetto di motivazione in ordine all’opera realizzata. La Corte territoriale non ha tenuto conto, infatti, che l’ampliamento riguardava volumi tecnici o meglio tecnologici che non richiedevano il preventivo rilascio di permesso di costruire.

Con il terzo motivo, infine, denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. La stessa ricorrente ricorda che, a norma dell’art. 552 c.p.p., comma 2, il decreto di citazione è nullo se l’imputato non è identificato in modo certo.

Come ha rilevato, correttamente, la Corte territoriale, nel caso di specie non poteva esservi alcuna incertezza in ordine alla identificazione dell’imputata per non essere stato riportato uno dei due nomi di battesimo: era stata, infatti, esattamente individuata come P.B., nata a (OMISSIS) ed ivi residente in (OMISSIS). L’omessa indicazione anche dell’altro nome di battesimo ( M.) palesemente non poteva avere alcuna incidenza sulla identificazione corretta dell’imputata.

3. Quanto al secondo motivo, va ricordato che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte sono realizzabili con denuncia di Inizio attività gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, ovvero che comportano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti dell’immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale, classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia descritti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c) che portano ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente con aumento delle unità immobiliari, o modifiche del volume, sagoma, prospetti e superfici, e per i quali è necessario il preventivo permesso di costruire (cfr.

ex multis Cass. pen. sez. 3 23.1.2007 n. 1893).

3.1. La Corte territoriale ha accertato che l’intervento effettuato dalla prevenuta consisteva nella demolizione di un precedente fabbricato a due sopraelevazioni e ricostruzione con ampliamento di oltre mq 20 per ciascuno piano, come emergeva dal verbale di sequestro. Essendo stato realizzato un consistente aumento volumetrico, si era in presenza di un organismo completamente diverso da quello preesistente, per cui Indubitabilmente occorreva permesso di costruire.

3.2. La ricorrente senza contestare le predette circostanze di fatto, si limita genericamente ad affermare, in modo assertivo e senza indicare neppure da quali elementi processuali tragga tale assunto, che si trattava di volumi tecnici peraltro, a norma dell’art. 3, comma 1, lett. e, n. 6), sono da considerare interventi di nuova costruzione, come tali richiedenti il previo rilascio di permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale". Non ogni pertinenza, quindi, è esente da permesso di costruire, ma "esclusivamente quelle di scarsa rilevanza, non solo sotto il profilo quantitativo (ovvero quelle con volumetria non superiore al quinto di quello dell’edificio principale), ma anche sotto quello qualitativo (e, cioè, sempre che le norme tecniche degli strumenti urbanistici non le considerino comunque, interventi di nuova costruzione, tenuto conto della zonizzazione e del loro impatto ambientale e paesaggistico), come ricavabile dalla previsione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. e, n. 6) (Cass. pen. sez. 3 n. 6109 dell’8.1.2008).

4. In ordine alle circostanze attenuanti generiche la Corte territoriale non ha fondato il diniego delle stesse sulla "violazione della legge", avendo piuttosto fatto riferimento all’entità e gravità del fatto ("fabbricato di rilevante proporzione").

5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

5.1. E’ appena il caso di aggiungere che la manifesta infondatezza del ricorso preclude la possibilità di dichiarare la prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata. Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005 – Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perchè contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art. 591, comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art. 606, comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano In grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2013

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